FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3795939
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Liberazione-Scuola per le persone o scuola per il prodotto?

Liberazione-Scuola per le persone o scuola per il prodotto?

Scuola per le persone o scuola per il prodotto? Sabato manifestazione contro la Moratti Rina Gagliardi Qualunque storico dovesse riassumere in poche battute quali furono le riforme de...

13/05/2005
Decrease text size Increase text size
Liberazione

Scuola per le persone o scuola per il prodotto?
Sabato manifestazione contro la Moratti
Rina Gagliardi
Qualunque storico dovesse riassumere in poche battute quali furono le riforme del primo centrosinistra (quello a ridosso dei '60), risponderebbe così: la nazionalizzazione dell'energia elettrica, e la nascita della scuola media - unica - dell'obbligo. Potrebbe aggiungere, quello stesso storico, che quest'ultima è stata una delle poche riforme vere che sono state realizzate e che hanno mutato, in profondità, la società italiana. Vi ricordate quanto intenso fu, in effetti, il dibattito che la precedette e la accompagnò? Le polemiche furibonde sul latino perduto (il rosa, rosae da cui fino ad allora iniziava la I media) e sull'inevitabile appiattimento culturale che ne sarebbe seguito? Dopo quegli anni, dopo quella felice stagione riformatrice (che conobbe nel '68 la sua onda lunga e alimentò i movimenti degli anni '70), la scuola e i suoi problemi non sono più riusciti a conquistare la centralità dell'agenda politica. Un altro, non il più piccolo, degli errori compiuti, a ripetizione, dai governi della prima repubblica. Un limite che, anche in anni recenti, ha attraversato la stessa sinistra moderata.
Anche da questo punto di vista, dunque, le tre giornate che, da oggi, vedranno di nuovo protagonista il mondo della scuola meritano un'attenzione particolare. L'appuntamento promosso dal Tavolo "Fermiamo la Moratti" è ricco e impegnativo: due giornate di dibattito e riflessione e, domani, una manifestazione nazionale - la prima manifestazione sociale contro il Berlusconi bis. Ma, soprattutto, cerca di coniugare la battaglia - urgente e non ancora vinta - contro le politiche del centrodestra incarnate dal ministro Moratti con una proposta per il futuro. Un'idea dell'educazione, del sistema d'istruzione, del sapere e della ricerca che rimettono al centro la "scuola repubblicana" e i suoi valori forti - laicità, pluralismo, eguaglianza, criticità, tolleranza. Un'idea, questa sì, moderna, che spazza via tanto le illusioni "modernizzanti" (il modello americano o americanizzante che negli stessi Usa è da più parti messo in discussione) sia le opzioni privatistiche (di natura clericale o confindustriale che siano). Insomma, una proposta radicale e unitaria - oggi fortemente condivisa dalle sinistre, dai movimenti di base, dai sindacati, insomma dalle forze attive del mondo dell'istruzione - che deve diventare un "pezzo portante" del programma dell'Unione, e dell'alternativa a Berlusconi.

Troppo spesso, in effetti, si tende a dimenticare che la scuola determina largamente la faccia di un paese - e in specie la sua faccia futura, visto che quello che si impara sui banchi delle elementari (e nelle aule universitarie, per chi ci arriva) influenza l'intera vita adulta di una persona. E' pur vero che oggi i luoghi dell'apprendimento sono tantissimi - molti di noi, quando vogliono soddisfare una qualunque curiosità o avere un'informazione, cliccano quasi d'istinto su Google o Wikipedia, piuttosto che attivare una lunga ricerca in biblioteca. E' vero anche che per tanti ragazzini la Tv svolge un ruolo tanto preponderante quanto improprio di "maestra di valori". Ma non è vero affatto che la scuola non svolga più una funzione decisiva nella formazione - specie nella formazione di base - e nella crescita culturale delle persone: al contrario, dalla scuola dipende a tutt'oggi, nel bene e nel male, lo sviluppo delle attitudini fondamentali. Come la capacità di impadronirsi, o meno, degli alfabeti, dei codici, delle "griglie" che servono poi, nel resto della vita, a orientarsi nella complessità del mondo, a poter scegliere, a coltivare l'arte di imparare. Come, per dirla con una formula schematica, la capacità di non diventare mai un suddito.

Se queste considerazioni sono fondate, ne discendono due conseguenze logiche.

La prima è che non solo a scuola bisogna starci di più, almeno fino a diciott'anni, ma che è essenziale l'allargamento per tutti della formazione unitaria.

Bisogna proprio rovesciare radicalmente la strategia di Letizia Moratti (e di paesi come la Gran Bretagna), fondata sulla selezione (o "canalizzazione") precoce dei ragazzi: in virtù della quale, la scelta dirimente - quella che deciderà se si continuerà a studiare o si finirà nel ghetto della formazione professionale, se si diventerà professionisti o forza-lavoro precaria e a basso costo - avviene prima della pubertà. C'è un fatto classista e di censo, naturalmente, nelle controriforme morattiane: dove si esprime, appunto, una limpida arroganza di classe e una autentica vocazione restauratrice, verso i tempi in cui il sapere e la cultura erano riservati ad una élite ristretta (oggi dette "scuole di eccellenza").

Rina Gagliardi
Ma c'è, perfino, qualcosa che va oltre: c'è la cecità di una borghesia che è diventata completamente incapace di pensare al di là dei propri interessi immediati - del proprio naso. Più la scuola pubblica si degrada, più va indietro l'insieme della società. Più arretra l'acceso di massa all'istruzione, più un Paese di blocca - e finisce in fondo alle graduatorie, come accade oggi all'Italia. Ecco quello che una parte ampia delle classi dominanti proprio non capiscono.
La seconda conseguenza è che, dunque, la scuola del futuro dovrà essere il più possibile sganciata dalle esigenze del "mercato del lavoro" e dalle voraci esigenze dell'industria: per uscire dal declino italiano, insomma, serve il rilancio di una scuola qualificata e di massa, a tutti i livelli, piuttosto che di una moltiplicazione di "diplomifici" e qualifiche specifiche. Una riflessione che vale anche per chi, nel centrosinistra, continua - fondatamente - a denunciare, tra i limiti attuali, la carenza di una buona formazione tecnica e scientifica e ne trae però la conclusione (come ha fatto per esempio lo stesso Romano Prodi) che "servono più ingegneri". In un'epoca, come questa, di straordinaria e continua evoluzione, proprio dal punto di vista tecnologico, la virtù centrale non può che essere quell'attitudine critica, ovvero quella capacità di cambiare, aggiornarsi, reimparare in tempi rapidi, che nessuna scuola "tecnica" o specializzata può dare - nemmeno una laurea in ingegneria che rischia di diventare obsoleta nel giro di pochi anni. Altro conto, certo, è la crescita della formazione scientifica per tutti, e l'incremento obbligatorio della ricerca di base (se si vuole evitare che qualsiasi giovane brillante, di nascita italiana e desideroso di fare da grande il ricercatore, sia costretto ad emigrare). Altro conto ancora sarà poi il passaggio dalle chiacchiere alla pratica. Ma se l'Unione vuole davvero vincere, oltre la crisi quasi ormai scontata del centrodestra, non può che assumere quest'impegno: essere il governo di una nuova scuola della repubblica.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL