Madama che voto
L'università costringe la maggioranza agli straordinari. Al senato il ministro Bondi vota per due e la vicepresidente Mauro fa tutto da sola. Approva e boccia emendamenti a raffica, poi Schifani annulla tutto. Gelmini ammette: legge da correggere, slitta l'ultimo sì
Matteo Bartocci
C'è un buco nella «matrice» berlusconiana. Anzi, una voragine. In quella che è considerata una roccaforte del governo come palazzo Madama, maggioranza, presidenza del senato e ministra Gelmini inanellano una serie di gaffe, prepotenze e strappi procedurali che solo con la negazione della realtà pura e semplice si può fare finta che niente sia accaduto. Realtà però che - complici la tv e soprattutto internet - non può più essere riavvolta a piacimento. La seduta di ieri passerà alla storia.
Il governo fallisce nel suo intento. La riforma Gelmini delle università sarà approvata molto probabilmente soltanto oggi. Ma è un risultato che il centrodestra deve incassare a caro prezzo.
La giornata era iniziata con l'ostruzionismo, pacatissimo, di Pd e Idv sui primi articoli del ddl Gelmini. Procedure di routine, rallentamento dei tempi, tutto ben collaudato e noioso. Anche perché il regolamento del senato (do you remember l'era Prodi?) è ferreo e non concede troppi margini all'opposizione. L'intento tuttavia è chiaro: modificare anche solo una virgola del testo costringerebbe il ddl a tornare alla camera per la quarta lettura, consegnando agli studenti una vittoria di giornata o almeno una tregua.
Pdl e Lega fanno quadrato. Ma il Pd scova un'incongruenza nel ddl che rischia di diventare il classico granello nell'ingranaggio. C'è una norma sui «professori aggregati» (all'art. 6) che modifica la vecchia legge Moratti del 2005. I democratici fanno notare che lo status di questi professori ibridi viene modificato in due modi diversi e che all'articolo 29 del ddl Gelmini quella parte della legge Moratti viene addirittura abolita. Delle due l'una: o viene modificato dall'art. 11 (e allora decade l'art. 29) oppure viceversa. Si accende la bagarre. Il sottosegretario all'Istruzione Pizza ammette il problema e dice che il governo cambierà il punto contestato solo nel milleproroghe.
Il clima si scalda. Se il problema esiste allora perché non si può intervenire subito?, chiedono le opposizioni. Nel caos, arriva la presidente di turno Rosi Mauro. Come un elefante imbizzarrito legge un parere degli uffici del senato che esclude problemi procedurali. Il Pd si ribella e a quel punto Mauro fa il secondo patatrac. Come un'invasata fa votare l'aula per alzata di mano per ben 17 volte. In 4 occasioni però, evidentemente fuori di senno, annuncia che sono stati «approvati» 3 emendamenti del Pd e 1 dell'Idv. La seduta è sospesa. Due danni in poche ore: c'è un ddl che va avanti con una norma «suicida» sui docenti aggregati e alcuni emendamenti approvati. Governo ko? Qualcuno si immagina già che Napolitano potrebbe non firmare. Passano più di due ore.
Alle 18.50, come un cherubino diabolico, alla guida del senato torna Renato Schifani. Il presidente annuncia subito che le votazioni indette da Mauro vanno ripetute. E che sul «nodo» emendamenti deciderà in nottata un'apposita giunta per il regolamento. Svela però che la richiesta di ripetere il voto è venuta per prima da Pd e Idv in una lunga riunione «informale» dei capigruppo. Finocchiaro, in aula, non nega la richiesta: «Ma tutto il mondo ha visto quello che è successo». Su Internet gli emendamenti sono passati.
Per un'ora la seduta si dilunga sui pro e i contro. Pd e Idv usano ottimi argomenti contro la ripetizione del voto. E a proposito di alleanze: il «terzo polo» Udc, Mpa, Fli e Api si accoda ai desideri del governo. L'opposizione è sola. In mezzo al caos, la ministra Gelmini chiede la parola. Le hanno allungato un testo scritto che lei legge con la faccia più dialogante del mondo: «Cambieremo i punti critici nel milleproroghe». Apriti cielo. Ogni parvenza istituzionale è caduta. «Così la pezza è peggiore del buco», sbotta D'Alia dell'Udc. Non si può cambiare per decreto una norma che non è ancora legge. Dunque sarà fatto nella conversione, tra due mesi. E nel frattempo? Rutelli (Api) propone un «lodo»: ripetiamo le votazioni ma il Pdl approvi il testo del Pd che sana le incongruenze. Schifani alterna scivoloni (chiama Mauro «la mia vicecapogruppo» invece che «vicepresidente») a una certa maestria da avvocato. Pur di non tornare alla camera il governo ha fatto e farebbe ancora carte false. Nella notte si tratta.