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Liberazione-Il governo cambi politica riguardo la ricerca e la scienza italiana

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22/07/2004
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Liberazione

Il governo cambi politica riguardo la ricerca e la scienza italiana,
Il governo cambi politica riguardo la ricerca e la scienza italiana, smettendo di considerarla una spesa da tagliare per "fare cassa" e dotando invece questo settore di maggiori fondi. A chiederlo è l'Anpri-Cida, l'Associazione rappresentativa dei ricercatori e delle alte professionalità della ricerca che, in vista del Dpef, ha inviato al Governo un messaggio nel quale sottolinea come, "pur in presenza di precisi impegni presi in sede Europea per un consistente aumento dell'impegno in ricerca, l'Italia continui a permanere nelle posizioni di coda nella classifica europea degli investimenti, sia finanziari che di risorse umane".
Una scelta che sta penalizzando il nostro paese sia sul piano culturale ("La scienza - ricorda l'Anpri - è un bene che ha un valore in sé non solo come obiettivo da raggiungere ma come mezzo per scegliere gli obiettivi") che su quello economico, come dimostra la perdita di competività delle imprese italiane. "Per risalire la china è quindi necessario - osservano i ricercatori - uno sforzo eccezionale che può essere paragonato a quello che ci ha consentito a suo tempo di rientrare nei parametri di Maastricht e nel quale ognuno, pubblico o privato, deve fare la sua parte". Per l'Anpri-Cida, infatti, "la responsabilità di questa situazione" non è solo del settore pubblico, "che tuttavia naviga ben al di sotto del previsto 1% del pil e che, come verificatosi anche nella recentissima "manovra", continua a considerare la spesa in ricerca come una delle spese che possono essere tagliate per "fare cassa"". Altrettanto colpevole, tuttavia, è il settore privato, che investe ancora meno del pubblico: meno dello 0,5%.

"Non si tratta peraltro - continuano i ricercatori - solo di una questione di maggiori finanziamenti. Esistono anche altri problemi della scienza e degli scienziati italiani che hanno ormai carattere cronico". Tra questi gli esponenti dell'Anpri-Cida ricordano la necessità di maggiore immagine e rilevanza della scienza, dalla scuola ai mass media, alla divulgazione ed il riconoscimento di autorevolezza ed autonomia della comunità scientifica da parte della classe politica e degli apparati dello Stato. Ma non è tutto. L'Anpri-Cida, infatti, solleva anche il problema dello status del personale docente e scientifico della scuola, dell'università e della rete di ricerca pubblica, il deterioramento dei meccanismi meritocratici a favore di quelli di potere, partitici e sindacali, la mancanza di una politica della ricerca e di incoerenza tra parole e fatti e lo scarso peso e ruolo scientifico europeo e internazionale dell'Italia.

L'Anpri, quindi, reclama in particolare "una inversione di tendenza per quanto riguarda la politica nei confronti dei ricercatori degli Enti pubblici di ricerca, svantaggiati quanto a status, definito del tutto inusualmente dalla contrattazione sindacale, al trattamento economico, alle prospettive di carriera, tipicamente scarse, al ruolo nel governo e nella programmazione scientifica dei rispettivi Enti". "Inoltre, - afferma ancora l'associazione - buona parte dei ricercatori deve operare in Enti in fase di perenne "riordino" e in cui il sottofinanziamento è ormai cronico". Per i ricercatori, invece, "la ricerca pubblica ha bisogno di un quadro di riferimento stabile e coerente, che preveda finanziamenti pluriennali certi e adeguati, soggetti ad una seria valutazione, e una politica della ricerca, nonché di reclutamento e carriera del personale scientifico, credibile e di lungo respiro".

L'Anpri afferma che è "pertanto necessario ed urgente che si realizzi lo stanziamento dei fondi necessari all'adeguamento delle retribuzioni dei ricercatori, alla realizzazione di concreti sviluppi di carriera e al reclutamento di giovani ricercatori e la definizione per legge dello status del ricercatore pubblico, regolandone secondo i criteri di qualità propri della comunità scientifica internazionale il reclutamento, la progressione in carriera, i diritti e i doveri". L'associazione, infine, sollecita il governo perché evidenzi "la centralità del ricercatore nell'Ente in cui opera, attraverso la costituzione di significativi spazi di autogoverno, come è tipico delle istituzioni scientifiche".

Ro. Fa.


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