Liberazione: Su Università e Ricerca il Governo cambi registro
Se i soldi non ci sono, non si può risparmiare sull’alta formazione. Non da parte di un governo che vuole riconquistare competitività sul piano internazionale
Fabio de Nardis*
Si è già detto che la legge finanziaria presentata dal Governo e discussa in questi giorni non è quella di Rifondazione. Ancora troppo timida sul piano della redistribuzione delle risorse e su quello dell’evasione fiscale, ma si è anche rilevata una significativa inversione di tendenza rispetto all’orientamento generale espresso dalle precedenti leggi finanziarie. Se quindi il giudizio generale sul testo è moderatamente positivo, non possiamo dire lo stesso relativamente al trattamento riservato a tutta l’area della conoscenza con particolare riferimento all’Università e alla Ricerca, i due comparti maggiormente penalizzati. Ciò che meraviglia è la contraddizione forte tra le dichiarazioni di principio espresse da tutta l’Unione e scritte nero su bianco sul programma della coalizione e la realtà di una legge finanziaria che, lungi dal trattare la Conoscenza come un bene comune e un settore trainante per lo sviluppo del paese, la considera altresì come un semplice capitolo di spesa su cui risparmiare. Nessuna risposta convincente si dà al problema endemico della precarietà. Registriamo un forte taglio delle risorse e una conseguente mancanza di finanziamenti in un settore già agonizzante. Si propone addirittura di dimezzare gli scatti stipendiali ai docenti universitari, decisamente non una delle categorie più pagate. Se in questo senso potremmo considerare accettabile un rallentamento degli scatti per le fasce ad alta retribuzione, applicare questo metodo a ricercatori pagati tra i 1.100 e i 1.500 euro sembra un provvedimento incomprensibilmente punitivo per una categoria già economicamente penalizzata. Il Fondo di Finanziamento Ordinario viene incrementato di 70 milioni senza quindi particolari variazioni rispetto al passato, malgrado le condizioni di grandi difficoltà che vivono Università ed Enti Pubblici di Ricerca. Il reclutamento straordinario necessario a ridare dinamismo a un sistema quasi atrofizzato è del tutto insufficiente e risente dei tanti (troppi) vincoli che la legge introduce sul campo delle assunzioni. Il blocco delle assunzioni viene confermato per tutto il 2007 e all’interno del fondo destinato al reclutamento di nuovo personale si prevede che solo il 20% sia destinato alla stabilizzazione dei precari e solo quelli che lavorano da almeno tre anni con un contratto a tempo determinato, escludendo di fatto tutte le altre tipologie contrattuali di cui Università ed Enti di Ricerca ormai si servono da tempo dentro un quadro drammatico di sfruttamento del lavoro intellettuale e di precarizzazione delle esistenze. Degli oltre 15.000 precari che lavorano presso gli Enti di Ricerca con contratti di diversa natura, solo una piccolissima parte sarebbe assunta a tempo indeterminato. Per gli anni 2008 e 2009, Università statali ed Enti pubblici di ricerca potranno procedere a nuove assunzioni solo entro il limite dell’80% delle entrate correnti complessive e delle cessazioni dei rapporti di lavoro. In questo modo le risorse liberate dai pensionamenti non verrebbero interamente riutilizzate per le nuove assunzioni e anche se così fosse, i posti resi vacanti non sarebbero sufficienti a coprire il numero dei precari attualmente occupati. Si prevede tra l’altro l’utilizzo di contratti a tempo determinato e collaborazioni che non superi però il limite del 40% della spesa sostenuta nel 2003, con una conseguente perdita di posti di lavoro. L’ultima finanziaria del Governo Berlusconi, che pure criticammo, prevedeva un tetto del 60%. » infine previsto un fondo per l’assunzione di nuovi ricercatori aggiuntivo rispetto al reclutamento ordinario, e questo è un bene. Ma è insufficiente, dal momento che prevede solo 2000 nuove assunzioni nei prossimi tre anni, quando nel precedente triennio abbiamo registrato 7000 nuovi assunti. Insomma, così proprio non va. Se i soldi non ci sono, non è sull’alta formazione che si può risparmiare. Non da parte di un Governo che vanta una pretesa di nuova competitività da riconquistare sul piano internazionale. Rifondazione Comunista non potrà sottoscrivere questi punti a meno che non si registri una volontà effettiva di inversione di rotta. Tanto per cominciare, proponiamo di elevare il Fondo di Finanziamento Ordinario da 70 a 250 milioni di euro. Dove prendere questi soldi? Semplice, è sufficiente detrarli dall’incomprensibile incremento dei finanziamenti che la legge prevede per le spese destinate ai nuovi armamenti. Sarebbe saggio, oltre che un segnale importante per tutti quegli elettori che hanno votato l’Unione su una piattaforma di cultura e di pace.
*Dipartimento Università e Ricerca Prc