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Ma a quella scuola che dice di difendere ha tolto 8 miliardi

Oggi il premier smentisce e si fa paladino di un’istruzione che ha massacrato di tagli: - 130 mila insegnanti, - 45 mila tecnici Ata. E nelle aule si studia in 35. L’Ocse: siamo ultimi per investimenti

28/02/2011
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l'Unità

Virginia Lori

Il Calvario della scuola pubblica in questi quasi tre anni di governo Berlusconi si riassume in pochi numeri. Otto miliardi di euro di tagli in tre anni, tagli puri, decisi per fare cassa a spese di un“bene” considerato del tutto inutile, e poi camuffati dalla cosiddetta riforma Gelmini, quella del maestro unico e del grembiulino.130mila insegnanti tagliati, più 45mila tecnici Ata. Un’ecatombe, che ha attaccato al cuore la scuola primaria, che fino a quel momento era uno dei fiori all’occhiello del sistema scolastico italiano, smontando il modulo dei tre maestri che ruotavano su due classi. Per non parlare del tempo pieno, con le domande delle famiglie in aumento e le risposte congelate a quel25%su base nazionale che, in molte zone, significa dire a no a più della metà delle richieste. Non è un caso che per due anni scolastici consecutivi, quello in corso e il precedente, gli italiani abbiano sonoramente bocciato il modello di scuola elementare a 24-27 ore proposto dalla Gelmini, privilegiando (con percentuali dell’80%) il modulo a 30 e il “tempo pieno” a 40 ore. E non è un caso che, a un certo punto, il ministero abbia smesso di fornire i dati sulle richieste di tempo pieno. Per non parlare del numero di alunni per classe, arrivato nelle superiori anche fino a 35, delle norme sui disabili bypassate alla leggera. Della serie: la circolare prevede che, se c’è un disabile in classe, il numero degli alunni non possa superare i 20. Ma solo se ci sono le risorse necessarie. Altrimenti si fa finta di niente. A questo si aggiunge la decimazione degli insegnanti di sostegno e la “tassa” di circa 100 euro l’anno (non prevista dalla legge) che le famiglie sono costrette a sborsare per garantire alle scuole dei propri figli alcuni servizi fondamentali come la carta per le fotocopie o addirittura la carta igienica. Mentre i fondi per le private, prima scomparsi dalla manovra, sono subito ricomparsi nella misura di 245 milioni. Di fronte a questi numeri non servirebbe neppure scomodare i dati Ocse sugli investimenti nell’istruzione tra i paesi membri. Stando alle ultime rilevazioni disponibili, l’Italia è inchiodata al 4,5% del Pil, contro una media Ocse del 5,7%. Solo la Slovacchia spende dimeno (4%), e il Belpaese è stato scavalcato anche da Estonia (5%) e Brasile (5,2%). Nel suo insieme, la spesa pubblica italiana nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% di quella pubblica totale, il livello più basso tra i paesi industrializzati (13,3% la media Ocse). Una spesa in gran parte destinata agli stipendi dei docenti, che tuttavia sono ampiamente sotto la media Ocse. Un disastro insomma. Perfettamente coerente con il disegno di chi, come Berlusconi, dichiara la sua disistima per la scuola pubblica. Cui si è aggiunta, a partire dall’anno scolastico in corso, la riforma Gelmini delle superiori, con ulteriori tagli negli orari, la cancellazione di molte sperimentazioni, la netta separazione tra licei da una parte e istituti tecnici e professionali dall’altra. Per dividere i ragazzi a 13 anni in base alla classe sociale di appartenenza.


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