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Manifesto-Desideri eccedenti?

LAVORO POLITICO Desideri eccedenti? CARLA CASALINI La direttiva europea ormai nota come Bolkestein è stata fermata nella sua corsa rovinosa all'ultimo Consiglio europeo di Bruxelles - determinan...

25/03/2005
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il manifesto

LAVORO POLITICO
Desideri eccedenti?
CARLA CASALINI
La direttiva europea ormai nota come Bolkestein è stata fermata nella sua corsa rovinosa all'ultimo Consiglio europeo di Bruxelles - determinante, tra le critiche di molti governi, l'opposizione di Parigi, che ha influito sul timore dei vertici della Ue che la direttiva sulla privatizzazione dei servizi rafforzasse l'opposizione alla Costituzione europea tra i francesi che tra breve andranno al referendum. In contemporanea, a Bruxelles si sono discusse le vie per allentare un po' i vincoli del Patto di stabilità, che fin qui ha imposto alle economie nazionali limiti di deficit e di debito indifferenti a eventuali obiettivi diversi degli investimenti pubblici. Un primo risultato positivo sulla Bolkestein - si è detto in settori del movimento e dei sindacati che si erano opposti al varo della direttiva. Un primo risultato positivo sul Patto - si è detto da alcuni governi in affanno, e anche da economisti e politici che sulla "stupidità" dei vincoli di Maastricht insistevano da tempo. Eppure, i sospiri di sollievo non rassicurano.

Le modificazioni della Bolkestein - affidate ora alla lettura dell'europarlamento e alle decisioni di un futuro vertice dei governi - non pare muteranno - e come potrebbero ?- gli indirizzi in favore della preminenza della concorrenza di mercato, ravvisabili nello stesso testo costituzionale europeo, e raccomandati nei documenti della Commissione che prevedono l'intervento pubblico solo nell'eventuale "fallimento del mercato". Insomma, per ora si potrà sperare in limitazioni di questa politica - importantissime, si badi, ma fragili laddove non intacchino i meccanismi di fondo dell'impianto.

Analoghe domande sul Patto di stabilità, per esempio una: cosa cambia per la vita concreta dei "cittadini" dei paesi dell'Unione, oltre che per la sua qualità politica, se un domani siano "sottratte" ai vincoli di Maastricht non le spese per garantire i diritti sociali, ma invece quelle per la difesa, per gli armamenti?

Le domande in realtà girano tutte attorno all'insufficienza non tanto degli obiettivi su cui al momento si assestano le battaglie di movimento e sindacali - non viviamo una stagione "gloriosa" in questi tempi di offensiva degli imperativi capitalistici globali -, ma piuttosto all'insufficienza di rigore nelle analisi, all'accontentarsi di tenere il pensiero realisticamente adeguato solo a quel che oggi si può "fare", senza arrischiarsi in previsione e costruzione di un futuro differente.

Basti l'esempio dell'ossessione sulla "competitività" che anima le riunioni europee così come i dibattiti nazionali: e le preoccupazioni comuni, in Italia, a imprenditori e sindacati, pienamente giustificate rispetto ai danni prodotti dal governo Berlusconi, ben illustrano però la ricorrente omissione di considerazioni più approfondite.

Quale sviluppo? Quali investimenti in "ricerca" - l'obiettivo riproposto nel vertice di Bruxelles? Val la pena di ricordare l'ammonimento del gruppo di Lisbona sull'ideologia e la pratica imperanti sul "campo di battaglia" della nuova "economia globale". E la citazione delle parole di un dirigente della Shell internazionale, che alla domanda sul perché la sua società investisse in "ricerca e sviluppo", rispose: "per eliminare i miei concorrenti".

ccasalin@ilmanifesto.it


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