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Liberazione-Riforma Moratti della secondaria superiore: il pericolo si chiama "sperimentazione"

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11/07/2005
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Liberazione

Riforma Moratti della secondaria superiore: il pericolo si chiama "sperimentazione"

Riforma Moratti della secondaria superiore:
il pericolo si chiama "sperimentazione"
Luigi Saragnese
Non saranno mesi facili quelli che attendono la scuola italiana fra l'avvio del nuovo anno scolastico e le elezioni politiche del prossimo anno.

Tutti i movimenti del governo e del ministro stanno lì a dirci che non si limiteranno all'ordinaria amministrazione, al "disbrigo degli affari correnti", come se fossero in procinto di fare le valigie, ma che utilizzeranno il tempo rimanente per completare il loro progetto e, diciamo noi, per procurare ulteriori guai al nostro sistema di istruzione. Mi riferisco, ad esempio, alla tormentata vicenda delle assunzioni in ruolo di docenti e Ata e alla minacciata riconversione obbligatoria del personale cosiddetto "in esubero", al disegno di legge sulla docenza universitaria che continua il suo iter parlamentare, a quello sullo stato giuridico degli insegnanti di cui è ripresa la discussione in Commissione, alla nuova tornata di prove Invalsi per le scuole elementari e medie che saranno svolte, questa volta anticipatamente, all'inizio dell'anno scolastico, nei giorni dal 28 novembre al 2 dicembre e, per finire, alla richiesta di sperimentare i nuovi ordinamenti previsti per le superiori, già con l'inizio del nuovo anno scolastico.

Siamo dunque di fronte ad un disegno nient'affatto pasticciato, che vuole portare a compimento, seppure con le contraddizioni e gli inevitabili "inciampi" sul percorso, il progetto morattiano di smantellamento della scuola pubblica, anticipato, come molti ricorderanno, all'indomani del suo insediamento nell'estate del 2001 in una lettera a Tremonti.

Sulla riforma della secondaria, ultima creatura della signora Bricchetto-Moratti, registriamo un particolare attivismo fatto di conferenze stampa, incontri con gli assessori regionali e, come abbiamo appena ricordato, di una nuova proposta di anticipo sperimentale della riforma della secondaria. Anche qui, siamo nel solco di ciò che ha caratterizzato tutta l'azione del centrodestra sulla scuola in questi anni: superare l'ostacolo costituito dalla forte opposizione di massa di genitori, insegnanti e studenti e dalle critiche pressocché unanimi del mondo della cultura, con provvedimenti amministrativi, a colpi di circolari che annunciavano la sperimentazione di questo o quel provvedimento il cui iter era ben lontano dal compimento. E' avvenuto così per la legge 53 per la parte relativa alla scuola primaria e alla scuola media, come per i percorsi di "istruzione e formazione professionale", anticipati sin dal 2002 dagli accordi Stato-Regione. Niente di nuovo sotto il sole dunque. Ma veniamo al merito.

Con un documento inviato al Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione il 30 giugno 2005, il ministro dell'Istruzione ha messo a punto un piano per far partire dal prossimo 2005, e dunque con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto dalla legge n. 53/2003, i nuovi licei, i campus, la nuova articolazione di discipline e orari, utilizzando l'autonomia scolastica. Il ministro accompagna il progetto con considerazioni nelle quali si esalta il "clima favorevole" che a suo dire si sarebbe creato intorno al progetto di sperimentazione. L'anticipo della riforma servirebbe a promuovere un processo di "graduale innovazione" che renderebbe le istituzioni scolastiche "protagoniste del passaggio".

La sperimentazione, da svolgersi all'interno delle regole fissate dall'art. 11 del Dpr 275/99, riguarderà solo gli studenti del primo anno, dovrà essere deliberata dal Consiglio di istituto su progetto specifico approvato dal collegio dei docenti; potrà essere anche solo parziale, non dovrà comportare oneri aggiuntivi e dovrà utilizzare le risorse (leggi organici) che le scuole hanno già.

Una volta approvato, il progetto dovrà essere inviato alla direzione scolastica regionale, che dovrà verificare la fattibilità. I licei potranno scegliere quale profilo ordinamentale realizzare: i piani di studio personalizzati, e i cosiddetti campus per l'integrazione con i percorsi di istruzione e formazione professionale..

Che si tratti di una iniziativa propagandistica, simile a quelle alle quali il ministro ci ha abituato, è fin troppo evidente, troppe sono le omissioni, le contraddizioni nelle quali il testo cade: si parla di sperimentazioni anche parziali, ma non si capisce a cosa ci si riferisca; si parla di "campus" ribadendo che è necessario raccordarsi con "le regioni impegnate nell'attuazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale", dimenticando che l'istruzione e formazione professionale" non esiste non avendo le Regioni deliberato in merito e, anzi, avendo preannunciato una ferma opposizione. Non parliamo poi delle incertezze presenti nel testo stesso del decreto sugli istituti professionali dei quali nessuno oggi è in grado di dire quale sarà il loro destino.

Se le cose stanno così, occorre allora preparare le scuole, soprattutto gli istituti tecnici e professionali, a rispondere in maniera adeguata sin dai primi giorni dell'anno scolastico. Non bisogna sottovalutare l'attivismo che certamente, ancora una volta, vedrà protagonisti direzioni regionali, Csa e molti dirigenti scolastici, sempre pronti ad unire le minacce ("finirete alla formazione professionale") e le blandizie (promesse di nuovi finanziamenti).

E' necessario ribadire che la riforma non è ancora legge e che conseguentemente nessuno può essere obbligato a sperimentare, ma soprattutto ricordare le conseguenze negative che l'attuazione della riforma provocherà non solo sul sistema scolastico del nostro paese, sul livello culturali dei suoi cittadini, ma anche le pesantissime ricadute sull'occupazione per decine di migliaia di insegnanti e Ata.

La riforma che serve alla scuola italiana non ha bisogno di anticipare o sperimentare, ma di cancellare la legge 53.


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