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Manifesto-Dai laboratori una lotta di tutti"

Dai laboratori una lotta di tutti" Intervista a Andrea Capocci, della Rete nazionale dei ricercatori precari M. BA. "Sono molto soddisfatto. Tutto ciò che è accaduto è stato organizzato dal bass...

18/02/2004
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il manifesto

Dai laboratori una lotta di tutti"
Intervista a Andrea Capocci, della Rete nazionale dei ricercatori precari
M. BA.
"Sono molto soddisfatto. Tutto ciò che è accaduto è stato organizzato dal basso e in completa autonomia. E l'assemblea del pomeriggio dimostra tutta la maturità di questo movimento". E' esausto ma felice Andrea Capocci, fisico della Rete nazionale dei ricercatori precari (www.ricercatoriprecari.org), uno dei giovani scienziati in prima fila nelle manifestazioni di ieri.

Cosa è successo nel pomeriggio?

Abbiamo provato a stilare insieme ai sindacati una piattaforma comune da portare al ministro Moratti. E non nascondo che tra la presidenza, in cui c'erano soprattutto sindacalisti, e l'assemblea ci sono stati momenti di forte tensione. Ma siamo riusciti a inserire il blocco della didattica. Un risultato voluto da tutta l'assemblea, che non era certo guidata da facinorosi.

Qual è il vostro punto di vista sulla questione universitaria?

In questo momento l'obiettivo principale è il ritiro della legge Moratti. Ma chiediamo, soprattutto, il ritiro del modello di reclutamento ciclico e precario di chi fa ricerca. Bisogna comprendere che la flessibilità si riflette anche sul modo di lavorare, non parliamo solo di diritti sindacali.

Cosa farete a partire da oggi? Basta la mobilitazione del 4 marzo o no?

Per noi il futuro viene prima del 4 marzo. Intanto proveremo a organizzare discussioni comuni con tutti i soggetti coinvolti nella ricerca. Penso ai ricercatori precari, ma anche agli studenti. E' una discussione che vogliamo allargare a chi lavora sui saperi anche fuori dalle università. Venerdì alle 19 a via de Lollis a Roma faremo un'assemblea sul futuro.

Sciogliere il nodo dei saperi riguarda tutta la società e non solo chi studia o fa ricerca...

La privatizzazione dei saperi non influisce solo sulla vita del singolo ricercatore ma riguarda anche chi, per esempio, lotta contro la proprietà intellettuale. Le scoperte fatte dagli scienziati si traducono presto o tardi in innovazioni che ricadono sulla vita di tutti. Chi usufruisce di un farmaco ha un interesse reale che la medicina non venga finanziata solo attraverso i brevetti. E' importante non parlare solo di una forma di contratto piuttosto che di un'altra.

E' la lotta alla precarietà il significato più generale della vostra mobilitazione?

Chi è precario non se n'è certo accorto oggi. Precario è lo studente laureando, ma può esserlo anche un professore. Il fatto che gli studenti siano vicini alle nostre proteste non è un caso. Anche loro vivono fino in fondo la precarietà dei saperi. E gran parte del lavoro nelle università è basato su assistenti e laureandi sotto pagati. E' un'immagine molto fresca quella che ho ricevuto dagli studenti. Non c'è solo la tutela del diritto allo studio e il problema delle tasse universitarie: erano soprattutto persone consapevoli della loro precarietà nel mondo della ricerca. Basti pensare che oggi la laurea, che prima era un momento chiave nel passaggio dall'essere studente all'essere lavoratore, oggi è un momento molto più sfumato. Uno studente può fare uno stage in azienda già al liceo e una donna vivere di contratti di formazione fino a 50 anni. Il distacco tra studenti e mondo del lavoro non c'è più.


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