FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3854869
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Manifesto: E il ventre di Napoli diventa un'università

Manifesto: E il ventre di Napoli diventa un'università

Lezioni in tutto il centro storico

29/10/2008
Decrease text size Increase text size
il manifesto

Francesca Pilla
NAPOLI
La professoressa Giulia Caliendo è seduta su una sedia di legno, elegantissima, in nero, pantalone gessato e scarpe con il tacco. Composta tiene le gambe tirate all'indietro e poggia gli appunti sulla borsa che ha in grembo. I suoi studenti siedono ordinati in due file, ognuno con gli occhi bassi sulle schede distribuite dalla docente. Nulla di strano, se non fosse che Caliendo tiene la lezione con un megafono e i ragazzi sono appollaiati al bordo di un marciapiede. Sembrerebbe una romantica scena di un film se non fosse che via Mezzocannone, il cuore universitario di Napoli, appare completamente invasa da un brulicare di lavagne in strada. Tabelloni dove con il gessetto bianco ci sono gli avvisi delle lezioni: Giapponese ore 12-14, Filosofia morale 11-12. E poi le indicazioni sulle facoltà suddivise in tronconi snodate su questo lungo rettilineo: Lettere e filosofia Federico II, Lingue Istituto universitario orientale. Comunque vadano le cose con il decreto Gelmini, una mobilitazione così questa città non la vedeva da tempo immemore.
Qualche motorino riesce a superare i ferrei blocchi degli studenti, sfreccia e accelera tra le lezioni. Napoli non si smentisce mai. Ma i docenti non si scompongono, alzano solo un po' la voce, per nulla infastiditi. D'altra parte uscire dalle aule comporta i suoi «rischi». E nemmeno i giovani si distraggono, chiappe a terra a prendere appunti. «Perché noi facciamo sul serio, protestiamo per la cultura, non per fare casino», dice una ragazza abbigliata di tutto punto, l'opposto dello stereotipo no global. Per molti è il primo approccio, «così inizia la soggettivazione politica, ma molti sono dei piccoli Mao Tze Tung», spiega un ricercatore prima di tenere la sua lezione di filosofia. Una forma inedita, un movimento originale che prende molto dalla Pantera, poco dalle mobilitazioni del '92 e del '94, ma che in ogni caso riformula un pensiero critico contro gli stessi partiti. È molto più anni '70, e verrebbe da pensare di essere di fronte a una nuova ondata di extraparlamentarismo. Sete di conoscenza per rileggere lo stato di una comunità che svende il sapere. Sarà per questo che riescono a seguire il professore Giuseppe Lissa nelle sue paraboliche spiegazioni sull'ebraismo in Cohen senza far volare una mosca. E ancora a seguire i ragionamenti di Franco Ivaldo sull'introspezione di Fichte: «Diventare saggi significa prendere coscienza di quello che siamo». Due metri più avanti Gianfranco Borrelli entra nei meandri del pensiero di Aristotele sulla politica, mentre ad Architettura, alias incrocio Piazza San Domenico-Mezzocannone, il professore Lo Sasso si interroga sugli sprechi della demolizione-ricostruzione tout court: «Ricordate sempre che la tecnologia è il braccio armato dell'economia». Se Gelmini o qualsiasi rappresentante della maggioranza si facessero un giro da queste parti, forse avrebbe più difficoltà a parlare di strumentalizzazione della sinistra, di polli da batteria.
Silvie Tisne, docente di francese alla Federico II, ha avuto in dotazione addirittura una grossa lavagna e pennarelli rossi. La sua classe si è data appuntamento davanti alla libreria Dante&Descartes. Stanno fermi in piedi per quasi un'ora a studiare il «lei» proprio in mezzo alla strada. A fine lezione la Tisne si prolunga per un incontro-lampo con i ragazzi, come da programma «regolare». «Gli studenti hanno ragione - ci dice - anche se ci vorrebbe una protesta più efficace, più estrema, finché non ritirano i decreti. Come facciamo noi in Francia». Certo a Parigi fanno così, ma hanno a disposizione una base sociale più radicale o una classe politica più attenta e aperta al dialogo? «Una buona domanda, forse entrambe. So comunque che molti professore non sono scesi in campo e continuano a fare le loro lezioni regolarmente, questo da noi non sarebbe accaduto, o almeno gli studenti non l'avrebbero permesso».
A Giurisprudenza, l'aula 27 è stracolma, si discute del perché si protesta. Ormai lo sanno tutti: niente dismissione dell'istruzione pubblica, muro contro le facoltà-azienda. In sala c'è anche una rappresentanza di Azione Universitaria, e dopo i tafferugli del giorno prima c'è un po' di tensione, ma nulla di più. L'assemblea resta sulle proprie posizioni, «loro ci hanno provocato, io ho preso due cazzotti in faccia» spiega Adriano. Mentre i giovani di destra accusano: «Non ci fanno partecipare». Nessuno se li fila: «Oggi non si permetteranno di fare i bulli, siamo in centinaia e ci sono anche i docenti». Ma l'importante è che non oscurino il movimento, come spiega Antonello di Architettura: «Lo fanno apposta perché vogliono spostare l'attenzione dalla mobilitazione facendola cadere sullo scontro tra rossi e neri. Noi non ci stiamo». Arriva il corteo da Mezzocannone che si dirige verso piazza Borsa, sono tanti anche qui, ma perlopiù si tratta di studenti medi. Il centro storico per un giorno è in mano ai giovani, ma le manifestazioni continuano in ogni angolo della città, ovunque ci sia una scuola, un ateneo. Cortei a piazza Carlo III e a Monte Sant'Angelo, altro polo universitario. Mentre insorge anche Ingegneria che fino a questo momento aveva mantenuto un basso profilo. Nell'assemblea gli studenti hanno contestato il preside e dichiarato lo stop della didattica. In agitazione perfino gli agrari a Portici, sostenuti dalle sollevazioni delle superiori che sui tagli hanno la loro soluzione: «E se facessimo una colletta?».


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL