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Manifesto: Assalto alla scuola

La finanziaria prevede tagli all'istruzione per 4,5 miliardi e 50.000 posti. I tecnici della Camera: la sentenza Ue sulla detraibilità Iva delle auto aziendali la farà salire a 40 miliardi

17/10/2006
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il manifesto

Francesco Piccioni
Il diavolo si nasconde nei dettagli. E proprio andando a spulciare nei meandri della «Relazione tecnica» che accompagna la legge finanziaria per il 2007 si scoprono alcuni dei (molti) rovesciamenti di segno tra annunci pubblici del governo e atti concreti. E si scopre che il Prodi «europeo» - quello che si fa intervistare da Repubblica al termine del vertice con Zapatero - è decisamente più sincero del Prodi «italiano», che quotidianamente ci tranquillizza con le sue dichiarazioni al cloroformio.
«Non abbiamo dato niente ai sindacati» - spiegava dalla Spagna - «onestamente, i più favoriti dal progetto di legge di bilancio sono la Confindustria, gli imprenditori». C'è poco da aggiungere: è proprio così. Ne avevamo avuto qualcosa più di un sospetto quando abbiamo titolato «Presi per il cuneo», ma è dalla «relazione tecnica» che arriva la conferma più clamorosa. Per la scuola si prevede un taglio degli organici di quasi 50.000 posti in tre anni, per un risparmio complessivo di circa 4,5 miliardi di euro.
Il lavorio di forbici previsto è complesso. Si parte dall'innalzamento dello 0,4% medio nel «rapporto alunni/classi». In pratica si punta ad aumentare il numero degli alunni presenti in ciascuna classe, con punte più elevate nelle elementari e nelle medie superiori. Tenuto conto che negli istituti superiori le prime classi sono già intorno alla media dei 30 ragazzi, si può immaginare cosa può accadere. Da questa «pensata» dovrebbero risultare in «esubero» 7.682 classi, per un totale di 19.032 insegnanti e 7.050 non docenti «risparmiati» (sono definiti proprio così).
Si prevede - ma non viene naturalmente messo nero su bianco - un peggioramento drastico della didattica. I 185.000 ripetenti annui sono sembrati decisamente troppi e «antieconomici»: si prevede di ridurli di un 10%. E come? Non certo tramite l'individualizzazione dell'insegnamento», visto che si deve peggiorare il rapporto docenti/alunni. Si dovrà perciò «promuovere di più», a prescindere dalla qualità della preparazione, per poter raggiungere il target di soli 166mila ripetenti. Inutile dire che una simile manovra cozza frontalmente contro la sbandierata necessità di accrescere lo standard medio di preparazione degli studenti italiani.
Nella stessa direzione vanno la riduzione delle ore di lezione nei professionali, quella degli insegnanti di inglese nella scuola primaria, la «riconversione» (industriale?) degli insegnanti «soprannumerari» e di quelli «di sostegno» (per «diversamente abili» e «casi difficili»).
La ratio è esclusivamente economica: sfoltire i ranghi per ridurre i costi. Anche il ringiovanimento della classe docente, tramite l'inserimento in ruolo di 150.000 precari - uno degli annunci che avevano sollevato più entusiasmo nei sindacati - si muove nella stessa direzione: i giovani costano meno degli anziani. Tra l'altro, fatti due conti, i neoassunti potrebbero essere soltanto la metà, perché il governo prevede che nei prossimi tre anni andranno in pensione rispettivamente 23, 24 e 27mila docenti. Come sia conciliabile questa «cura dimagrante» con l'innalzamento dell'obbligo scolastico ai sedici anni resta un mistero. Di certo c'è solo che anche l'entità delle assunzioni sarà «da verificare annualmente, di intesa col ministero dell'Economia». Ossia col placet di Tommaso Padoa Schioppa.
Sarebbe facile obiettare che una finanziaria fatta da un abile ragioniere rischia di sembrare indifferente alle conseguenze sociali, ma almeno aggiusta i conti. Nemmeno questo, però, è vero. Almeno secondo i tecnici del Dipartimento Bilancio del Servizio studi della Camera.
Il governo, infatti, ha stabilito un saldo finale per la manovra pari a 34,7 miliardi di euro; ma aveva anche deciso di non tener conto degli effetti finanziari della sentenza della Corte di giustizia Ue sulla detraibilità dell'Iva sui veicoli aziendali. Una sentenza con effetti retroattivi e che costringerà lo stato italiano a rimborsare le imprese interessate per un totale di 5,3 miliardi. Et voilà, il totale della manovra sale perciò a 40 miliardi.
Una differenza così sensibile comporta il ricalcolo di tutto il quadro delle entrate previste. Mentre i tecnici della Camera avanzano dubbi anche sugli effetti finanziari della rimodulazione delle aliquote Irpef, così come su quelli del trasferimento all'Inps del tfr «inoptato». La «relazione tecnica» stima infatti «entrate» - e già questo sarebbe tecnicamente opinabile, trattandosi in pratica di un «prestito forzoso» - pari a 5,5 miliardi. Una speranza, perché si basa su una previsione dei comportamenti dei lavoratori che andrà verificata «solo a consuntivo». Ovvero dopo che sarà avvenuta. Se i lavoratori, infatti, dovessero scegliere di trasferirlo alla previdenza complementare, potrebbe «determinarsi un peggioramento del quadro finanziario». Niente male, per un «tecnico della Bce» (Padoa Schioppa) prestato alla politica per trarla d'impaccio.


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