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Liberazione-Le bugie della ministra, l'importanza dei movimenti

Non solo genitori e docenti, ma l'intera società sente l'istruzione come un valore in sé Le bugie della ministra, l'importanza dei movimenti Lo spot morattiano, sulla riforma della scu...

23/04/2004
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Liberazione

Non solo genitori e docenti, ma l'intera società sente l'istruzione come un valore in sé
Le bugie della ministra, l'importanza dei movimenti
Lo spot morattiano, sulla riforma della scuola, raggiunge uno dei punti più alti della pratica mistificatoria, di cui questo governo sembra non poter fare più a meno, come si vede nelle vicende di questi giorni in Iraq o nei confronti di tutte le questioni sociali in campo, a partire dalla previdenza. "La scuola che cresce come te" costituisce una vera e propria inversione della realtà.
La riforma ed i vari provvedimenti su scuola, università e ricerca non fanno altro che "ridurre" l'intero sistema formativo, dalla scuola dell'infanzia in su, e lo fanno così pesantemente e palesemente da provocare reazioni in settori dell'informazione e della cultura, latitanti da tempo immemorabile o peggio "accomodanti" sui temi dell'educazione. Ciò denuncia una debolezza intrinseca delle politiche del governo su questo terreno, messa in luce non solo da movimenti sostenuti prevalentemente da genitori ed insegnanti, ma anche da un senso comune, che percepisce l'istruzione come un valore sociale.

Come spiegarsi altrimenti la blindatura mediatica che accompagna la politica della Moratti, emersa così scandalosamente nelle recenti trasmissioni televisive?

Come giustificare lo sperpero (di questi tempi!) di denaro pubblico, con l'invio agli insegnanti di agende natalizie in tutte le scuole, per propagandare le virtù della riforma, a cui ha fatto seguito lo spot televisivo "la scuola che cresce&"?

Il depotenziamento della contestazione, l'occultamento dei dati di fatto, come la negazione sfacciata della cancellazione del tempo pieno, la pressione autoritaria sui collegi docenti da parte dei dirigenti o sugli stessi dirigenti scolastici da parte di quelli regionali, sono le armi che la Moratti utilizza per imporre una retrocessione epocale sul diritto allo studio.

Per questo la resistenza in campo ha bisogno di tempi lunghi, dimensioni ampie e capacità propositiva, per reggere lo scontro. Ha bisogno di chiudere l'anno scolastico con iniziative "ponte", che pongano fin da ora le condizioni per una ripresa della mobilitazione dall'inizio del prossimo.

L'allargamento del movimento a tutto il territorio nazionale e a tutti i livelli d'istruzione, compresa l'università, è l'obiettivo che anche la prossima scadenza del 15 maggio deve raggiungere.

Ai coordinamenti, che hanno promosso la manifestazione a Roma dello scorso gennaio, prevalentemente impegnati nella difesa del tempo pieno, si sono aggiunte scuole medie e scuole superiori. La prossima mobilitazione offre l'occasione per arrivare dove fino ad ora non si è potuto, coinvolgendo scuole e territori che possono offrire energie fresche al movimento, nonché unire scuola, università e ricerca in un'unica grande vertenza sul diritto alla conoscenza.

Le adesioni alla manifestazione di metà maggio dovranno dare il senso dell'allargamento, non solo con il coinvolgimento di altre organizzazioni, che in qualche modo di questi problemi si occupano, ma anche con quello di altre categorie di lavoratori, associazioni culturali, amministrazioni locali.

La società civile, nel suo complesso, dovrebbe dare prova di saper difendere il sistema d'istruzione della Repubblica e porre la questione della sua riqualificazione, a partire dalla richiesta del ritiro dei provvedimenti della Moratti e dell'immediata destinazione di risorse adeguate a scuola, università, ricerca.

Un bell'impegno una manifestazione a metà maggio se si considera il poco tempo a disposizione, la lunghissima ed impegnativa mobilitazione di quest'anno, ma proprio le lotte realizzate meritano una conclusione, che pone le condizioni per una ripresa della mobilitazione a settembre, magari con forme nuove ed originali. La creatività e la radicalità, che si stanno esprimendo, come forme di lotta, su questi temi, consentono anche la pratica dell'obbiettivo di un fare scuola più rispettoso della soggettività degli allievi.

Tutti i luoghi del sapere possono diventare i presidi di relazioni più ricche e pacifiche e di quella criticità così minacciata dalla carota dei messaggi pubblicitari, per una conoscenza funzionale solo ai consumi, e dal bastone delle nuove forme di esclusione riservata a settori sempre più larghi della società.

Loredana Fraleone


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