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“Lezioni in lingua alle elementari la mia scuola parlerà inglese”

intervista al ministro Giannini

27/03/2014
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la Repubblica

Corrado Zunino

Si è insediata al ministero dell’Istruzione 31 giorni fa. Ha già dovuto affrontare la protesta degli addetti alle pulizie, il caos delle abilitazioni, le incognite dei test per il numero chiuso anticipati, il pasticcio degli scatti negati ai prof. “Si va avanti con il soffio al cuore, ma questo posto ha bisogno di progetti che poi si realizzano”, dice. E i suoi sono ambiziosi: “I nostri giovani devono imparare a dialogare col mondo, per questo serve una full immersion già alla primaria con insegnanti madrelingua o quasi. Bisogna ampliare l’offerta degli istituti tecnici specializzati a cominciare da quelli per il turismo e i beni culturali. E all’università dobbiamo superare il numero chiuso”. Ma ce n’è anche per i professori: “Più soldi a quelli che vogliono lavorare di più e soprattutto basta con concorsi nazionali e abilitazioni”. Oggi si presenterà in Senato per illustrare il suo programma di riforma. Ecco le novità
ROMA
Vorrei riuscire a trasformare un ministero dell’emergenza in un ministero di prospettiva. Un piano di tre anni, medio termine. Lo presento oggi pomeriggio in Senato. Le linee programmatiche dell’istruzione e del sapere per staccare questo Miur dal rosario di problemi che lo assedia. Li ho trovati tutti qui sopra, sulla scrivania di Benedetto Croce». Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, 53 anni, glottologa, ex rettore dell’Università per stranieri di Perugia, si è appena accomiatata dal Consiglio nazionale degli studenti universitari, a cui ha detto che rifinanzierà le borse di studio inserendo, però, nuove richieste di merito e che, fosse per lei, il valore legale del titolo di studio sparirebbe. In trentun giorni di guida del dicastero ha visto in ufficio i presidi toscani e quelli lombardi impossibilitati a diventare presidi, gli addetti alle pulizie da trasformare in piccoli manovali, si è occupata del caos delle abilitazioni nazionali universitarie, ha difeso lo scatto d’anzianità dei dipendenti. «È un procedere con il soffio al cuore e invece questo posto ha bisogno di progetti e di realizzazione dei progetti».
Ce ne illustra uno, ministro?
«Quattro linee politiche: programmazione, semplificazione, attuazione e verifica. Abbiamo una teoria di leggi sovrapposte, stratificate, senza un disegno cosciente. Ti strozzano. E se le leggi dall’inizio alla fine scopri che si contraddicono. Farò bene in questo ministero se toglierò, toglierò, senza aggiungere».
In quest’ottica, il primo progetto a levare?
«Il reclutamento. L’assunzione di docenti e ricercatori. Partiamo dall’università, il luogo che conosco meglio. Oggi ci sono i Tfa ordinari, quelli speciali, i Pas, le vecchie Ssis, una follia. Detto che il prossimo tirocinio formativo lo confermerò, perché non voglio fermare nulla di ciò che si muove, mi attiverò subito per varare un’unica forma di abilitazione a professore entro il 2018. I tirocini andranno fatti nel corso dell’ultimo anno di laurea magistrale, è già così all’estero. I candidati non sprecheranno mesi ad aspettare la data di riapertura di questa fisarmonica che è ormai un concorso e potranno formarsi per insegnare già durante gli studi».
Per decidere che un docente è pronto è giusto affidarsi alle abilitazioni nazionali? Stanno naufragando in un mare di curriculum irregolari.
«I ricorsi sono percentualmente bassi rispetto ai numeri mobilitati, ma le abilitazioni vanno comunque fermate. Lascerò consumare il secondo turno di questo round, poi cambierò il sistema. Mi ispirerò a quello spagnolo. La valutazione dei curriculum, delle pubblicazioni, degli articoli scientifici non avverrà in una solo periodo, i giorni del concorso. I candidati saranno valutati in continuazione da una commissione che ad appuntamenti ravvicinati, e quindi più gestibili sul piano numerico, controllerà gli archivi Cineca e offrirà il suo giudizio: “Abilitato”, “non abilitato”. Le commissioni ruoteranno. E poi saranno le
università, tenendo conto del budget a disposizione, delle loro necessità, a chiamare l’idoneo migliore».
Si torna alle assunzioni a chiamata.
«Si torna a responsabilizzare gli atenei. Basta con superconcorsi nazionali allestiti perché sospetti che il dieci per cento dei docenti stia barando. Costringi il novanta per cento serio dentro regole che non funzionano. Chiamate dirette e autonomia degli atenei».
