Lotta titanica ai crolli, ma il rischio rimane
Quasi 6 miliardi per mettere in sicurezza, ristrutturare e perfino abbellire gli edifici scolastici italiani. Ma i soffitti continuano a crollare sulla testa di alunni e docenti
Salvo Intravaia
Quasi 6 miliardi per mettere in sicurezza, ristrutturare e perfino abbellire gli edifici scolastici italiani. Ma i soffitti continuano a crollare sulla testa di alunni e docenti. E in un caso a sbriciolarsi sotto l’effetto del terremoto nell’Italia centrale è una scuola resa “antisismica” bel 2012. Sembra un paradosso. Ma quanto basta per fare sorgere a tutti una domanda: quanto è sicura la scuola di mio figlio? Nessuno probabilmente conosce la risposta. Una circostanza che, nonostante gli sforzi governativi, contribuisce ad aumentare l’angoscia dei genitori. Quello che sappiamo con certezza, perché a dircelo è lo stesso Miur, è che su 41.666 edifici sparsi in ogni angolo della Penisola, ben 18.817 ricadono in zone sismiche di prima e seconda categoria: quelle dov’è possibile che si verifichi un terremoto violento o potenzialmente distruttivo come quello che ha frantumato la scuola di Amatrice. Per il resto gli incidenti sono all’ordine del giorno. L'ultimo incidente in ordine di tempo in piene ferie, alla materna Maria Montessori di Dragoni, una frazione di Lequile, in provincia di Lecce, lo scorso 23 giugno. Quando, per fortuna, in classe non c'era più nessuno. Ma lo sforzo profuso dal governo per rendere sicure 42.292 strutture scolastiche, frequentate ogni giorno da quasi 8 milioni di alunni e da oltre un milione tra docenti e personale scolastico, è stato enorme: quasi sei miliardi di euro impegnati, stanziati e in parte anche spesi, per intervenire sulle scuole sgarrupate tra il 2014 e il 2017.
Nel febbraio 2014, il presidente del Consiglio Matteo Renzi annunciò di voler prendere un impegno con gli italiani: si sarebbe occupato dell'edilizia scolastica. Il primo passo fu la creazione della Struttura di missione per l'edilizia scolastica presso la Presidenza del consiglio. Allo scopo rastrellò tutti i fondi già stanziati ma mai spesi: quasi 3 miliardi. Nel corso del triennio 2014/2016 i miliardi destinati alle scuole sono saliti a 4,2 destinati a una lunghissima serie di interventi dai nomi a volte anche creativi: #scuolebelle, #sbloccascuole e #scuole sicure, con l'immancabile hashtag iniziale. Anche semplici tinteggiature per rendere più accoglienti classi, laboratori, corridoi e bagni. E nella Legge di stabilità per il 2017 è previsto un altro miliardo e 700 milioni di interventi: in tutto, 5,9 miliardi. Quasi metà dei 14 ipotizzati dall'allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso all'indomani del crollo che nel 2008 costò la vita a Vito Scafidi, colpito a morte da un tubo dimenticato nel controsoffitto della sua aula al liceo Darwin di Rivoli (To).
Il timore ora è che da settembre possa riprendere il triste bilancio di intonaci che si schiantano, quando va bene, sul pavimento senza nessun preavviso; finestre che si sganciano dai cardini e finiscono in testa agli alunni; cornicioni pericolanti. Per Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale per il settore Scuola di Cittadinanzattiva, “certo non è possibile pretendere il miracolo". E prevede che “il prossimo anno i crolli dovrebbero diminuire". Ma spiega: “In effetti, gli interventi di messa in sicurezza – dice – sono una minima parte, per questo continuano gli incidenti". Anche a fronte di un intervento straordinario come quello del governo in carica, che in tre anni – 2014/2016 – ha aperto 4.833 cantieri, di cui 3.884 conclusi: oltre l'80 per cento.
Lo sforzo in termini quantitativi non è però sufficiente. “I finanziamenti di #scuolebelle, 450 milioni, non hanno senso: la piccola manutenzione deve rimanere a carico delle scuole. Perché non potenziare gli interventi diagnostici sui solai che sono punti critici delle scuole?", si chiede ancora Bizzarri. “Finora – aggiunge – a fronte di 14mila interventi richiesti dagli enti locali nel 2015 ne sono stati finanziati 7mila, per una spesa di 40 milioni di euro". E l'obiettivo appare lontano. “Continuando con questo impegno, occorreranno almeno altri dieci anni", chiosa Bizzarri.
Laura Galimberti, a capo della Struttura di missione, replica: “La maggior parte delle scuole italiane è stata realizzata prima del 1976. Le tecniche costruttive e i materiali, soprattutto quelli utilizzati tra la fine degli anni '50 e gli anni '70, sono oggi inadeguati. Ricordiamo, poi, che i solai delle scuole sono sottoposti a carichi d'esercizio irregolari e subiscono sbalzi termici notevoli". Per questo “il governo ha inserito nella Legge 107 una linea di finanziamento dedicata proprio alle indagini diagnostiche per i solai". Tuttavia, degli oltre 7mila interventi finanziati, quelli conclusi sono poco più di mille e 400. Vale davvero la pena investire
6 miliardi su scuole così vecchie? “È impensabile sostituire tutti gli edifici esistenti in pochi anni – spiega la Galimberti - anche se c'è sicuramente la necessità di realizzare scuole che rispondano alle nuove esigenze architettoniche, energetiche, pedagogiche e sociali. Il concorso #scuoleinnovative, promosso dal Miur e finanziato con fondi Inail, ha proprio questo obiettivo", conclude.