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Manifesto-Confindustria attacca gli statali

Confindustria attacca gli statali Bombassei: "Chiedono 180 euro, quando i lavoratori delle aziende private ne hanno ottenuti 90. Siamo fuori dal patto del `93". Intanto Cgil, Cisl e Uil confermano l...

17/03/2005
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il manifesto

Confindustria attacca gli statali
Bombassei: "Chiedono 180 euro, quando i lavoratori delle aziende private ne hanno ottenuti 90. Siamo fuori dal patto del `93". Intanto Cgil, Cisl e Uil confermano lo sciopero di domani: gli impiegati manifesteranno a Roma
ANTONIO SCIOTTO
Roma sarà invasa dai lavoratori del pubblico impiego, domani, perché il governo non concede aumenti dignitosi. Dopo il flop del tavolo di martedì sera, i sindacati hanno deciso di confermare la manifestazione per il contratto. E ieri ad attaccare gli statali si è aggiunta anche Confindustria, con il vicepresidente Alberto Bombassei che parla di "richieste fuori dell'accordo del `93". "Chiedere, come fanno i sindacati, un aumento dell'8% nel biennio - spiega il rappresentante degli industriali - significa arrivare a un incremento mensile di 180 euro. Oltre il doppio rispetto ai contratti finora chiusi nel settore privato. Accogliere queste richieste porterebbe totalmente al di fuori delle regole stabilite nell'accordo sul costo del lavoro del '93". Bombassei aggiunge che "lo 0,8% in più di cui parlano i giornali in questi giorni (quello che il governo potrebbe offrire per incrementare il 4,3% stanziato in finanziaria, ndr), significa trovare risorse aggiuntive per un miliardo di euro. Questo, quando è stato appena varato un provvedimento per lo sviluppo all'insegna del "possiamo fare solo le cose che non costano". Il settore privato - è la conclusione - sta rinnovando i contratti di lavoro tenendo conto dei vincoli imposti da una difficilissima fase della competizione internazionale. Lo stesso deve valere per il pubblico. Incrementi al di fuori delle compatibilità avrebbero pesanti effetti negativi sulla competitività delle imprese italiane".

Era stato lo stesso Berlusconi, dagli studi di Porta a Porta, a mettere il limite di "qualche decimale in più". E ieri a fare i conti in tasca al governo ci ha pensato il ministro del welfare Maroni: "Ogni decimale in più" rispetto a quel 4,3%, rappresenta un "costo aggiuntivo di 60 milioni di euro", ha spiegato. Lo stesso consigliere di Palazzo Chigi Brunetta aveva invitato gli industriali a protestare: "E` poco efficiente ed equo che i dipendenti dei settori esposti alla concorrenza abbiano incrementi medi di 90-95 euro, mentre quelli di un comparto "protetto" ottengano 160 euro di aumento. Adesso dovrebbe farsi sentire la Confindustria". "Per ogni punto di aumento rispetto al 4,3% della finanziaria e pari a 6-6,5 miliardi di euro - ha poi aggiunto - bisogna sborsare 1.420 milioni di euro".

Un sostegno indiretto agli statali è invece venuto da Bankitalia: sarebbe da considerare "perdente" la logica di puntare tout court su un ribasso salariale - diceva l'istituto alla presentazione del Bollettino. Per recuperare competitività occorre soprattutto incidere su produzione, qualità e tipologie dei prodotti. Tornando al governo, infine, è attiva la cordata An-Udc, che vorrebbe chiudere per incassare un bel pacco di voti alle regionali. Il ministro Fini, d'altra parte, è una sorta di "icona" per gli statali, tirato in ballo dagli stessi sindacati ogni volta che si cerca un appiglio per chiudere questo benedetto rinnovo-rompicapo. Tutti ricordano come concluse positivamente il contratto del 2002, e adesso - spalleggiato da Follini - il vicepremier vorrebbe fare il miracolo-bis.


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