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Liberazione-Riforma Moratti, irrisolto il problema del fare cultura

Scrivere, leggere e far di conto non tornano nelle aule italiane. E il nuovo decreto cosa propone? Tagliare tempi di studio, programmi, numero di ore a disposizione Riforma Moratti, irrisolto il pro...

22/06/2005
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Liberazione

Scrivere, leggere e far di conto non tornano nelle aule italiane. E il nuovo decreto cosa propone? Tagliare tempi di studio, programmi, numero di ore a disposizione
Riforma Moratti, irrisolto il problema del fare cultura
Tiziano Tussi
Molti indicatori europei sullo stato di salute delle nostre scuole ci posizionano agli ultimi posti della graduatoria di merito. Scrivere, leggere e far di conto non tornano nelle aule del Bel paese. E la riforma Moratti cosa propone? Tagliare tempi di studio, programmi, numero di ore a disposizione. Una bella ricetta per uccidere un moribondo. Siccome fare cultura diventa sempre più difficile, stando la situazione generale della scuola in Italia, cosa c'è di meglio che bastonare il can che affoga? Forse il segreto sta nel favorire le scuole private? Forse si pensa che lo zippare programmi e percorsi di studio, tagliare le ore dei vari corsi sia una panacea modernista per ogni male?
Sta di fatto che questo dicono le direttive della riforma Moratti. Meno ore obbligatorie, cui è possibile aggiungere poche altre ore, due/tre, di tempo opzionale, ma obbligatorio, da scegliere tra una gamma ben precisa e decisa dalle famiglie, e poche altre assolutamente facoltative, in special modo negli anni finali del ciclo.

A tutto questo si aggiunga che la valutazione dovrà seguire una nuova divisione per bienni. Due anni invece di uno da giudicare per gli insegnanti, su cui giocare per gli studenti. Sarà più possibile decidere e quindi premiare o sanzionare uno studio positivo o negativo in particolar modo alla fine dei due cicli in cui è diviso l'ultimo livello di studio. Gli anni dispari saranno in pratica una specie di limbo scolastico, nel quale ci si arrangerà come possibile. Per bocciare infatti vi dovranno essere particolari e pesanti motivazioni? Non basta il non aver studiato? Forse no! Confusione e labilità d'interpretazione che lasciano libero sfogo a diverse interpretazioni.

Cinque anni diviso due, ne avanza uno, l'ultimo, nel quale vi sarà un lavoro di cesellatura e di ridefinizione, ma anche di orientamento e similare?

A fronte del costante aumento di nozioni e concetti da apprendere, sottolineare, apprendere, rielaborare. Con i programmi disciplinari che tendono naturalmente ad allargarsi ecco che la scuola risponde con una specie di baby-sitteraggio in previsione della facoltà universitaria da seguire. Una contraddizione. Comportamento che lascia indifeso, per molti versi, il tentativo di contrastare l'ignoranza giovanile, continuamente rintuzzata da isole di cultura nelle aule scolastiche, proprio per permettere ai giovani studenti di affrontare al meglio la carriera universitaria, la loro vita futura.

Nello stesso tempo si reintroduce il rapporto tra il comportamento quotidiano in classe e la valutazione finale. Lo scrutinio alla fine del quinto anno, per l'ammissione all'esame di maturità, ora scomparso, si ricollega, nella riforma in atto, ad un congruo numero di ore frequentate, quale modalità necessaria per potere essere promossi alla classe successiva, ed ammessi all'esame di maturità.

Nel contempo, non viene minimamente intaccato il grande circo dei crediti/debiti formativi.

Insomma una riforma che va nel senso di costruire esteriormente buoni studenti, come poi gli stessi dovranno esser buoni cittadini. Leggendo buoni come acquiescenti ad una forma esteriore, conformista e rituale. I problemi del fare cultura rimangono intatti, mentre si potranno così risolvere quelli del fare silenzio ed ubbidire.


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