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Liberazione: Finanziaria e università, impegni non onorati

Molti punti deludenti rispetto al programma dell’Unione

13/10/2006
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Liberazione

Domenico Jervolino

Sulla finanziaria in generale è noto il nostro giudizio complessivo, essa contiene luci ed ombre, ma certamente l’azione del nostro partito è già stata decisiva e lo sarà ancora di più in parlamento e nel paese per introdurre correzioni rispetto a una politica di puro rigore ed elementi che vanno in direzione di una maggiore equità; la parte che riguarda università e ricerca è una di quelle in cui le ombre si addensano e prevalgono nettamente sulle luci, fino ad essere su molti punti del tutto deludente rispetto a quanto si era convenuto nel programma dell’Unione che abbiamo contribuito a scrivere e che conteneva impegni precisi per questo settore considerato decisivo per le sorti del paese.
La finanziaria, invece, non ha onorato questi impegni né tenuto conto, se non in misura a nostro giudizio troppo limitata, delle richieste avanzate dallo stesso ministro Mussi. E’ un atto di insipienza politica da qualsiasi parte lo si guardi, rispetto non solo alle esigenze - che per noi restano tutte in campo - di una radicale riforma e democratizzazione dei due settori dell’università e della ricerca, ma anche nei confronti delle posizioni ufficiali espresse dal mondo accademico nelle sue sedi più rappresentative.

Si taglia su spese elementari, si costringono enti di ricerca e università a equilibrismi quotidiani per riuscire appena a vivacchiare, eppure con cifre abbastanza modeste rispetto all’importo complessivo della finanziaria sarebbe possibile dare una boccata d’ossigeno alle università e agli enti di ricerca e avviare quel programma di assunzioni di giovani ricercatori che doveva essere il fiore all’occhiello del governo di centro sinistra e per il quale ora ci sono al momento solo poche briciole.

Ancora: il diritto allo studio resta un obiettivo largamente utopico, se non si riesce a trovare le risorse per dare almeno le borse a coloro che secondo l’attuale normativa dovrebbero averle. Questi sono solo alcuni esempi delle carenze di questa finanziaria, se non interverranno correzioni significative. Non è solo questione di disporre di pochi soldi. Temiamo che si faccia avanti una lobby pericolosa, ancora più pericolosa delle lobbies accademiche tanto giustamente criticate: è la lobby di chi crede che l’attuale università pubblica e di massa sia un peso morto, da abbandonare al degrado e da lasciare affondare lentamente, per far emergere forse alcune istituzioni private o concepite con logica privatistica e presuntamente di élite che si affermerebbero sul libero mercato della conoscenza. E’ una concezione radicalmente opposta a quella della conoscenza come bene comune e non mercificabile, ma base per l’esercizio dei diritti di cittadinanza, che pure era stata fatta propria dal programma dell’Unione!

Per fare un esempio, solo una mentalità sadicamente antiaccademica poteva immaginare di prevedere la diminuzione degli scatti di anzianità per professori e ricercatori già sottopagati! E’ demenziale mettere nella lista dei privilegiati chi guadagna poco più di mille o duemila euro mensili. I ricercatori in particolare attendono ancora il riconoscimento della loro funzione docente (terza fascia) - per quel che ci riguarda ci auguriamo che sia questione di giorni - mentre il complesso dei temi - peraltro collegati fra di loro - attinenti a stato giuridico, reclutamento, didattica e ordinamenti resta più che mai aperto.

Per noi è essenziale che questi temi siano affrontati sulla base di un coinvolgimento effettivo di tutte le soggettività presenti nel mondo universitario. Per quanto riguarda la ricerca, a quanto pare, è stato respinto il tentativo - che aveva suscitato un comprensibile allarme - di rifinanziare le tre agenzie istituite e lautamente finanziate da Moratti e Tremonti, tra cui il famigerato Istituto italiano di tecnologia, e che configurano un sistema alternativo dipendente direttamente dal ministero dell’Economia, con una inammissibile confusione di ruoli fra controllori e controllati.

Nella finanziaria di quest’anno sono previste risorse più consistenti per la ricerca industriale: ma anche qui si tratta di vedere come e entro quale quadro istituzionale queste risorse verranno spese e in base a quale politica industriale. Secondo noi non si può prescindere da una logica di programmazione (anche se questa sembra una parola impronunciabile ai cultori del pensiero unico neoliberale). L’universo della ricerca va comunque rilanciato secondo una prospettiva complessiva, senza trascurare la ricerca di base né le scienze umane e sociali e considerando attentamente le specificità di ciascun ente, prevedendo sempre un ruolo centrale per la comunità scientifica e la committenza sociale, e sbloccando da subito e non dal 2008 le assunzioni di nuovo personale.

Già queste prime considerazioni mostrano che le parti della finanziaria relative a università e ricerca vanno emendate radicalmente. Ancora una volta dovremo difendere nel movimento e nelle istituzioni l’università e la ricerca pubblica, seguendo criteri di equità sociale e di crescita della democrazia partecipativa. Ancora una volta dovremo chiedere con forza quelle riforme previste dal programma dell’Unione, come il ruolo unico dei docenti e la separazione fra reclutamento e avanzamento, ridisegnando un modello di carriera universitaria più trasparente e ragionevole, in un contesto che si è andato purtroppo sempre più deteriorando. Ancora una volta dovremo inserire nell’agenda politica il tema della lotta al precariato e del diritto allo studio.

Non è un fronte minore o un impegno settoriale, ma una battaglia politica decisiva per la credibilità dell’attuale maggioranza e del nostro stesso progetto politico.


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