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Liberazione: Tutti in classe per il test, dislessici esclusi

Le prove Invalsi discriminano chi ha problemi di apprendimento

07/05/2010
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Liberazione

Immaginate una classe di quinta elementare, banchi allineati, maestra in piedi vicino alla cattedra.
Immaginate che quel giorno gli alunni devono affrontare un test nazionale che servirà al ministero dell’Istruzione per valutare l’apprendimento nelle scuole italiane. Ecco, immaginate i bambini con carta e penna. Tutti.
Tutti, tranne i ragazzini dislessici. Che sono stati convocati ma non hanno la possibilità di affrontare la prova perché è vietato usare i cosiddetti strumenti compensativi, ovvero il computer e il sintetizzatore vocale. E dunque questi bambini, non propriamente disabili e normalmente aiutati nell’apprendimento durante le ore di scuola, rimangono a guardare i loro compagni mentre loro non possono neppure leggere il testo.
E’ quello che succederà domani nelle aule di seconda elementare di tutta Italia, e poi l’11 maggio per le quinte e il 13 per le prime medie.
Il test nazionale è quello elaborato dall’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione incaricato dal ministero dell’Istruzione, che ha compiti di vigilanza su questo ente, di preparare anno dopo anno le prove di valutazione e gli esami di Stato.
L’esclusione degli alunni affetti da Dsa - disturbi specifici da apprendimento - è segnata nero su bianco nella normativa dell’Invalsi emanata a metà aprile, dove si specifica che questi bambini dovranno partecipare alle prove «nelle stesse condizioni degli altri», ovvero senza l’utilizzo del computer.
«Mio figlio, come molti altri, non potrà nemmeno cominciare il test perché per leggere ha bisogno del sintetizzatore vocale», denuncia Laura Ceccon di Vicenza, mamma di un bambino dislessico grave che però, grazie al pc, apprende velocemente come gli altri bambini. Per Laura suo figlio rischia di andare incontro ad una umiliazione: «La scuola lo include nei test ma non fornisce gli strumenti per affrontarlo. Che senso ha?».
Nella nota sugli alunni disabili, l’Invalsi scrive che possono naturalmente partecipare a discrezione dell’istituto, e che dovranno segnalare sulla scheda il tipo di disabilità. Succederà, insomma, che dislessici e disgrafici saranno costretti a consegnare in bianco. La signora Ceccon, però, come altri genitori di bambini con questo problema, ha deciso di tenere il figlio a casa e presenterà agli insegnanti la seguente giustificazione: “diritti negati”.
L’Aid, l’associazione italiana dislessia, ha scritto nei giorni scorsi una lettera all’Invalsi e una al ministero dell’Istruzione per chiedere chiarimenti. L’Invalsi ha ripetuto il concetto: impossibile consentire l’uso di materiali compensativi perché comunque queste prove non andranno a incidere sulla valutazione individuale. Quindi, anche se il test sarà consegnato in bianco perché l’alunno non è riuscito a farlo, non cambia nulla per le statistiche sull’apprendimento. Come dire: se il bambino si sente escluso, comunque il sistema Invalsi non ne risentirà.
«Qui non si tiene conto dell’aspetto psicologico», commenta Luciana Ventriglia dell’Aid: «Come è possibile discriminare in questo modo i dislessici?». Tanto più che gli ipovedenti, invece, potranno tranquillamente affrontare la prova Invalsi perché per loro il testo sarà ingrandito o fornito in lingua Braille. «E’ come se mi dicessero che devo leggere un testo senza occhiali. Se sono miope, come faccio?», riprende Ventriglia.
La normativa Invalsi, inoltre, cozza con un decreto presidenziale del 2009 che impone alle scuole di fornire materiale compensativo agli alunni disabili, tra i quali anche i dislessici - che costituiscono il 5% della popolazione scolastica e della popolazione in generale. Disturbo dell’apprendimento sottovalutato per decenni, la dislessia è ancora considerata un handicap grave quando bastano una diagnosi precoce e alcuni accorgimenti per permettere un normale apprendimento. Insomma, l’ostacolo sono la lettura e la scrittura. Ma con un pc dotato di sintetizzatore vocale, ogni alunni dislessico può affrontare tranquillamente la scuola.
Molti genitori si sono mobilitati contro le prove Invalsi dei prossimi giorni. Numerosi saranno quelli che, come Laura Ceccon, denunceranno ”i diritti negati”. Altri terrano a casa i figli senza protestare. Altri faranno scrivere ai bambini, sul foglio del test. ”Io non ci sto”.
E tutto questo in attesa di una legge specifica sulla dislessia nelle scuole che dovrebbe finalmente obbligare la società a considerare queste persone uguali alle altre.

Laura Eduati


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