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Liberazione-La riforma, i quiz e i crediti

La riforma, i quiz e i crediti L'importante è valutare, mica insegnare Tiziano Tussi E' diverso tempo, circa dieci anni, che la scuola è diventata terreno di improvvisazione selvaggia. Avev...

06/02/2002
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Liberazione

La riforma, i quiz e i crediti
L'importante è valutare, mica insegnare
Tiziano Tussi
E' diverso tempo, circa dieci anni, che la scuola è diventata terreno di improvvisazione selvaggia. Aveva iniziato D'Onofrio con l'abolizione degli esami di settembre alle superiori. L'improvvisazione è continuata con il duo Berlinguer-De Mauro anche sul crinale della valutazione. Berlinguer si è inventato i crediti scolastici che non paiono proprio un sistema razionale di controllo delle capacità dello studente. In pratica, viene rimandata nel tempo la comprensione di uno spezzone di lavoro scolastico. Ogni insegnante sa che l'organizzazione del sistema dei crediti fa acqua da ogni lato. Il loro superamento viene affidato all'improvvisazione di ogni collegio docenti ed addirittura di ogni singolo consiglio di classe: test, quiz, prove mirate, colloqui approntati ad ogni momento dell'anno scolastico successivo, che può prendere sia un mese che un anno di tempo. L'ex ministro De Mauro aveva ipotizzato che la valutazione di ogni studente della scuola dell'obbligo si sarebbe sostanziata proprio all'ultimo anno di tale percorso. Per tutti gli anni intermedi ci si sarebbe dovuti avvalere solo di una certificazione delle sue capacità. Ora anche il ministro Moratti ha inventato una valutazione ogni due anni a partire dalla prima elementare. Si può leggere sul sito Internet del ministero, alla voce Riforma dei cicli, per il problema della valutazione: "Abbiamo voluto assicurare più rigore nella valutazione sia degli apprendimenti sia del comportamento. E' confermata la valutazione periodica e annuale, effettuata dai docenti. Viene introdotta ogni due anni la valutazione dei periodi didattici. Si è promossi o respinti ogni due anni ai fini del passaggio al periodo successivo". Alcuni "nonsense": una valutazione lunga che non si capisce a che titolo avvenga. Perché ogni due anni, e non tre o addirittura una per ogni ciclo. Le ripetizioni, che sarebbero quindi più probabili anche in terza elementare, dato che il primo anno dello stesso ciclo è riservato all'accoglienza, riguarderebbero due anni di programma ma uno reale di ripetenza. Non si capisce perciò cosa si dovrebbe ripetere! Questa somma approssimazione potrebbe dare quindi trasformare tale valutazione in un puro proforma, non volendo accanirsi sui giovani, oppure si sostanzierebbe come una persecuzione. Pensiamo cosa sarebbe una doppia bocciatura nel corso del curricolo scolastico classico: ben quattro anni di buco disciplinare. Assurdo. Ma la vera domanda è: perché tutta questa improvvisazione? O gli ultimi ministri sono strutturalmente incapaci di capire le dinamiche scolastiche, fra l'altro non ricordandosi più nemmeno della loro storia scolastica, oppure hanno in mente un modello di scuola assolutamente funzionale alle necessità delle attuali forme di capitalismo. La formazione di giovani lavoratori non necessita più livelli di saper fare, scegliere e di saper cercare. Basta essere genericamente capaci di poche e basilari attività di comprensione per poi schiacciare tasti di macchine sempre più complesse e capaci che altri hanno progettato e costruito. Il problema della valutazione si trova perciò strettamente intrecciato con quello dell'educazione. Necessaria appare una richiesta di seria valutazione non punitiva, non meramente selettiva, ma effettiva. È dalla riforma Gentile che la scuola italiana non viene investita da una riforma generale che sviluppi un chiaro significato di intervento rispetto agli obiettivi che si intendono perseguire. La riforma Moratti, o almeno i suoi tentativi, nascondono solo una fortissima volontà di depotenziare la carica rivoluzionaria che la cultura, sempre, porta con sé.


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