Liberazione: Svimez, dal Sud via metà dei laureati
Secondo i dati della ricerca un quarto del campione utilizza "canali informali"
Secondo i dati della ricerca un quarto del campione utilizza "canali informali"
Pugliese: «Condanna all'impotenza»
Fabio Sebastiani
Il Sud è una "nazione" di 20 milioni di abitanti, un paese parecchie volte più grande del Belgio, dell´Olanda, della Svizzera e di molti altri Stati nazionali. Al momento dell´unità italiana era il più grande degli Stati italiani, il più ricco di moneta, il più avanti industrialmente (vendeva locomotive al Piemonte), il più istruito (aveva i tre quinti di tutti gli studenti universitari italiani), possedeva una flotta militare e una flotta mercantile poderose. Risultato, oggi metà degli studenti universitari del Sud, ancora impantanato nelle mille sfaccettature della "questione meridionale", dopo la laurea emigrano. Taciamo, per carità di patria, sugli altri primati bruciati. E un quarto di loro ancora usa "canali informali" per trovare lavoro, contro il 12% dei colleghi che si sono trasferiti al Nord.
A dirlo è la Svimez che a breve pubblicherà i dati di una ricerca su la Rivista ecomica del Mezzogiorno.
In breve.
La tendenza alla mobilità territoriale dei laureati del Mezzogiorno si è intensificata - si legge nello studio Svimez - a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Tra il 1994 e il 2000 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro Nord circa 850.000 persone ma anche nei primi anni del decennio attuale si sono trasferite oltre 100.000 lavoratori all'anno. La differenza, rispetto alle ondate migratorie degli anni Cinquanta e Sessanta, è nelle quantità ma anche nella tipologia dei lavoratori che si spostano. Nel 2003 il 49% di coloro che si sono spostati avevano un diploma superiore o una laurea contro il 41% del 1999. La laurea, soprattutto per i ceti sociali più bassi, riduce il rischio di disoccupazione ma non quello di trovare un'occupazione mal retribuita. I laureati del Sud che trovano un impiego al Nord spesso hanno contratti con condizioni peggiori dei loro colleghi che riescono a restare nel Mezzogiorno. Il 60,3% dei laureati meridionali che lavorano nel Centro-Nord a tre anni dalla laurea lavora con un contratto a tempo determinato contro il 41,7% di coloro che hanno studiato e trovato impiego nel Mezzogiorno. Liberazione ha intervistato Enrico Pugliese, sociologo del Cnr.
Cosa pensi di questi dati che certo non sono nuovissimi, ma proprio per questo ci ripropongo l'attualità di un male antico?
Certo, la cosa non è sorprendente.
Il rapporto Svimez è molto duro, comunque. Che il lavoro si trovi attraverso le conoscenze mi sembra abbastanza normale, insomma. Non credo che ci sia una differenza tra Nord e Sud, su questo punto. E' chiaro che se il posto è lontano da dove risiedi il rapporto con il tuo potenziale datore di lavoro è più burocratico e formale.
E comunque questi dati ci parlano di una novità...
Purtroppo la novità non è la partenza dei laureati, anzi questo è quello che si è sistematicamente verificato negli ultimi venti anni. O con la partenza dopo la laurea per lavori da laureato, e non laureato, oppure con partenze da studenti, che finiscono poi per restare nel posto dove ci si laurea. Negli anni '60 la Bocconi è una università quasi totalmente comosta da professori settentrionale. Oggi è a larga composizone meridionale. Direi che questo dato dimostra che il Sud ha una capacità di produrre intelligenze e qualifiche perché, finché dura, l'univesità è di buon livello anche e soprattutto nelle aree tecnologiche avanzate. Però poi naturalmente c'è la mancata possibilità di utilizzare in loco queste risorse. Cioè, la produzione di forza lavoro altamente qualificata è di gran lunga più alta della capacità di assorbimento da parte del mercato del lavoro locale. E' un dato consolidato. Ormai, una buona facoltà di ingegneria nel Mezzogiorno lavora sostanzialmente per esprotare i laureati.
La ricerca Svimez non tocca il tasto degli emigrati non laureati, altro fenomeno che non ha mai accennato a diminuire in modo consistente...
E' l'altro aspetto importante della vicenda. Ormai c'è la doppia partenza, dei giovani laureati scolarizzati, che in questa maniera e comunque entro certi lmiti è più protetta, e invece le partenze crescenti dei probletari in condizoni sempre più gravi, come dimostra la viceda di un paio di mesi fa della rivolta dei pendolari alla stazione Tiburtina.
Il Sud è sempre più a rischio di "gabbie salariali" o di forme di trattamento economico differnziato. Tu cosa intravvedi?
Non mi pare che ci siano grandi prospettive di sviluppo e una poltica a favore del Mezzogiorno non riesco proprio a vederla. Forse qualcosa ci sarà in futuro, ma stiamo ancora piangendo gli anni devastanti del periodo Berlusconi. Detto questo, che c'è stato un grave orientamento antimeridionalista, non è che si vedano gandi prospettive industriali probabilmente ci sarà un atteggiamento meno discriminatorio. Ma da questo a una stagione di nuovo sviluppo ci corre ancora parecchio. L'occupazione nel Mezzogiorno è bassa. Tra l'altro quando calano vuol dire poco perché il tasso di attività è basso, poi soprattutto per le donne.