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Manifesto: Brunetta provoca, la Cgil se ne va

Il ministro a testa bassa contro i «fannulloni» del pubblico impiego. Si ricomincia con l'art. 18?

29/05/2008
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il manifesto

Loris Campetti

Se il buon giorno si vede dal mattino, sostiene il segretario dei lavoratori della conoscenza Cgil, Enrico Panini, la famosa stagione concertativa annunciata dal governo Berlusconi e accolta con «interesse» da quasi tutte le parti sociali parte malissimo. Le prime nuvole nere, infatti, si addensano all'orizzonte annunciando il pericolo di temporali: ieri l'incontro convocato dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta per presentare - nella sostanza per imporre - il suo «piano industriale» finalizzato a sterminare i famigerati fannulloni annidiati nel pubblico impiego, si è concluso con l'abbandono del tavolo da parte della Cgil. Formalmente per problemi di metodo, cioè di democrazia, ma nella sostanza perché le pretese di Brunetta sono ben poco concertabili. Michele Gentile, coordinatore dei dipendenti pubblici Cgil, lasciando il tavolo ha denunciato la pretesa del ministro di decidere persino la composizione sindacale al tavolo di trattativa (uno per ogni organizzazione). Per non parlare del fatto che Brunetta vorrebbe che le parti sociali, letta la sua proposta di piano, rispondessero entro 48 ore per posta elettronica comunicando eventuali considerazioni, dopo di che il ministro si riterrebbe libero di accoglierle o cestinarle.
E' ovvio che la riforma della Pubblica amministrazione e della sua organizzazione del lavoro è materia contrattuale, sostengono in Cgil, e non può essere imposta con una legge. Lo pensa persino il giuslavorista Ichino. Ma per Brunetta non è così. E' come se non esistesse già un sistema di regole che consenta di intervenire in caso di una loro violazione da parte dei lavoratori pubblici: basterebbe applicarle. Il fatto è che si vuol fare un gran polverone, svalorizzando il lavoro della stragrande maggioranza dei dipendenti dello stato, denuncia il segretario della Funzione pubblica Cgil, Carlo Podda. Ma c'è di più, e di peggio. Ieri Brunetta ha detto papale papale che per il rinnovo dei contratti nel biennio 2008-2009 non c'è una lira, e lo stesso intendasi per quelli non ancora siglati di alcune categorie relativi addirittura al biennio 2006-2007. Se i soldi necessari non vengono fuori, avverte Panini, «comincia il conto alla rovescia verso la mobilitazione».
Fin qui tutto chiaro, anche grazie al metodo scelto dal ministro che ha illustrato i punti salienti dei suoi annunciati interventi legislativi proiettando delle slide per il piacere dei sindacati presenti all'incontro. Poi ci sono i punti oscuri e i soliti giochi delle tre carte tipici dei governi Berlusconi. Due giorni fa era stato fatto pervenire a un po' di giornali il testo di un futuro disegno di legge che conteva aspetti a dir poco inquietanti. Per esempio, c'era scritto che qualora l'eventuale fannullone licenziato venisse ritenuto dal giudice «innocente» e dunque da reintegrare immediatamente sul suo posto di lavoro, la Pubblica amministrazione non avrebbe l'obbligo di riassumerlo, e potrebbe cavarsela liquidandolo con il pagamento in danaro, per risarcire il danno da lui subito. Non è necessario aver fatto approfonditi studi di diritto del lavoro per capire che in questo modo verrebbe cancellato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per tutti i dipendenti pubblici. Ma come, il governo non aveva appena dichiarato che questo capitolo non sarebbe stato più riaperto, memore di quei tre milioni di lavoratori che il 23 marzo del 2002 avevano riempito il Circo Massimo e l'intera città di Roma? Ieri mattina è subito arrivata la smentita del ministro Brunetta: quella pubblicata da alcuni giornali non è altro che una bozza di lavoro da non prendere in considerazione. I casi sono due: o nel governo si scontrano posizioni diverse, oppure siamo di fronte alla solita sceneggiata per cui ogni giorno si nega quel che è stato detto 24 ore prima. Si spara una notizia per vedere l'effetto che fa, e se l'effetto è pessimo la si smentisce. Semina semina qualcosa crescerà e in ogni caso, si saranno prodotte divisioni tra gli interlocutori.
Resta il fatto che nelle slide mostrate ieri ai sindacati dal ministro, di cancellazione dell'articolo 18 non si parla. Anche perché il testo è assolutamente generico e il confronto non è che all'inizio. Anzi, stando alla porta sbattuta dalla Cgil, la festa (della concertazione) appena cominciata è già finita.
Anche il segretario del Pd Walter Veltroni si occupa dei lavoratori pubblici, e lo fa per chiedere che la detassazione degli straordinari decisa dal governo riguardi anche gli statali e le forze dell'ordine. Insomma, nessuno sia discriminato. Colpisce il fatto che dall'opposizione non si sia levata nessuna sostanziale protesta contro un scelta che costringe i lavoratori ad allungare l'orario per avere un salario appena decente e scarica i costi non sull'impresa ma sulla collettività.


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