Manifesto-CROCIFISSO Il governo lo difende a scuola
CROCIFISSO Il governo lo difende a scuola Il crocefisso deve restare nelle aule scolastiche non perché è un emblema religioso, ma per il fatto che è "il segno visibile della nostra speciale allean...
CROCIFISSO Il governo lo difende a scuola
Il crocefisso deve restare nelle aule scolastiche non perché è un emblema religioso, ma per il fatto che è "il segno visibile della nostra speciale alleanza con la Chiesa per la promozione dell'uomo e per il bene del Paese"; un'alleanza unica perché è la sola con uno Stato estero ad essere nominata dalla Costituzione (art.7), per cui sarebbe "quantomeno sconcertante" che l'Italia "quasi si vergognasse di esibire" l'emblema di tale alleanza. Così l'avvocato generale dello Stato, Antonio Palatiello, è intervenuto ieri a nome del Presidente del Consiglio a conclusione di oltre due ore di udienza davanti alla Corte Costituzionale sul tema dell'affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche. A partecipare al dibattito il costituzionalista Massimo Luciani e l'amministrativista Franco Gaetano Scoca, che ha toccato il valore simbolico del crocifisso e l'uguaglianza delle confessioni religiose.
Il dibattito si è svolto nella sala di udienze della Corte dove, neanche tre anni fa, in occasione del restauro dell'aula, sotto la presidenza di Cesare Ruperto, fu deciso di togliere il crocefisso dalla parete alle spalle dei giudici. La Consulta dovrà stabilire se l'affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche violi innanzitutto il principio della laicità dello Stato. La decisione non sarà pubblicata prima di un mese. A scriverla sarà lo stesso presidente della Consulta, Valerio Onida, relatore della causa che ha aperto la giornata di udienze pubbliche. La vicenda prende le mosse dalla richiesta di rimozione avanzata nel 2002 da una mamma finlandese di Abano Terme (Padova), Lutsi Soile, che aveva impugnato davanti al Tar del Veneto la deliberazione della scuola frequentata dai suoi figli per lasciare esposti i simboli religiosi in aula. Il giudice amministrativo ha ritenuto che questa delibera d'istituto votata a maggioranza rinvii a due regi decreti del 1924 e del 1928 confluiti nel testo unico delle leggi sulla scuola (n.297 del 1994) che includono il crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche (nel senso di obbligo di esposizione). Tali norme - secondo il Tar del Veneto - violano non solo il principio della laicità dello Stato, ma anche gli articoli 2, 3, 7, 8, 19, e 20 della Costituzione, in quanto l'esposizione di un simbolo venerato dal cristianesimo nelle aule scolastiche non sarebbe conciliabile con la prescrizione di equidistanza e di imparzialità tra le diverse confessioni che lo Stato deve comunque mantenere.
L'avvocato Massimo Luciani, difensore della mamma finlandese "libera pensatrice", ha puntato a confutare la tesi dell'avvocato dello Stato. "Questa laicizzazione non ha fondamento. Anzi - ha aggiunto Luciani - è offensivo pensare che il crocifisso si sia essiccato e sia diventato qualcosa di diverso. In discussione c'è il principio di indipendenza dello Stato. Forse la Chiesa e lo Stato marciavano un tempo uniti in un'unica direzione. Ora la Costituzione non ci permette più di affermare ciò". Sempre nel merito, Luciani fa intendere che dalla Corte ci si attende una decisione netta, perché "il principio di maggioranza" "non può avere ingresso nel campo religioso e dell'esposizione dei simboli religiosi".