Manifesto: Bianchi e neri
Alle persone giovani che sono venute qui, si sono fermate, hanno scommesso su di noi, dobbiamo almeno questo: che i loro figli siano uguali ai compagni di banco.
Guglielmo Ragozzino
L'ultimo rapporto dell'Onu sullo sviluppo è dedicato all'emigrazione. Le cifre sono esplicite. Trasporti, comunicazioni, commerci e dislocazioni produttive multinazionali, finanza senza confini hanno messo in movimento quella che chiamiamo globalizzazione. La popolazione che ha cambiato paese, lo ha fatto in seguito a tutte queste novità e sovente anche per sfuggire alla fame, all'oppressione politica e religiosa, ai disastri ambientali, alle guerre.
Gli emigrati erano 64 milioni nel pianeta di 50 anni fa e diventano nel 2010 oltre 200 milioni, quasi una trentesimo della popolazione mondiale. Verso i paesi ricchi il movimento è stato imponente: nell'Europa a 27 si è passati dai 14 milioni di immigrati del 1960 ai 47 milioni previsti nel 2010. Lo stesso ordine di grandezza si è avuto negli Stati uniti d'America con crescita, in mezzo secolo, da 11 a 43 milioni. In Italia, sempre secondo l'Onu-Undp, si è passati, nello stesso periodo, da 460 mila immigrati stanziali, ai prevedibili 4,5 milioni, con una crescita di 10 volte in 50 anni. La Spagna ha un andamento ancora più importante: da 211 mila, gli immigrati crescono di 30 volte, arrivando a 6,4 milioni.
Si tratta insomma di un fenomeno planetario che sposta le persone e redistribuisce la ricchezza e le fortune del mondo secondo coraggio di chi parte, accoglienza, intelligenza dei governanti, possibilità per chi arriva di progettare per sé e per i figli una vita degna, discretamente libera e a conti fatti migliore di quella lasciata alle spalle.
Una vita per sé e per i figli. I bambini che nascono in Italia da genitori stranieri sono stranieri. E sono moltissimi: 52 mila nel 2005, 58 mila nel 2006, 64 mila nel 2007. L'Italia è però ancora guidata dal diritto del sangue per cui è cittadino solo chi è figlio di un italiano. E in effetti il decreto legge 103-A messo in discussione dalla maggioranza ieri - per poi rimandarne la ripresa a dopo le elezioni amministrative di marzo - offre allo straniero, che sia nato in Italia, vi abbia una residenza continuativa, abbia frequntato le scuole dell'obbligo con profitto, ecc, ecc., la facoltà di dichiarare entro un anno dalla maggiore età «di voler acquisire la cittadinanza italiana».
Probabilmente alla maggioranza tutto questo sembrerà una concessione generosa. Una prima correzione all'amato ius sanguinis. Ma è l'idea stessa del concedere, dall'alto del parlamento, qualcosa ai ragazzi e alle ragazze di 18 anni, sempre che se lo meritino, a essere balorda; per non dire di peggio. Si realizza così una classe differenziata per tutti gli anni della formazione dei giovani, delle loro amicizie importanti. Una «differenziata» numerosa, con dentro, in prospettiva, un ragazzo ogni otto. Nel 2007 infatti i nati in Italia, tra bianchi e neri, per così dire, sono stati 556 mila. Come si pensa di realizzare qui da noi una società di eguali, di persone con pari diritti e pari doveri? Mettendo una persona su otto in una classe differenziata? Alle persone giovani che sono venute qui, si sono fermate, hanno scommesso su di noi, dobbiamo almeno questo: che i loro figli siano uguali ai compagni di banco.