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Liberazione: Allo Zen l'unico avampostodello Stato è la scuola

Periferie, focus sul quartiere di Palermo

03/06/2007
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Liberazione

Emiliana Costa

Disoccupazione, analfabetismo, carenza di servizi pubblici istituzionali; spesso l'unica scappatoia è il lavoro nero. È il quartiere Zen di Palermo, fotografato dal rapporto presentato nei locali della parrocchia S. Filippo Neri e collegato a una ricerca più ampia sullo stato delle periferie italiane realizzata da Caritas Italiana in collaborazione con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Due anni di intense ricerche in dieci periferie italiane hanno evidenziato come all'interno delle stesse città si possa trovare un altro mondo, separato e chiuso in se stesso, vicino eppure lontanissimo, una sorta di città abbandonata nella città. Sono le periferie. Nello specifico è il quartiere S. Filippo Neri di Palermo, meglio conosciuto come Zen. Un quartiere diviso in due zone (Zen 1 e Zen 2) collegate territorialmente dalla parrocchia S. Filippo Neri che sorge nel mezzo, caratterizzato da differenze urbanistico sociali marcate dal resto della città. Il libro, curato dal ricercatore della Caritas Giuseppe Mattina e pubblicato dalla casa editrice Idos, descrive in maniera chiara uno spaccato reale e drammatico di una delle periferie del capoluogo siciliano.
Le cifre del report sono spesso sconcertanti - come quelle relative al tasso di analfabetismo che interessa il 5,4% degli abitanti del quartiere - e mettono in evidenza il degrado di un "sottomondo" abbandonato a se stesso. I dati riportati sono stati raccolti fra il luglio 2004 e il maggio 2005. Sono 16mila i residenti censiti, ma potrebbero essere 10mila di più: le associazioni ritengono che il numero esatto si aggiri tra i 25 e i 26mila. Il 5% degli abitanti della zona che si rivolgono al Centro d'ascolto della parrocchia S. Filippo Neri ha più di 65 anni e nella maggior parte dei casi è donna. I problemi maggiormente denunciati sono per il 44% quelli di tipo economico, il 19% legati al lavoro, tra occupazione e sottoccupazione, l'8% di salute, il 5% familiari. Nel quartiere il numero di bambini nati nel 2005 è di 330 e i minori residenti risultano 7.118. Gli stranieri presenti nel quartiere sono 752, di cui 190 minori, e rappresentano il 3,5% della popolazione straniera residente a Palermo con permesso di soggiorno. E' drammatica la situazione per quanto riguarda l'abbandono scolastico: il 10% dei bambini abbandonano la scuola primaria e un 20% la secondaria. Per quanto riguarda il lavoro solo il 4,7% sono gli occupati; gli inoccupati e in situazione di precariato salgono al 32%, mentre i disoccupati sono il 14,4%. Soltanto l'11% sono giovani impegnati nell'apprendimento di una competenza professionale. «Quello che colpisce - dice Mattina - è la lontananza. Lo Zen è lontano dalla città non solo culturalmente, ma anche fisicamente: è un mondo a parte circondato da strade veloci, che lo isolano. L'unico avamposto dello Stato in quel territorio è la scuola, per il resto nessun presidio del Comune che raccolga le difficoltà e il disagio di chi vive in un posto che anche archittettonicamente è brutto». Il quartiere è rimasto negli anni incompleto e profondamente immaturo per la completa assenza dei servizi pubblici istituzionali. la latitanza istituzionale ha fatto sì che la mafia potesse attecchire nella ricerca della manovalanza per i suoi atti criminali.
«Nascere oggi allo Zen - continua Mattina - vuol dire portare sulle spalle un marchio indelebile e trovarsi in una trappola dalla quale è difficile uscire». La mancanza di alternative fa sì che l'unica strada per molti giovani sia proprio il lavoro nero o la delinquenza a vari livelli. Tra i piani di riqualificazione del Comune, quello dello Zen sembra essere il più ambizioso e prevede investimenti per quasi 25 milioni di euro di fondi pubblici. Nonostante questo è radicata la sfiducia nei confronti delle istituzioni. «La speranza di modificare la situazione viene meno - conclude Mattina - gli operatori migliori del pubblico e del privato sociale se ne vanno. Lo Zen ha di nuovo la sensazione di ritrovarsi a gestire da solo i suoi problemi».


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