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Liberazione: E' tempo di laicità e dei democrazia

Nel suo ultimo libro Stefano Rodotà affronta uno dei temi più sentiti e discussi nel nostro Paese, il quale si trova a scontare un fortissimo ritardo rispetto all'Europa e agli stessi Stati Uniti...a dispetto di una Carta Costituzionale che invece garantisce nei suoi punti dirimenti i diritti dell'individuo a scegliere, dalla procreazione assistita al testamento biologico, dai limiti etici nella ricerca scientifica al ruolo della religione nella sfera pubblica

21/02/2009
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Liberazione

Vittorio Bonanni
Il diritto alla laicità, messo drammaticamente sotto scacco in questi tempi di egemonia culturale religiosa, è uno dei temi dirimenti della fase storica che viviamo. E dovrebbe essere uno dei cavalli di battaglia di una sinistra, o di un centro-sinistra, invece inaffidabile proprio su queste tematiche, oltre che su tante altre. Per questo Perché laico (Editori Laterza, pp. 194, euro 15,00), l'ultimo lavoro di Stefano Rodotà, dovrebbe essere "adottato" come testo dai partiti per formare (ma ormai questa abitudine novecentesca è stata dimenticata e trattata con sufficienza) i propri dirigenti. L'autorevole giurista, ordinario di diritto civile all'università di Roma e già garante per la protezione dei dati personali, espone infatti in queste quasi duecento pagine distinte in due parti - la prima intitolata "Laicità, confronto, democrazia", la seconda, più ampia, "Cronache di una laicità difficile" - tutti gli aspetti di una problematica strettamente legata alla vita di tutti/e e di tutti i giorni, come ha dimostrato drammaticamente il recentissimo caso di Eluana Englaro. Prendendo come spunto un relativismo culturale, presunto responsabile dei mali dei nostri tempi, le gerarchie ecclesiastiche hanno sferrato, soprattutto sotto l'attuale pontificato di Benedetto XVI, un attacco senza esclusione di colpi ai grandi temi legati alla possibilità dell'individuo di poter scegliere tutto ciò che riguarda la propria sfera personale. E dunque il diritto alla procreazione assistita o al testamento biologico e comunque di disporre della propria vita come meglio si crede; e ancora ad unirsi ad un'altra persona, a prescindere dal sesso, e senza la necessità di comparire di fronte ad un prete o ad un funzionario comunale e vedere garantiti gli stessi diritti degli altri; o decidere, appunto, laicamente, fino a che punto sia lecito per la scienza cambiare radicalmente le varie fasi dell'esistenza delle persone, dal concepimento alla morte; o il ruolo della religione stessa nella sfera pubblica. Il libro affronta dunque tutti questi aspetti legandoli comunque ad un minimo comune denominatore: il nesso tra laicità e democrazia, non a caso Rodotà la definisce una «laicità democratica», e il rispetto della Costituzione. E proprio questo è un punto sul quale il giurista insiste: il rispetto della Carta Costituzionale, che da sola garantirebbe già, senza la necessità di promulgare nuove leggi, determinati diritti.
Tra i tanti, "Morire con dignità" è il paragrafo nel quale Rodotà affronta un tema divenuto di stringente attualità con il caso di Eluana Englaro e prima ancora di Pier Giorgio Welby ed appare come un vero e proprio paradigma della più ampia problematica della laicità. Prima di arrivare al nodo costituzionale Rodotà sottolinea l'arretratezza dell'Italia di fronte ad altri paesi, rispetto al tema del testamento biologico. «Cattolici ferventi, come Laura e George W. Bush, hanno pubblicamente dichiarato di averlo adottato, all'indomani delle violente polemiche che avevano accompagnato la vicenda di Terri Schiavo» scrive l'autore, il quale sottolinea come la stessa Conferenza episcopale spagnola abbia predisposto lo scorso anno «una sua bozza di testamento biologico che presenta due significative caratteristiche». Il rispetto della volontà della persona «come se si trattasse di un testamento» e una valutazione della vita «benedizione di Dio ma non…valore supremo assoluto». L'arretratezza del caso italiano appare così evidente, e il tema nel Belpaese, si fa per dire, è finito «nel gorgo dei