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«Ma servono investimenti e fantasia E non si può abbandonare il digitale»

Intervista a Luigi Berlinguer

09/02/2021
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Il Messaggero

Recuperare il tempo perduto a causa del Covid e reclutare i docenti per non lasciare di nuovo la scuola senza cattedre. Due obiettivi ambiziosi, potrebbe essere davvero utile prolungare il calendario scolastico? «I bambini e i ragazzi non possono perdere la scuola spiega Luigi Berlinguer, ex ministro dell'istruzione - bisogna fare ogni sforzo, naturalmente tenendo conto delle condizioni sanitarie complessive, per assicurare la frequenza perché la scuola è anche frequenza fisica. Se gli alunni perdono dei giorni di lezione, si tratta di una mancanza che nuoce alla loro formazione».
Il futuro governo da dove deve partire per rilanciare il settore della scuola?
«Dai discenti, dai nostri studenti: quando escono dal sistema scolastico hanno poco meno di vent'anni e quindi vuol dire che hanno trascorso la parte più fertile della loro vita, quella in cui si apprende di più, a scuola. Quindi direi che bisogna pensare alla loro formazione per la vita».
Non è già così?
«In realtà ci siamo sempre occupati del docere, quindi dell'insegnare, ma non dell'apprendere. La differenza è importante»
Che cosa vuol dire, oggi, apprendere?
«Penso ad un'istruzione che sia continua. Che parta con la scuola e duri per tutta la vita, con un aggiornamento continuo dedicato anche agli adulti. La scuola deve formare ragazzi che, nel momento in cui prendono il diploma, siano in grado di votare. Devono quindi avere la consapevolezza di quello che fanno. Non dobbiamo prepararli solo al mondo del lavoro. E' un discorso più ampio».
A cosa vanno preparati i ragazzi?
«Al lavoro e al sapere. L'evoluzione della società e dell'economia fanno sì che il lavoro, oggi, debba fare i conti con il conoscere perché è costante l'incursione di una tecnicità più evoluta e di un ricorso alle conoscenze più aggiornate dentro ad ogni attività lavorativa».
Come si coniugano i due aspetti?
«Non imponendo il sapere: bisogna fare in modo che il lavoro si possa intrecciare con il sapere».
In ambito scolastico?
«Sì, ma è fondamentale definire il rapporto lavoro-sapere a tutti i livelli dell'esistenza, vale per gli studenti ma anche per i lavoratori e i cittadini di tutte le età: per essere insieme cittadini che lavorano e che fanno. Il sapere è una ricchezza dell'essere umano e quindi del cittadino».
Per formare un cittadino, bisogna puntare sull'educazione civica?
«No, penso ad una rivoluzione più grande, vale a dire che tutti i docenti e tutte le materie devono convergere verso questo obiettivo: aiutare i giovani a diventare cittadini consapevoli. Non possiamo lasciare tutto ad una materia singola, serve un progetto più ampio».
Nelle classi di scuola c'è spazio per questo?
«No, non per come sono strutturate oggi. Serve fantasia nella scuola: dobbiamo rivedere le aule per permettere ai ragazzi di lavorare in gruppi o individualmente, di poter portare avanti attività laboratoriali e di approfondimento anche extra scolastico».
I docenti sono pronti?
«Alcuni sì, stanno già adottando forme di didattica innovativa. Altri invece vanno aiutati in questo percorso.»
Come?
«Attraverso corsi di formazione e con nuove sperimentazioni che aiutino la scuola a trasformarsi, con l'obiettivo di coinvolgere i ragazzi. Non devono mai annoiarsi in classe, per questo dovremmo pensare a nuove forme di lezioni in aula».
La didattica a distanza ha portato il computer in cattedra, funzionerà anche in futuro?
«Deve funzionare. Il digitale è lo strumento adatto per l'innovazione anche perché i giovani lo conoscono bene e i docenti hanno imparato a usarlo anche per fare lezione. Può aiutare molto, può permettere alla scuola di non rientrare nel tran tran degli orari e dei banchi fissi».
Che cosa deve essere invece la scuola?
«Un circolo di idee, ci vuole molta fantasia e molto coraggio».
Anche molti investimenti?
«Sì, certo. Per trasformare le strutture e per puntare sulla formazione. Ma ne vale la pena. La società è cambiata e la scuola non può restare ferma».
L.Loi.


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