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Manifesto: Così Brunetta smonta lavoratori e servizi pubblici

STATALI La Cgil contro la riforma: no alle privatizzazioni, tutela del contratto

05/07/2008
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il manifesto

Sara Farolfi

ROMA
«La riforma della pubblica amministrazione è un insieme di misure inaccettabili che riducono la funzione dell'intervento pubblico e di pesanti interventi sugli aspetti economici, normativi e contrattuali del lavoro pubblico». La denuncia arriva dalla categoria del pubblico impiego Cgil che, spulciato il decreto legge che recepisce alcune delle misure previste dal piano industriale del ministro Brunetta, lancia l'allarme.
Dietro la coltre di sensazionalismo con cui il ministro della funzione pubblica millanta l'efficientismo prossimo a venire, si cela un'operazione davvero «rivoluzionaria», per usare le parole del ministro stesso. Dal punto di vista della contrattazione, che Brunetta vuole prosciugare ampliando gli spazi dell'intervento legislativo. E per ciò che riguarda il servizio pubblico - «la manomorta pubblica» come nei documenti ufficiali del governo è stata definita - che Brunetta non ha mai fatto mistero di volere il più possibile privatizzare. Il piano industriale della pubblica amministrazione è innanzitutto un poderoso piano di tagli di spesa. Il governo punta a risparmiare 15 miliardi in tre anni sulle spese dei ministeri e 3 miliardi, sempre nel triennio, come spese del personale. A cui sono da aggiungere altri 8 miliardi di tagli alla scuola.
«Il governo interviene sul modello contrattuale», ha detto qualche giorno fa il segretario generale Cgil, Guglielmo Epifani. Ad un ridimensionamento del contratto nazionale - perfettamente esemplificato da quell'1,7% di inflazione programmata per il 2008, che diventa 1,5% per il 2009, con buona pace della corsa dei prezzi che l'Istat ogni mese registra - si accompagna anche un ridimensionamento della contrattazione integrativa, i cui fondi vengono sensibilmente ridotti, e che comunque in linea di massima viene vincolata allo stato di salute del singolo ente. Michele Gentile (Fp Cgil) quantifica in circa 5200 euro per il solo 2009, la decurtazione della busta paga di un dipendente del ministero dell'economia.
Non solo. Nel decreto si definiscono per legge materie oggi riservate alla contrattazione, come il regime economico e normativo della malattia. I contratti hanno fino ad oggi sancito la retribuzione piena per la malattia sopra i 15 giorni: il decreto invece interviene stabilendo una decurtazione della retribuzione, per i primi dieci giorni, in tutti i casi di assenze per malattia (dunque anche quelle che poi si protraggono oltre i dieci giorni). E ancora. Il dipendente pubblico che rifiuta il trasferimento verrà licenziato, quando fino ad oggi la mobilità era competenza stretta della contrattazione. La Corte dei conti avrà il potere di invalidare un'eventuale ipotesi di accordo sottoscritta tra le parti, qualora non risponda ai requisiti di compatibilità economica. E' stata invece cancellata quella norma che, secondo la Cgil, si profilava come un superamento di fatto dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, secondo la quale qualora un giudice avesse ritenuto illegittimo il licenziamento di un dipendente pubblico, l'amministrazione non aveva l'obbligo del reintegro, potendosela cavare anche con un indennizzo. Scomparsa, «ma solo per ora», mette in guardia Gentile, «perchè tutto il tema delle sanzioni e del rapporto tra sanzioni e azione penale è rimandato alla delega, dunque ancora da scrivere».
E arriviamo all'articolo 43 del disegno di legge che, insieme al decreto legge, incorpora il piano industriale di Brunetta. Laddove si parla della «mobilità delle funzioni amministrative», e si scrive che le pubbliche amministrazioni potranno individuare tra le proprie funzioni, quelle che possono essere esercitate temporalmente da altri soggetti, pubblici o privati. Unico vincolo, i risparmi di spesa. Il tutto condito dal blocco del turn over e dalla dichiarazione di illegittimità per tutti i contratti a tempo determinato (che dunque potrebbero trasformarsi in licenziamenti). «Le misure adottate sono inacettabili», secondo la Cgil. Ma la rupture di Brunetta è altrettanto decisa nel metodo. Le relazioni sindacali sono praticamente inesistenti. Il ministro non ha minimamente preso in considerazione i rilievi formalizzati dai sindacati, limitandosi a convocare i tre segretari generali solo per brevissimi incontri. E sollecitando, in barba al confronto, sbrigativi scambi di mail.


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