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Manifesto: Contro i tagli i precari si mobilitano: «Così l'istruzione pubblica muore»

Sit in ieri davanti al parlamento per dire no al «piano Gelmini» e all'aziendalizzazione delle scuole del progetto di legge Aprea

16/07/2009
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il manifesto

Sara Farolfi
ROMA
Maria Pia di concorsi pubblici ne ha fatti ben cinque. Cinquant'anni compiuti, insegnante da quindici anni (tra elementari e materne), i contratti stipulati con le varie scuole del palermitano non si contano neppure. Ogni anno, dal primo settembre al trenta giugno. La domanda è semplice: «Ma il merito, qualcuno vuole spiegarmi allora in che cosa consiste?».
Nessuna risposta concreta. Non a lei e non alle migliaia di insegnanti precari - «non storici ma preistorici» ormai - che saranno «tagliati» dalla riforma Gelmini. Loro, i vari comitati di precari sparsi da nord a sud del paese, si sono auto organizzati - bandiere viola a scanso di 'appartenenze' e magliette «precari» come «professori», «radiati», «esasperati» e così via - e ieri mattina hanno portato la protesta a Roma davanti al parlamento. Raccogliendo moltissime adesioni della società civile ma anche di sindacati (le bandiere al sit in ieri erano quelle dell'Flc Cgil, ma c'era qualcuno anche di Cisl e Uil nonostante il sostanziale appoggio regalato dai due sindacati alla riforma del governo) e partiti politici (Pd, Prc, Sinistra e libertà e Idv, ciascuno con la propria ricetta).
La piattaforma della mobilitazione però parla chiaro e parlano chiaro anche loro. Che chiedono il ritiro del piano di tagli (e, dall'altra parte, finanziamenti alle scuole private) - 8 miliardi di euro - disposti dal ministro Gelmini. Perchè, spiega ancora Maria Pia che ha viaggiato tutta la notte per arrivare da Palermo, «la riforma non ha nessun fondamento pedagogico, e anche il maestro unico diventa semplicemente necessario a fronte di un taglio delle compresenze». Chiedono anche, i precari, l'assunzione a tempo indeterminato («assunzione e non una generica stabilizzazione», tengono a sottolineare) per tutti coloro che lavorano su posti vacanti e disponibili in organico. Infine, il ritiro del «progetto di legge Aprea» che trasforma le scuole in fondazioni, segnandone la «totale aziendalizzazione» e che avrebbe effetti devastanti soprattutto al sud. Con il progetto di legge Aprea (dal nome del primo firmatario), verrebbero istituiti albi regionali per gli insegnanti, e la chiamata in servizio (ma - diktat leghista - vincolate alla residenza in loco per almeno due anni) verrebbe fatta direttamente dal preside dell'istituto. «Tradotto in siciliano vuol dire che lavoreranno solo i figli, gli amici e i parenti dei presidi...», dice Grazia, che per insegnare ha dovuto lasciare la sua famiglia trasferendosi a Verona da Catania.
Una norma «salva precari» potrebbe essere inserita nel decreto anticrici, ha detto ieri la ministra Gelmini, senza altro aggiungere nè specificare. «Bisogna fare presto - dice Mimmo Pantaleo, segretario Flc Cgil - altrimenti la mobilitazione continuerà e la stessa apertura dell'anno scolastico rischia di partire in un clima di forte conflittualità».


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