Licei di 4 anni? Il ministro: si può fare
Il responsabile dell’Istruzione Stefania Giannini dice: “Se i ragazzi escono prima e ben preparati non ho nulla in contrario” E si riapre una discussione su tutto il sistema.E i professori? A rischio 40mila cattedre,“ma stipendi equiparati all’Europa”
Francesca Sforza
«Ripartire dalla scuola», recita l’incipit del governo Renzi. Che non significa solo redigere la lunga lista di bisogni e carenze, ma anche fare della scuola la piattaforma su cui misurare le idee di futuro. Ha cominciato ieri il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, sollevando un tema importante ai microfoni di Radio1: «Il liceo di quattro anni? È una sperimentazione su cui ho bisogno di approfondire, ma non ho pregiudizialmente nulla in contrario perché se i ragazzi escono prima e ben preparati va bene». Il ministro ha toccato molte questioni, tra cui anche quella degli stipendi dei professori: «Sarebbe un bel passo avanti equipararli e quelli medi europei», ha detto.
Cronistoria del progetto Il primo a proporre l’abbreviamento di un anno del ciclo scolastico fu Luigi Berlinguer nel 2000. La riforma prevedeva il mantenimento dei 5 anni di liceo, e un accorpamento di elementari e medie per un totale di sette anni. I nostri studenti avrebbero così avuto la possibilità di entrare un anno prima nel circuito universitario, trovandosi alla pari con i loro colleghi europei, americani, indiani, cinesi. L’arrivo nel 2001 di Letizia Moratti al ministero dell’Istruzione segnò la fine del progetto, che non venne resuscitato dalla Gelmini né da Francesco Profumo, che pure in linea di principio si dichiarò più volte d’accordo con la riduzione del ciclo scolastico.
Un sistema in discussione Non è solo un anno di meno. La riduzione del ciclo scolastico impone una radicale messa in questione del sistema educativo. Ad esempio: ha più senso far cominciare la scuola a cinque anni o tagliare di netto l’ultimo anno di liceo?Nel primo caso bisognerebbe ripensare la scuola dell’infanzia, nel secondo quella superiore. E ripensare significa rimodulare la programmazione, introdurre o eliminare materie, e ragionare su nuovi o diversi organici. O ancora: perché non ristrutturare la scuola media, che spesso è una ripetizione allungata di cose fatte alle elementari e abbreviata di quelle che si rifaranno al liceo? Comprensibili le obiezioni del fronte sindacale, che in più occasioni, di fronte alla prospettiva di acrobatici salti nel vuoto, si è trincerato dietro il muro del «non ci sono le condizioni in questo momento», oppure «prima gli investimenti». Obiezioni frenanti, si dirà, ma indicative del fatto che le conseguenze vanno studiate su tutta la filiera, non sul singolo segmento.
Tecnici o umanisti? Nella grande piattaforma online dei siti che si occupano di scuola, da Orizzonte Scuola a Skuola.net a GoNews, si coglie un altro aspetto del dibattito che fa riflettere sull’ampiezza del problema: la tradizionale separazione tra l’ambito scientifico e quello umanistico, il primo più propenso ad abbreviare il ciclo scolastico per rendere più agile l’affaccio al mondo del lavoro o all’esperienza all’estero, il secondo con la tendenza a conservare i tempi di un apprendimento «slow», che punti all’approfondimento e alle conoscenze di lungo termine. II fattore costi Su tutti, regna sovrano l’interrogativo su costi e benefici, in assenza di nuovi fondi. La riduzione di un anno di scuola porterebbe a un risparmio tra i due e i tre miliardi di euro, e la conseguente perdita di circa 40 mila cattedre.Main alcune città le sperimentazioni sono già partite, ad esempio al liceo internazionale per l’impresa Guido Carli di Brescia o in tre licei veneti che si sono accordati con Ca’ Foscari per accedere prima all’Università. Il rischio è che si vada avanti in ordine sparso, fuori da un quadro comune di riferimento.