Maestri diplomati, i tribunali ribaltano la Cassazione
Disponendo l'illegittimità dei licenziamenti
Marco Nobilio
Si apre uno spiraglio per i diplomati magistrali depennati dalle Gae e licenziati all'esito di giudizi negativi davanti alle magistrature superiori. Sebbene sia i giudici amministrativi che la Cassazione si siano già pronunciati nel senso della legittimità del depennamento e dei licenziamenti, sarebbero almeno due i giudici del lavoro che avrebbero dichiarati illegittimi i licenziamenti dei diretti interessati. È ancora presto per parlare di un'inversione di tendenza dell'orientamento dei giudici di merito. Anche perché le pronunce sono state pubblicate solo sotto forma di dispositivo. E quindi bisognerà perlomeno attendere il deposito delle motivazioni. Ma si tratta di una novità importante che apre nuovi scenari nel contenzioso in materia. I provvedimenti sono stati emessi dal Tribunale di Roma (sentenza 5409/2021, pubblicata il 7 giugno scorso, presidente ed estensore Ermanno Cambria) e dal Tribunale di Milano (sentenza 1601/2021, pubblicata il 10 giugno scorso, presidente ed estensore Francesca Cappelli).
La questione è molto delicata e riguarda non meno di 30 mila docenti precari interessati. Vale a dire, i diplomati magistrali che avevano conseguito il titolo entro l'anno scolastico 2001/2002. Tale titolo è abilitante all'insegnamento. E per questo motivo migliaia di aspiranti docenti avevano chiesto e ottenuto l'inserimento nelle Gae tramite pronunce cautelari dei giudici amministrativi. L'inserimento nelle Gae era avvenuto anche ai fini delle assunzioni. Salvo apporre ai contratti individuali di lavoro una clausola risolutiva: se l'interessato avesse perso la causa, sarebbe stato licenziato e depennato dalle Gae. Più di 6mila docenti, peraltro, grazie a queste pronunce cautelari, avevano addirittura ottenuto l'immissione in ruolo. E circa 25 mila altri docenti avevano ottenuto regolarmente supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche. All'esito dei giudizi, tutti negativi, erano stati depennati. Salvo rimanere in servizio, se in costanza di rapporto, fino al 30 giugno. La questione, peraltro, è stata anche fatto oggetto di una recente pronuncia della Suprema corte (si veda la sentenza 12347/2021 del 10 maggio scorso). Sentenza con la quale i giudici di piazza Cavour hanno spazzato via anche le residue speranze dei diretti interessati. Resta da vedere se le recentissime sentenze dei giudici apriranno nuove strade per il contenzioso in materia oppure si tratterà di fulmini a ciel sereno.