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Manifesto-Chiude Rinascita, la scuola dei partigiani

MILANO Chiude Rinascita, la scuola dei partigiani Il ministero: "Dopo la riforma, basta sperimentazioni". L'istituto: "Una follia" CINZIA GUBBINI "Facciamoci del male". Titola così il comunicat...

18/05/2004
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il manifesto

MILANO
Chiude Rinascita, la scuola dei partigiani
Il ministero: "Dopo la riforma, basta sperimentazioni". L'istituto: "Una follia"
CINZIA GUBBINI
"Facciamoci del male". Titola così il comunicato con cui la scuola media Rinascita-Livi di Milano annuncia la chiusura delle sperimentazioni a partire dal prossimo anno, e quindi, la fine di una lunga storia. Definire Rinascita una "scuola" è senz'altro riduttivo. Per chi non la conosce, si tratta di un centro di ricerca pedagogico-didattica che esiste dal 1945. Data indicativa non solo per ricostruire la biografia di questo luogo, ma anche per capire come mai Rinascita lotti da anni per preservare la sua esistenza e la sua autonomia. Rinascita originariamente era un convitto fondato dalla decima brigata partigiana Rocco. Furono Nicola Raimondi e Guido Petter a gettare le basi di questa esperienza. In principio scuola per "partigiani e reduci", Rinascita inizia a ospitare nel tempo non soltanto gli orfani della resistenza ma anche delle stragi di Reggio Emilia e Portella della Ginestra, e già dal `46 ospita orfani senza distinzione. Cioè anche i figli dei fascisti, opzione fondamentale caratterizzò l'indirizzo dei convitti.

Questa la storia della scuola che nel `74 è diventata, per decreto, statale e autonoma. Ma dopo l'approvazione della riforma Moratti la sinfonia cambia. O almeno così la pensa il ministero di viale Trastevere. "L'esperienza di Rinascita è stata fondamentale - afferma il vicedirettore per gli ordinamenti Sergio Scala, con il tono di chi recita una marcia funebre - ma con l'approvazione della riforma non possono continuare a esistere istituzioni che godono di caratteristiche sperimentali diverse dal resto delle scuole. Ora, tutte le scuole sono sperimentali, potremmo dire". Dal ministero assicurano che le sperimentazioni chiuderanno solo su richiesta delle direzioni regionali, e quella lombarda lo ha chiesto esplicitamente per Rinascita.

Il ministero si fa forte di un decreto emanato nel 2000 che manteneva in vita - in attesa dell'approvazione della riforma Berlinguer - una serie di sperimentazioni. Ora che la riforma è stata approvata, anche se è la riforma Moratti, le sperimentazioni possono quindi cessare. Gli insegnanti e i genitori di Rinascita la vedono in modo differente: contestano che quel decreto si riferisse a esperienze come quella milanese, che invece sarebbero esplicitamente contemplate e tutelate dal regolamento sull'autonomia. Su questo punto il ministero ha risposto, in una lettera, che comunque manca un atto amministrativo ad hoc. Una scusa bella e buona, secondo la scuola, che ha deciso quindi di ricorrere al Tar.

Ma al di là di questi elementi il punto è un altro: con la riforma Moratti, secondo il ministero, non c'è più bisogno di sperimentare. "E' questo l'aspetto che ci preoccupa di più - afferma il dirigente scolastico, Piero Calascibetta - Rinascita non è solo una scuola, ma un laboratorio di ricerca in cui si guarda continuamente al futuro. Noi sperimentiamo l'autonomia da vent'anni, abbiamo sperimentato persino il tutor e di tutte queste cose possiamo parlare con cognizione di causa evidenziandone i limiti e le possibili soluzioni. Nostro compito, oggi è lavorare sulla scuola del 2030. Sperimentare metodologie didattiche e organizzative per cui il sistema non è ancora maturo. Questa è la domanda che poniamo al paese: la scuola pubblica ha bisogno o no di un luogo che produce per il futuro di tutti?".

Dietro il "ritorno nei ranghi" di Rinascita c'è sicuramente anche il problema del taglio agli organici, pesante in Lombardia. Nonché una certa ostilità che Rinascita sconta sul territorio. Agli occhi delle scuole "normali", Rinascita può apparire privilegiata: conta sul 9% del personale in più, che equivale a quella quota di organico funzionale un tempo garantito a tutti. Inoltre gli insegnanti vengono scelti in base al loro curriculum e non in base alla graduatoria nazionale e oltretutto mantengono la titolarità nella scuola di appartenenza dove vengono sostituiti dai supplenti. "Gli insegnanti vengono scelti dal collegio docenti perché qui si fa un lavoro che non consiste soltanto nel fare scuola, ma anche nell'elaborare teoria", spiega Calascibetta che sulla questione della titolarità sostiene: "Siamo i primi a voler superare questo statuto che è stato un tormentone spesso usato contro di noi". Ora genitori e insegnanti hanno in cantiere diverse inziative: innanzitutto far sì che, dalla notizia della chiusura, riparta un dibattito sul ruolo delle sperimentazioni nella scuola pubblica.


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