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Liberazione: «Assumere i precari,a partire dalla scuola»

Napoli, convegno di due giorni della Flc-Cgil che a Prodi indirizza delle precise richieste: cancellare tutte le cosiddette riforme Moratti e la legge 30

11/05/2006
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Liberazione

Checchino Antonini
Napoli nostro inviato
Precari mai più: la flessibilizzazione ha effetti profondi, erode principi costituzionali (quello per cui a parità di lavoro è esigibile lo stesso salario), incide su progetti di vita e sui modelli sociali, scava un fossato generazionale, mina l’identità solidaristica del contratto e innesca competizione anziché cooperazione. Su quest’analisi la Flc Cgil, il sindacato dei lavoratori della conoscenza (scuola, università e ricerca), parte all’attacco giocando d’anticipo col nuovo governo. A conti fatti, quello della conoscenza è il comparto con il maggior concentrato di precarietà. Ma è anche una massa d’urto consistente, quasi un milione e mezzo di lavoratori, poco meno di un terzo precari, che - stando ai sondaggi, avrebbe votato al 78% per l’Unione.
Sono state due giornate, quelle del convegno-manifestazione nazionale della Flc a Napoli, che molto poco hanno concesso al rituale e che hanno fatto decollare una campagna articolata nei luoghi di lavoro, in quelli della contrattazione nazionale ma anche in Europa a cui la Flc guarda con un incarico specifico nella segreteria nazionale e con l’internità alle sorti del Forum sociale europeo. «Siamo messi nell’impossibilità di progettarsi il futuro», dice a Liberazione Amalia Perfetti, 43 anni, del coordinamento nazionale precari della Flc, supplente di lettere nelle scuole medie del frusinate, «8 anni da precaria all’università, altrettanti, finora, nel mondo della scuola», racconta ancora. Dalle sette relazioni sul tema, è uscito il ritratto a tinte fosche di una molteplicità di figure - supplenti, borsisti, contrattisti (docenti universitari con un contratto da 1280 euro lordi l’anno), co. co. co - partorite dalle “riforme” Moratti, dalla legge 30 ma anche - e la Flc lo sa bene - dalla precedente stagione dei governi dell’Ulivo: è il caso della legge, datata 1999, che assegna all’Alta formazione artistica e musicale, esclusivamente docenti coi giorni contati (contratti da 5 anni). E che sono escluse da ogni ambito di rappresentanza.

Ieri, è stata la giornata dedicata alle proposte con Marco Broccati, della segreteria nazionale, che, sulla scia del recente congresso, ha ripetuto l’urgenza di cancellare tutte le cosiddette riforme Moratti, la legge 30 e tutte le norme che hanno contribuito a inventare false categorie di lavoratori autonomi, un controsenso specie nei comparti pubblici e della conoscenza. Fa un passo avanti la critica della Cgil a quelle tendenze, dominanti nella scorsa fase politica, per cui la modernità coincide con la deregulation. E’ una vera controffensiva. «E’ fallita l’idea che le privatizzazioni possano generare un nuovo ciclo», dirà il leader Panini. Al fondo c’è la proposta di ricontrattualizzare tutte le figure precarie, superando lo spezzatino dei rapporti di lavoro, garantendo loro rappresentanza nelle Rsu e ricucendo le filiere dei cicli della conoscenza. Un capovolgimento di filosofia: il precariato dovrà essere una forma eccezionale e molto costosa. Banchi di prova il Dpef e la finanziaria da cui ci si aspetta la stabilizzazione di tutti i precari - 100mila nella scuola e 30 tra università e ricerca - e sistemi di reclutamento, mai più discrezionali, agganciati alle uscite. Se si tiene conto che ogni docente che va in pensione “equivale” a due e mezzo nuovi assunti è facile immaginare che non servano capitali ingenti per ottenere questo risultato.

Non basta, concludendo i lavori, il segretario generale, Enrico Panini, ha ripetuto con enfasi la richiesta di nuovi investimenti, «perché non esiste un tempo del risanamento e uno del cambiamento: esiste il tempo della discontinuità». E a chi gli domanda indiscrezioni sul successore di Moratti, Panini risponde fornendo un identikit: «Che sia un politico di peso, capace di misurarsi con la complessità, che faccia una chiara scelta per il pubblico e abbia capacità d’ascolto». Una precisione quasi millimetrica anche quando si esprime contro lo spezzatino del ministero con l’istruzione separata dall’università con buona pace della formazione continua nella società della conoscenza.

La politica, tirata in ballo nel convegno con un’apposita tavola rotonda (c’erano i responsabili di settore di Prc, Pdci e Margherita), inizia a rispondere facendo quadrato intorno al programma dell’Unione. Più a fondo (anche perché non direttamente coinvolto nella breccia nella cultura del lavoro da cui ha fatto irruzione Berlusconi), prova ad andare Domenico Iervolino, docente di filosofia teoretica alla Fedrico II di Napoli e responsabile università del Prc: «Serve una terapia sociale, non è una fase di normale alternanza ma servono gesti di discontinuità, bisogna riconquistare l’egemonia valorizzando il ruolo dei soggetti sociali». «Convergenze notevoli - commenta un’altra segretaria, Luisella De Filippi - anche se la politica non è mai troppo precisa». Ma l’autunno non è lontano e il sindacato è pronto a rilanciare.


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