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Manfredi “Ora temo un calo delle matricole Meno tasse per fermarlo”

Intervista al ministro dell’Università

07/05/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA — Ministro Gaetano Manfredi, è vero che per il prossimo anno accademico attende un calo del venti per cento delle matricole delle università italiane?

«Il ministero dell’Università e della Ricerca ha fatto alcune stime, tenendo come riferimento la profonda crisi del 2008-2014, e ha calcolato una possibilità di caduta fino al 20 per cento».

Se si realizza lo scenario peggiore, assisteremmo a un crollo. Il venti per cento è la perdita registrata nel quinquennio 2008-2013. L’altra crisi, appunto.

«Non accettiamo che uno scenario diventi un fatto e ci stiamo muovendo per contenere il problema, se possibile azzerarlo. La recessione che seguirà il Covid riguarderà tutti, senza selezione».

Gli atenei più piccoli, più giovani, quelli meridionali in particolare sono a rischio chiusura?

«Non immaginiamo chiusure. Se le università con meno iscritti sono le più fragili, se quelle delle aree interne hanno difficoltà proprie, le grandi realtà devono fare i conti con le spese fisse legate ai loro volumi. I problemi riguardano tutte le sessantun università pubbliche del Paese, questa volta».

Che cosa si deve fare per evitare il crollo delle matricole e l’abbandono negli anni successivi?

«La risposta è un intervento per il diritto allo studio. Entro maggio lo approveremo».

Quanto vale e in che cosa consiste?

«Chiederò una cifra compresa tra i 300 e i 400 milioni di euro. Li spenderemo su tre titoli. Il primo è l’allargamento dell’area di chi non paga le tasse. Potremo far alzare la soglia dei redditi bassi, oggi fissata a 13.000 euro. Entro i 30.000 euro ci sono abbattimenti delle tasse, lavoreremo per farli crescere.

Prenderemo in considerazione, questa è la novità, anche chi proviene da famiglie con introiti maggiori che hanno subito chiari e certificabili danni in questa fase. Uno studente figlio di ristoratori, un universitario con un genitore che vive grazie al turismo. Cercheremo misure specifiche, direi quasi individuali. Il lavoro di accertamento, lo so, è davvero difficile».

Parlava di tre interventi in tutto.

«Vogliamo aumentare il Fondo integrativo statale per le borse di studio e, insieme alle Regioni, farle crescereper numero. Vogliamo concedere bonus, cioè contanti, a chi ha sentito in queste settimane il digital divide, chi non aveva sufficiente connessione per seguire le lezioni da remoto».

Togliere le tasse per un anno, alle matricole, non è ipotizzabile?

«È un onere che lo Stato non può permettersi e, di fronte a risorse limitate, non vogliamo varare interventi generalisti, non tutti sono stati danneggiati dalla crisi.

Dobbiamo aiutare chi è in difficoltà, chi ha i soldi è giusto che paghi per la salvezza del sistema».

Ha pensato a un prestito d’onore di massa? Come nella realtà universitaria nordamericana?

«In Italia non c’è una cultura che spinge all’indebitamento, tanto più in questa stagione. Gli studenti che vogliono, possono chiedere un prestito: oggi le condizioni sono favorevoli, ma non è questione all’ordine del giorno».

Laboratori e biblioteche sono ripartiti? In tutte le univ ersita?

«Stanno riaprendo nel Paese, attraverso accordi su protocolli di sicurezza. Milano, Bologna, Roma, Napoli. È ripartito anche il prestito».

A luglio riprendono esami e tesi di laurea dal vivo?

«Alcuni atenei, come La Sapienza, Sassari, vogliono esserci già a luglio.

Altri, all’interno di aree più colpite, Bergamo per esempio, sono più conservativi. Le riaperture saranno modulate sulle volontà del territorio».

E per settembre mantiene le due possibilità: lezione in aula o da casa? Sistema misto?

«Vorremmo accompagnare la fase due con il ritorno in università, faremo un punto a giugno e pianificheremo nel dettaglio».

Ministro, una studentessa ha scritto a “Repubblica” dicendosi abbandonata. Lei è assente, sostiene, e i suoi compagni d’ateneo neppure sanno chi sia il ministro dell’Università.

«Rispetto ogni opinione e andrò di più ai tg. Contano i fatti, però. Dicono che ho lavorato tanto e che l’università non si è mai fermata».


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