Niente abilitazioni, mai più concorsi.
«La parola concorso non ha una traduzione nelle altre lingue, significherà pur qualcosa?».
Le università del Nord salgono nelle classifiche internazionali, quelle del Sud spariscono.
«Gli arabi dicevano che l’Italia è troppo lunga, e avevano ragione.
Bisogna riuscire a tenere insieme due cose: università di massa e rating internazionali. Al Sud c’è stato poco rigore, poca cultura dell’autovalutazione. Chi sbaglia, stavolta, perde i finanziamenti».
In generale, quei 7 miliardi destinati ogni anno alle università cresceranno?
«Nel 2014 sì, 191 milioni in più grazie al precedente ministro, Maria Chiara Carrozza. Ma questo governo tornerà a finanziare università e scuola, senza soldi non si fa nulla. Soprattutto, ogni ateneo saprà di quanto potrà disporre dall’estate precedente, non più a fine stagione».
Gli studenti le chiedono di togliere di mezzo il numero chiuso, che ormai coinvolge metà dei corsi universitari.
«Il numero chiuso è utile per fare una selezione, collegare l’offerta alla domanda. Sarei favorevole a lasciare l’accesso libero al primo anno e poi, come in Francia, selezionare gli studenti negli anni successivi».
Vuole continuare sulla strada dei prestiti d’onore? In Italia fin qui non hanno funzionato.
«Funzionano se c’è un fondo di garanzia, una tutela. È questa la strada che perseguirò».
Diceva, autonomia anche per le scuole. Anche lì insegnanti a chiamata?
«Intanto assorbiamo i 178 mila supplenti precari, su 800 mila insegnanti totali. Costano cifre spropositate. Assumendoli, risparmieremo. E poi insisto: merito e valore anche nella scuola, maestri e professori devono ritrovare prestigio mentre spesso sono demotivati da un ugualitarismo nefasto: tutti devono fare le stesse cose con lo stesso stipendio. Oggi la scuola è un acquario a cui hanno tolto l’ossigeno».
Lei, invece, vuole differenziare, premiare.
«Certo, è un’architrave del mio mandato. Gli scatti d’anzianità, ribadisco, sono arcaici. Dobbiamo consentire a chi ha voglia di lavorare e ritrovare la sua missione di insegnante di essere gratificato anche sullo stipendio».
Come?
«Creeremo nuovi ruoli, nuove funzioni. Un esempio. Il coordinatore delle materie umanistiche all’interno di un istituto avrà un premio in busta paga. E, ovviamente, lavorerà più ore. I presidi mi hanno già detto sì, sui nuovi stipendi mi muoverò subito».
E poi?
«Dobbiamo lavorare sulle lingue, mamma mia. Possibile che solo in Italia si parli questo pessimo inglese? A 18 anni bisognerebbe stare, almeno, al livello C2, quello che ti consente di dialogare con il mondo, di lavorare. L’inglese è come lo sci: o lo impari da piccolo o zoppichi tutta la vita. Cercheremo di immettere nelle nostre scuole insegnanti madrelingua o “native like”. E dovremo sperimentare classi di “solo inglese” e “solo francese”, dove alcune materie saranno insegnate solo nella lingua straniera. Le due ore a settimana propinate da insegnanti oggettivamente scarsi servono a poco».
Come gli ultimi due ministri, proverà a imitare la Germania sulle scuole tecniche e professionali?
«È necessario. Aumenteremo gli Istituti tecnici superiori, danno lavoro. Oggi sono 63. Ne apriremo nuovi legati al turismo e ai beni culturali».
Abbiamo appena letto i dati sugli iscritti alle superiori: gli alberghieri sono la seconda richiesta delle matricole, dopo i licei scientifici.
«Gli alberghieri, e con loro le scuole per periti, tutto il tecnico-professionale, vanno riqualificati. Non sono scuole di serie B, sono scuole di specializzazione. Sull’educazione alimentare, in vista dell’Expo di Milano, abbiamo appena aperto bandi per 4,5 milioni».
Con il semestre europeo?
«Daremo forza a tutte le materie umanistiche, filosofia compresa. Alla storia dell’arte. Alla musica. Ci sono cinque milioni per l’alta formazione artistica, i conservatori. E dobbiamo rafforzare la diffusione di base. Nel paese di Verdi e Puccini i nostri ragazzi non possono essere così lontani, nell’apprendimento dei rudimenti della musica, dai coetanei tedeschi».
I dieci istituti superiori che quest’anno hanno sperimentato i quattro anni al posto di cinque?
«Continueranno a sperimentare. L’idea di finire il liceo a 18 anni è giusta ed europea, ma forse non bisogna toccare i licei, piuttosto rivedere l’intero ciclo scolastico ».
E il bonus maturità?
«Non mi piace. Il destino di un ragazzo non può dipendere da una giornata: quindi diamo premi da spendere all’università ai migliori diplomati, ma valutiamoli su tutto l’arco scolastico».


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