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Liberazione: Non si può tagliare l’istruzione

Lettera aperta al governo di Pietro Folena

20/10/2006
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Liberazione

Caro Presidente Prodi, cari Ministri

la vicenda dei tagli all’Istruzione, previsti in Finanziaria, ha assunto una valenza politica generale che rischia di annebbiare quanto di positivo è pure previsto nella manovra.

In commissione Cultura abbiamo provato ad intervenire per ridurre l’entità dei tagli. In parte ci siamo riusciti con l’accordo di tutti. Ma molte questioni sono state rinviate all’esame successivo della commissione Bilancio.

Ne segnalo tre in particolare:
1) che senso ha assumere 150mila insegnanti a tempo indeterminato, se poi si procede a ridurre indiscriminatamente il numero di alunni per classe? Perché li assumiamo? Solo perché sono precari ed hanno il sacrosanto diritto ad avere un posto di lavoro sicuro? Sì, anche per questo. Ma soprattutto perché la scuola pubblica ha bisogno di certezze per dare qualità. Ridurre il numero di insegnanti per classe, in molti casi ha l’effetto di ridurre la qualità. Serve rivedere l’articolo 66 della Finanziaria per evitare che la riduzione del numero di insegnati sia imposta con un parametro numerico generalizzato. Tutti sanno che in determinate situazioni c’è un eccesso di insegnanti rispetto agli alunni, ma in altri casi, invece è il contrario. E’ necessario quindi cancellare o modificare tale riduzione in modo che il Ministero possa lavorare ad una razionalizzazione che non pregiudichi la qualità dell’insegnamento;
2) l’abolizione delle graduatorie come metodo di reclutamento degli insegnanti è positiva, ma vanno salvaguardati i diritti finora acquisiti: che fine faranno gli insegnati precari non assorbiti dal piano triennale? Il mondo della scuola è preoccupato dalla prospettiva che anni di insegnamento non valgano più a nulla. Occorre necessariamente introdurre una clausola di salvaguardia che garantisca i diritti di questi lavoratori;
3) l’obbligo scolastico è (scusate la banalità) obbligo scolastico: non può essere assolto se non nella scuola. Così abbiamo stabilito nel programma dell’Unione. Qualsiasi altra forma esula da quel programma e noi, credo, siamo tutti vincolati politicamente da quel testo.

La scuola non è un settore qualsiasi della spesa dello Stato. E’ un investimento fondamentale. Senza una buona scuola pubblica è inutile fare previsioni di crescita dell’economia ed è inutile rispettare i parametri di Maastricht. Senza una buona scuola pubblica (e senza una buona Università e una buona Ricerca) il Paese andrebbe verso il declino, in ogni caso. E con esso evidentemente anche le finanze pubbliche.

Sono sicuro che di questo il governo si renda perfettamente conto e che quindi darà parere favorevole agli emendamenti che la maggioranza ha presentato in commissione Bilancio.

Cordiali saluti.

On. Pietro Folena


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