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Lo sciopero generale, la gente in piazza e la memoria corta

Lo sciopero generale, la gente in piazza e la memoria corta di Bruno Ugolini Tutti possono ricordare quelle piazze gonfie di gente, di bandiere, di slogan. Il clima era sereno, ma determinato. Il...

01/06/2002
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Lo sciopero generale, la gente in piazza e la memoria corta
di Bruno Ugolini

Tutti possono ricordare quelle piazze gonfie di gente, di bandiere, di slogan. Il clima era sereno, ma determinato. Il motivo che univa tutti era un solo: l'articolo diciotto. La richiesta era chiara: toglietevi di mente l'idea di cancellare o ridimensionare quel pur esile scudo che protegge dai licenziamenti facili.
Non è passato molto tempo da quelle sequenze, da quei vessilli targati Cgil, Cisl e Uil e il governo, come se niente fosse, in sostanza torna alla carica. Certo, con modi diversi. Non dice più: decideremo senza di voi, cari sindacati, perché vogliamo assomigliare alla signora Tatcher.
Non dice più: decideremo subito. Estrapola, dichiara di togliere quella cosa "orrenda" - l'articolo diciotto - dalla prevista legge delega, per annegarlo in una matassa ingarbugliata e farlo però ricomparire, come il coniglio del sapiente giocoliere, in un altro cappello. Ora la nuova data riguarda il 31 luglio e un disegno di legge. Qui, in questa nuova culla, sarà sistemato l'articolo diciotto, magari rivisto, corretto, ma sempre lì. Un rinvio, dunque.
La Cgil, come aveva annunciato a più riprese, ha detto di no. Non poteva fare altrimenti, se voleva rispettare quei milioni di lavoratori messi in moto in questi mesi. Qualcuno scriverà - è facile prevederlo - che la Cgil ha compiuto, invece, solo una scelta politica, in odio a Berlusconi. C'è un dato appariscente che smentisce tale teoria.

La stessa Cgil, infatti, ha deciso di partecipare alla trattativa sugli altri "tavoli" organizzati dal governo, sui problemi del fisco, del lavoro sommerso, del Mezzogiorno. Perché questo atteggiamento diverso? Perché qui, infatti, non si era di fronte a scelte già definite non dalla sola Cgil, ma anche da Cisl e Uil e perfino dall'Ugl, piccolo sindacato di destra.

Eppure tanto Cisl quanto Uil hanno preferito aderire, senza remore, alla procedura offerta dal governo dichiarando di aver "piegato" il governo. Una "vittoria" indimostrabile. Certo, sappiamo bene che spesso, in altre vicende del genere, i vecchi e saggi sindacalisti solevano ammonire: è meglio sempre andare a vedere le carte dell'interlocutore e dunque è sempre meglio non distogliersi dal negoziato. Ai gloriosi tempi dell'autunno caldo, un secolo fa, la parola d'ordine era: "Si tratta e si lotta contemporaneamente". Nel caso dei problemi del lavoro, su quel punto dei licenziamenti, le carte però erano già state esposte e rifiutate. E insieme era stato detto che l'unica cosa che poteva fare il governo era di lasciarle fuori del mazzo.
Non è facile capire, dunque, la disponibilità avanzata da Pezzotta e Angeletti. Forse hanno visto l'opportunità di "convincere" gli interlocutori, strada facendo, nel corso della trattativa. Con il rischio, però, d'essere, come è successo spesso in questi mesi d'infinite chiacchiere e promesse, lusingati, sedotti e abbandonati.

Un sentimento questo ultimo che hanno già provato, per altri versi, altri autorevoli interlocutori: prima la Confindustria e ieri financo lo stesso governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. Interlocutori che avevano creduto alle promesse di un miracolo economico alle porte. La verità è che finora questo governo ha dato prova di tutto, ma non di serietà.

Ora il rischio è che la ferita nel movimento sindacale, abbia delle ricadute pericolose nel mondo del lavoro, provocando ulteriori, astiose divisioni. Sarebbe il risultato più dannoso dell'intera vicenda. Sarebbe invece necessario uno sforzo di recupero unitario, malgrado tutto, malgrado le diverse scelte adottate.

Con la capacità, se possibile, di andare almeno con idee e proposte comuni, non a mani vuote, o con opinioni contrastanti, al confronto con il governo, su temi decisivi come il fisco, il Mezzogiorno, il lavoro sommerso. Per portare a casa risultati e non pasticci. Per aiutare questa stessa coalizione governativa, sempre in preda ad un misto di impulsi populistici e autoritari, a trovare una linea di condotta ragionevole. Nell'interesse del Paese.


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