fondamentalismi e delle strumentalizzazioni». Ma il quadro costituzionale al quale i politici dovrebbero fare riferimento è invece tremendamente chiaro e se i giudici sono tenuti a rispettarlo, come è successo nel lungo e doloroso iter che ha riguardato Eluana Englaro, lo stesso obbligo dovrebbe valere anche per i politici, che a quella Carta, fino a prova contrario, dovrebbero far riferimento. Gli articoli che Rodotà sottolinea sono il numero 13 sulla libertà personale e il 32 sul diritto alla salute. In particolare in quest'ultimo articolo si prefigura «una vera e propria costituzionalizzazione della persona», come scrive Rodotà. Se è vero che i trattamenti obbligatori possono essere previsti dalla legge e altresì vero che non possono violare il limite imposto dal «rispetto della persona umana». «E' questa - scrive Rodotà - una delle dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall'articolo 13 per la libertà personale (...). Nell'articolo 32 si va oltre. Quando si giunge al nucleo duro dell'esistenza, alla necessità di rispettare la persona umana in quanto tale, siamo di fronte all' indecidibile . Nessuna volontà esterna, fosse pure quella coralmente espressa da tutti i cittadini o da un Parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell'interessato». La Costituzione insomma di fronte a questi temi non vacilla e non offre alcun elemento di ambiguità. Neanche una maggioranza o l'unanimità dei consociati possono sopprimere i diritti inviolabili dell'uomo, sottolinea lo studioso, il quale ricorda come gli stessi costituenti vollero dare ai cittadini italiani delle garanzie in tal senso, dimostrando una spiccata sensibilità culturale ed umana dopo i tragici avvenimenti che avevano caratterizzato la Seconda guerra mondiale. Non è un caso che proprio sui diritti dell'individuo si era espresso il Codice di Norimberga nel 1946, il quale, ricorda Rodotà, si apre con le parole «il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente necessario». «L'affermazione di una radicale libertà e autonomia del soggetto» era una comprensibile «reazione alle terribili pratiche di sperimentazione accertate nel corso del processo ai medici nazisti».
Si ponevamo così le premesse per una vera e propria rivoluzione culturale, con la trasformazione dell'individuo in soggetto. Tema ancora più attuale in questi ultimi anni, durante i quali la scienza ha permesso di procreare con modalità impensate fino a poco tempo fa, o di sopravvivere,andando molto al di là della naturale soglia appunto di sopravvivenza. Ma proprio la necessità di essere "laici" di fronte a questo nuovo scenario ha colto l'Italia impreparata, molto più impreparata di quanto non sarebbe stata l'Italia del dopoguerra e soprattutto degli anni '70 e '80. Paradossalmente la scomparsa della Dc e la conseguente frammentazione del mondo politico ha reso più fragile quest'ultimo di fronte alle sempre più pressanti richieste della Santa Sede. «La Democrazia cristiana non aveva dovuto subire questa esplicita concorrenza - scrive Rodotà- e, grazie pure alle sue radici, aveva potuto mantenere un atteggiamento se non più laico, certo più indipendente di fronte alle posizioni della Chiesa». La sua scomparsa ha reso invece la politica più ricattabile dalle gerarchie vaticane, le quali sembrano avere l'imbarazzo della scelta su quale interlocutore scegliere per ottenere risposte positive in merito alle proprie esigenze. Con una destra naturalmente pronta ad accoglierle queste richieste ma anche con un centro-sinistra balbettante e desideroso di fare contenti tutti con i risultati catastrofici che sono sotto gli occhi di tutti. «Abbiamo bisogno di chiarezza, di rifiuti di travestimenti, di chiamare le cose con il loro nome. Per questo non è tempo di laicità flebile, timida, devota. E' tempo, pieno e difficile, di laicità senza aggettivi o, se vogliamo comunque definirla, semplicemente democratica». Basterebbe che tutti facessero proprie queste parole di Rodotà per far fare uno scatto in avanti a questo nostro povero Paese. Ma, è il caso di dirlo, parafrasando Brecht, anche questa «è la semplicità che è difficile a farsi».


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