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Liberazione: Ricerca, il governo promette 110 milioni

Il Parlamento discute a oltranza la manovra, ma in serata si era solo all’articolo 10. Il governo deve sciogliere il nodo della fiducia

15/11/2006
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Liberazione

Gemma Contin
Altra giornata “di passione”, ieri alla Camera dei deputati, con l’accantonamento dell’articolo 8 sulla “tassa di scopo” (approvata solo a fine serata), con l’abolizione dell’articolo 9 sulla tassa di soggiorno, con tutti gli emendamenti decaduti di conseguenza, e con fondi la cui copertura diventa così solo temporanea, ha detto il relatore Michele Ventura a proposito dei Fas: i fondi per le aree sottoutilizzate, sollevando le proteste delle opposizioni.
Soddisfatto il capogruppo del Prc-Se in Commissione Bilancio, Andrea Ricci, che ha dichiarato: «L’abolizione della tassa di soggiorno accoglie una nostra richiesta e risponde a criteri di giustizia sociale, legittimità costituzionale e difesa dell’immagine dell’Italia».

«Avevamo presentato un emendamento per la soppressione di questo articolo - spiega - perché lo consideravamo difficilmente applicabile in quanto avrebbe leso l’immagine turistica del nostro paese nel mondo e perché avrebbe penalizzato il turismo cosiddetto “povero” e di massa». C’è poi un motivo di ordine costituzionale, insiste il deputato di Rifondazione, «che riguarda la libera circolazione di tutti nel nostro Paese e che giustificava il nostro parere contrario. Bisogna capire che le città d’arte non sono proprietà esclusiva dei sindaci o degli enti territoriali, ma fanno parte del patrimonio universale».

Ma la cosa che ieri ha fatto andare in tilt il sistema di votazione su emendamenti e subemendamenti, è stata la dichiarazione del capogruppo della Rosa nel Pugno Roberto Villetti, che ha minacciato di astenersi su tutte le votazioni se non verrà garantito il ripristino delle risorse per la Ricerca: «La decisione di astenerci è stata presa in una riunione del gruppo parlamentare - ha detto l’esponente socialista - dopo che una serie di incontri con la maggioranza non ha portato ad alcuna decisione».

Nella confusione di questi giorni sono in molti a cercare visibilità sui media, anche fuori tempo, dato che per “emendare” tali dotazioni bisogna arrivare all’articolo 53, mentre la discussione sulla manovra è arenata all’articolo 10 che reca “Disposizioni in materia di imposte provinciali e comunali”.

Articolo che, come è facile immaginare, ha provocato una caterva di interventi con decine di subemendamenti presentati dal centrodestra, tanto da generare una sorta di ingorgo procedurale, anche per l’inesperienza della giovane vicepresidente della Camera Giorgia Meloni (An) che avrebbe dovuto governare l’Assemblea all’inizio della seduta pomeridiana ma che è finita con grande imbarazzo per sgovernare quel po’ di discussione che continuava ad attorcigliarsi nelle code dei subemendamenti, in una bolgia di interventi dei deputati, del relatore, del sottosegretario Enrico Letta a nome del governo, il quale ha anticipato l’idea di andare a una riformulazione dell’articolo 53 (“contenimento della spesa”) per quanto riguarda alcune «esclusioni eccezionali», tra cui i tagli «alle università, alla protezione civile e al fondo per le aree sottoutilizzate», con specifico riferimento al Mezzogiorno, per il quale il sottosegretario ha annunciato un apposito incontro tra i ministri Padoa Schioppa e Bersani e il viceministro D’Antoni (con delega per il Sud) al fine di trovare i fondi di copertura «in un eventuale passaggio emendativo in Senato».

Bailamme tra le file delle opposizioni; Parlamento in panne; proprio mentre montava anche il panico per il voto a Palazzo Madama (dove seppure la Rosa nel Pugno non ha alcun senatore c’era stata la minaccia di astensione della senatrice a vita Levi Montalcini) che nel pomeriggio ha iniziato la discussione sul decreto fiscale.

In serata l’impasse è parsa rientrare, quando il ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi, dopo un incontro con Tommaso Padoa Schioppa, ha annunciato che erano stati “trovati” 110 milioni di euro, precisando che «si tratta di risorse in più: 60 milioni già previsti in un emendamento, più 50 milioni “nuovi”». Un fatto positivo, ha detto Mussi, «ma occorre un ultimo sforzo per avere una situazione non di abbondanza ma per poter dire “si riparte”».

Si riparte, ma i tempi si fanno sempre più stretti: «Il regolamento - ammonisce il ministro Vannino Chiti - prevede che il ramo del Parlamento che esamina in prima lettura la Finanziaria debba licenziarla entro 45 giorni. Questo termine scade giovedì 16 novembre».

Ma per Gianfranco Fini, intervenuto nella discussione sulla copertura dei fondi per il Mezzogiorno, «la Finanziaria deve ritornare in Commissione perché non è ammissibile che sia concepita in progress».

Ne è nata una polemica con il presidente della Camera Fausto Bertinotti il quale ha stabilito invece che la discussione vada avanti senza interruzioni, «poiché i rilievi avanzati dal presidente di Alleanza nazionale a nome del centrodestra sono relativi ad articoli oltre il 50, mentre attualmente l’Aula sta ancora esaminando l’articolo 8».

Domani è un altro giorno. L’ultimo.


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