Manifesto-A scuola di identità sessuale
Educazione e rispetto, come Letizia Moratti ha bloccato ogni intervento GIANNI ROSSI BARILLI Tra le tante malefatte compiute nell'era Moratti, c'è anche il tentativo di soffocare sul nascere l' i...
Educazione e rispetto, come Letizia Moratti ha bloccato ogni intervento
GIANNI ROSSI BARILLI
Tra le tante malefatte compiute nell'era Moratti, c'è anche il tentativo di soffocare sul nascere l' intervento pedagogico che si propone di educare a riconoscere e rispettare le identità sessuali. Su questo terreno l'offerta formativa della scuola italiana non è in generale un granché: è implicito che si nasca tutti eterosessuali e destinati in futuro a farsi una famiglia secondo le rispettive (e ben definite) caratteristiche di genere, ma poi il sesso è sempre un argomento imbarazzante da includere nei programmi scolastici. Con spettacolare rimozione, si continua a pensare che la sessualità sia un tema da affrontare solo da e tra adulti, e che eventuali distanze dalla norma siano un fardello (o secondo i punti di vista un diritto) che si acquisisce con la maggiore età. Se poi in classe c'è un ragazzino che viene messo in croce perché (come dicono i compagni) "è frocio", è meglio far finta di niente, o in casi estremi chiamare lo psicologo o la polizia. Sarà mica una materia scolastica, no?
È convinta invece che lo debba essere Paola Dall'Orto, presidente dell'Agedo (Associazione genitori di omosessuali), che da anni combatte per aprire qualche varco di consapevolezza pedagogica sull'argomento. È una signora molto cortese e perbene, che quando si presenta in giro a nome del suo gruppo di babbi e mamme spiazza molti interlocutori abituati ad associare meccanicamente l'omosessualità a immagini trasgressive. Alla signora Moratti, se fossero riuscite a incontrarsi, avrebbe fatto sicuramente buona impressione. Peccato che questo non sia stato possibile, anche se Paola Dall'Orto ci ha provato. "Con il governo dell'Ulivo - racconta - avevamo firmato un accordo, per il triennio 2000-2003, che ci consentiva di entrare nelle scuole per attivare un discorso sull'accettazione delle diversità e ci autorizzava anche a fare formazione per gli insegnanti. Abbiamo ottenuto risultati incoraggianti grazie a questo accordo, così l'anno scorso mi sono mossa per tempo per rinnovarlo, ma da una dirigente del ministero dell'istruzione mi sono sentita spiegare che l'omosessualità è una malattia e che gli omosessuali sono quattro gatti, per cui non è proprio il caso di parlarne nella scuola. Nel corso della stessa conversazione la signora Aprea, vice della Moratti, ha proposto di inserire l'Agedo nella commissione sul disagio giovanile, osservando però che il ministro di sicuro non avrebbe accettato. E così, in effetti, è stato".
Ma cosa significa educare al rispetto delle identità sessuali? "Significa per esempio - risponde Dall'Orto - insegnare a riconoscere se stessi e gli altri e ad affrontare le proprie paure anziché scaricarle sul debole di turno. Come spiega tra l'altro il video Nessuno uguale di Claudio Cipelletti, che abbiamo realizzato in collaborazione con la Provincia di Milano e rimane la nostra forma di intervento preferita nelle scuole". Il film registra il percorso di maturazione di un gruppo di studenti (affiancato ma non soffocato da uno psicologo) rispetto all'omosessualità propria o altrui, e si è rivelato nel giro di qualche anno un ottimo strumento di comunicazione. Peccato che in tempi di tagli ai bilanci anche spese minime come l'acquisto di una videocassetta rischino di diventare proibitive. "Essendo rimasti privi di un riconoscimento nazionale - spiega la presidente dell'Agedo - cerchiamo comunque di agire a livello locale, ma anche qui incontriamo notevoli problemi. Alla normale difficoltà di lavorare con interlocutori istituzionali si aggiunge ora anche la mancanza di fondi per qualunque progetto. Negli anni scorsi, qua e là, abbiamo avviato iniziative sulla prevenzione del bullismo che hanno dato anche qualche frutto, ma adesso facciamo fatica a procedere".
Comunque l'Agedo non si dà per vinta e insiste con i suoi scarsi mezzi. Si dà da fare anche via internet (www.agedo.org) e recentemente ha prodotto un corso di formazione in cd-rom che si intitola Educare al rispetto e propone agli insegnanti un ricco apparato di strumenti didattici per affrontare il tema dell'omosessualità in classe: informazioni scientifiche, spunti per la discussione, tracce di esercitazioni da svolgere in forma di gioco, biblio, disco e filmografia. Che un lavoro di questo genere serva è dimostrato dagli episodi di disagio macroscopico che emergono ogni tanto, con conseguenze che vanno dalle lesioni gravi al suicidio. Ma forse anche di più dal fatto che tutto il resto del disagio è taciuto e considerato compatibile con la normalità. Da un questionario distribuito dall'Agedo in un liceo di Verbania emerge che, secondo la percezione del 98% degli studenti (maschi e femmine), una persona omosessuale vive male nella scuola per via di violenze verbali o anche fisiche. È normale, appunto.