Maestro, ma è un vero terremoto?
Giuseppe Caliceti
Sentiamo un boato, un altro ancora. Bambine e bambini si rifugiano sotto i banchi, qui a scuola a Reggio Emilia. Prima ancora di me. Mi accovaccio anch’ io sotto la cattedra. «Maestro, è stato un terremoto?». «Non lo so», mento. «Comunque contiamo insieme fino a venti, va bene? Uno, due...». I bambini insistono: «Giuseppe, ma è una prova o un terremoto vero?». «Ho detto che non lo so. Ma intanto mettiamoci bene in fila e usciamo dalla scuola». «Per me è un terremoto vero!». «Un altro?». «Io non l’ho neanche sentito». «Ma è stato fortissimo!». Agguanto il registro e scendiamo le scale in fila indiana. Arriviamo in cortile insieme alle altre classi. Faccio l’appello. Penso: «Tutte le prove di evacuazione che facciamo ogni anno, servono a qualcosa». Un’alunna si mette a piangere. Un’altra, cercando di consolarla, finisce col piangere anche lei. Ci mettiamo seduti sul prato. I bambini improvvisamente hanno una gran voglia di parlare: di raccontare cosa hanno sentito, come stanno. È normale. È cosa buona e giusta. Arrivano a scuola i genitori di tanti bambini. Appena li vedono i piccoli corrono al cancello e abbracciano la mamma o il papà. Molti decidono di portarsi i figli a casa. Ma intanto la Cooperativa Italiana Ristorazione, responsabile della mensa scolastica, arriva con un furgoncino: al posto del pasto, oggi ci sono panini per tutti. Si improvvisa una specie di picnic nel giardino della scuola, all’ombra. Intanto dalla segreteria dell’ufficio comprensivo arriva la telefonata in cui si dice che i bambini non possono rientrare a scuola fino al termine delle lezioni. Un alunno mi dice: « Giuseppe, sempre meglio del terremoto di quest’inverno quando eravamo in palestra a fare lezioni di karatè, ricordi? Oggi almeno non c’è freddo». Ricordo, tutti i bambini fuori, scalzi. Temperatura invernale. Ci siamo messi a fare un po’ di esercizi per riscaldarci. A fine giornata ascolto le ultime notizie. Penso: «I capannoni industriali non hanno retto, ma le scuole emiliane sì. Tutto è bene quel che finisce bene». Ma è così? Non posso fare a meno di pensare alla discussione che, solo qualche giorno fa, c’è stata a scuola. La preoccupazione di noi insegnanti di fronte alla mancata nomina di supplenti. Per risparmiare. Ecco, se magari domani avverrà un altro terremoto in coincidenza con la mancanza di un docente e la mancata nomina di un supplente - per risparmiare - le operazioni di evacuazione andranno così lisce e spedite come sono andate questa volta?