Manifesto: E la Corte boccia la legge Gelmini: tagli illegittimi alla scuola
Accolto, in parte, il ricorso delle regioni: non può essere lo stato a dettare le modalità del ridimensionamento
ROMA
Stroncato il famigerato articolo 64 della manovra estiva dell'anno scorso sullo sviluppo economico: quella con cui il governo definiva i tagli per la scuola a partire dal prossimo anno. Tagli considerati da tutti i sindacati come insostenibili per il buon funzionamento della scuola pubblica, ma fortemente voluti dal governo e dal ministro Maristella Gelmini. Ieri sera la Corte costituzionale, il cui parere era stato richiesto dalla regioni, si è pronunciata stabilendo la non costituzionalità di due punti e salvando invece l'impianto del decreto nel suo complesso ritenendolo di esclusiva competenza statale. I due punti che saltano, però, sono importanti e promettono di rimettere in gioco una buona fetta dei tagli previsti. Secondo i giudici della consulta, infatti, non può essere lo Stato a stabilire il «dimensionamento» della rete scolastica. In pratica, la chiusura delle scuole. Questa operazione, infatti, può essere fatta soltanto in accordo con le regioni in base al titolo V della Costituzione. Di contro, però, toccherà solo alle regioni e non anche allo Stato , trovare le soluzioni necessarie a ridurre i disagi causati dalla chiusura o accorpamento delle scuole nei piccoli comuni.
Per Mimmo Pantaleo, segretario della Cgil-Flc: «Si tratta di un pronunciamento importante, che di fatto obbligherà a una marcia indietro sui tagli previsti. Bisogna tuttavia leggere con attenzione le motivazioni della sentenza per capire quali saranno le reali implicazioni». «Finalmente i nodi vengono al pettine - ha dichiarato al deputata del Pd Manuela Ghizzoni - La Gelmini e tutto il governo davanti alle proteste e ai rilievi dell'opposizione e del mondo della scuola non si sono mai fermati. Ora questa tracotanza trova una netta battuta d'arresto».
Ma vediamo la sentenza della Consulta più nel dettaglio. La decisione è la numero 200, firmata dal giudice Quaranta. Le regioni che avevano sollevato questione di illegittimità sono otto. L'articolo bocciato è il 64 comma 4, lettera f bis ed f ter, del decreto sullo sviluppo economico, convertito in legge con modifiche nell'agosto 2008. La motivazione è lunga ben 38 pagine. Nei punti salienti i giudici osservano che occorre «conciliare, da un lato, basilari esigenze di uniformità» di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e - viene aggiunto - «dall'altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l'esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell'ambito del territorio di ciascuna regione». Ed è proprio per questo che le norme riguardanti «la definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica» hanno una diretta incidenza «su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali». Dunque, spetta alle regioni decidere. La Consulta, però, nega che anche lo Stato debba farsi carico delle misure per ridurre il disagio degli utenti che soffriranno per la chiusura o l'accorpamento delle scuole nei piccoli Comuni. Il ministro Gelmini ha espresso apprezzamento per la sentenza: «E' stata riconosciuta la legittimità dell'impianto complessivo del decreto legge - ha detto - i punti giudicati incostituzionali sono marginali e da tempo superati». Perché, dice il ministro «era già in corso un'intesa con le regioni». Fatto sta che sono le regioni ad aver ricorso all'Alta Corte. E che la preoccupazione per il dimensionamento scolastico è molto sentita nei territori. «Gli 80 milioni di euro che il ministro voleva realizzare con questi tagli non potranno essere attuati. E' una vittoria dei bambini e delle famiglie», ha detto la senatrice del Pd Mariangela Bastico.