Ho letto su Liberazione della domenica del 22 luglio l'articolo su un caso di home schooling : la pratica di "istruire" i figli in casa, relativamente diffusa nel mondo anglosassone e che in Italia riguarda un esiguo numero di famiglie. Essa viene scelta dai genitori decisi ad istruire personalmente i propri figli, evitando che frequentino la scuola, convinti di essere in quanto genitori non solo i più adatti, ma gli unici a sapere qual è il bene dei bambini e delle bambine. Si pongono così come filtro di ogni relazione con l'ambiente. Bambini e bambine, quindi, non possono che essere solo "figli" i cui garanti, interpreti, responsabili sono i genitori. Per un principio analogo si dovrebbe lasciar morire dissanguato un bambino i cui genitori fossero contrari alle trasfusioni. Si tratta sempre di una concezione proprietaria dei figli e di un'idea salvifica della "Famiglia".
Non le considero idee strane e antiquate. L'impianto della riforma Moratti poggiava proprio sulla «libera scelta della famiglia», sui «piani di studio personalizzati» decisi con/dai genitori. In realtà però, "la famiglia" è, o meglio: le famiglie sono, in crisi profonda; i genitori hanno grosse difficoltà ad assumere il loro ruolo e ad esercitarlo; diverse indagini documentano come la famiglia sia spesso teatro di violenze ricorrenti sulle donne e quindi sui bambini. Madri, padri, tutori, adulti di riferimento manifestano semmai un grande bisogno di aiuto nel difficile compito di crescere i figli in una realtà che spesso, dentro e fuori la famiglia, mette paura.
I genitori protagonisti dell'articolo hanno cercato una alternativa alla scuola pubblica e ai suoi limiti. E non si fanno scrupolo di citare Don Milani. Il quale è partito sì da una critica feroce alla selezione operata dalla scuola pubblica negli anni Sessanta, però per contrastarla ha dato vita ad una scuola, quella di Barbiana, severissima e coinvolgente,fondata sulla cooperazione fra i ragazzi, sull' "I care", sull'idea che «uscirne insieme è la politica». Non uscirne individualmente o familisticamente.
Ma, al di là di questo, l' home schooling può garantire un buon apprendimento? Spesso si pensa che basti sapere qualcosa per saperla anche insegnare, ma non è così. Insegnare richiede una competenza professionale. Tuttavia anche se il genitore che fa l' home schooling fosse un insegnante, ciò non sarebbe una garanzia sufficiente. Gli studi sull'apprendimento ne hanno messo in evidenza il carattere interattivo, sociale, co-evolutivo. Socializzazione e apprendimento sono intrecciati. Il rapporto con i coetanei, non serve "solo" ad imparare a stare con gli altri, è anche un'esigenza cognitiva: il gruppo dei pari è uno straordinario contesto di apprendimento. Il "che cosa" si impara è strettamente correlato al "come" e al "dove" lo si impara.
A me pare che altre siano le domande di fondo. Come può essere garantito il diritto all'istruzione nella società della conoscenza? La Repubblica deve o no definire e garantire i saperi essenziali a cui tutti e tutte hanno diritto? Quali sono i saperi per l'esercizio della cittadinanza? Come cambia la cultura dei giovani (modalità di apprendimento, linguaggi, immaginario, relazioni intergenerazionali)? Come rispondere all'esigenza di istruzione e formazione lungo tutto il corso della vita che caratterizza la società odierna? La scuola pubblica ha ancora una funzione da svolgere? Questioni enormi: la scuola da sola non può farcela ad affrontarle. Bisogna che si riattivino interesse e partecipazione. Fare in modo che le scuole diventino luoghi di condivisione, di apprendimento, di ricerca, di formazione critica, di scambi interculturali: laboratori di convivenza. La scuola pubblica nel nostro Paese ha molti limiti. Scarse risorse, tentativi di riforma dissennati imposti dall'alto, un corpo docente spesso precario, troppe volte svalorizzato, non di rado demotivato. Ha anche molti meriti, in gran parte disconosciuti. C'è una scuola, cosiddetta "militante" che lavora, sperimenta, innova, progetta, lotta. Il mondo del tempo pieno, tanto per dirne una, è ricchissimo di esperienze e di elaborazione. Da lì si può partire perché la scuola pubblica si rinnovi e svolga appieno la sua funzione. E invece perfino di un provvedimento importantissimo che può innescare un cambiamento epocale, come l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni, si parla poco e niente. Da qualche tempo seguo gli attivi nazionali sulla scuola promossi dall'area della conoscenza del Prc. Ho trovato una capacità di articolare aspetti pedagogici, strutturali e politici per certi versi simile a quella propria dell'associazionismo pedagogico. Ce n'è da riempire due pagine del supplemento per tutte le domeniche dell'anno.
*maestra elementare del Movimento di cooperazione educativa
11/08/2007
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