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Lezioni a distanza, scuola divisa E il nuovo orario è un rompicapo

Rebus del 75% nelle superiori, si ragiona per giorni, settimane e classi. Ma alcune Regioni lasceranno tutti a casa Oggi le prime decisioni. La rabbia dei presidi: "Questo decreto crea discriminazioni e lede la nostra autonomia"

26/10/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

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Non c’è pace tra i banchi, no. Dirigenti scolastici che hanno passato l’estate a tirar fettucce per calcolare spazi minimi tra rime buccali e in autunno sono arrivati alla quarta conta dei contagi a scuola, hanno trascorso l’ultima domenica a riprovare, e qui è la quarta, quinta volta, a organizzare l’orario di istituti superiori che devono aumentare le ore degli studenti trascorse a casa. In alcuni casi portarle al totale: lockdown per ciclo, come a marzo.

Sì, da questa mattina presidi sull’orlo di una crisi di nervi devono tener conto di un Decreto del presidente del Consiglio dei ministri che, spianando la difesa basata su numeri ballerini della ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, ha chiesto a tutto il Paese di portare la Didattica a distanza, oggi ribattezzata "integrata e digitale", almeno al 75 per cento. Un avverbio, almeno, che ha consentito il compromesso con le Regioni, più attente all’economia che all’istruzone e desiderose di portare la didattica a distanza al cento per cento delle classi sul territorio: serve a svuotare gli autobus e i treni regionali di 2,5 milioni di studenti.

Il ministero ha inviato ieri la sua nota ai direttori degli uffici territoriali chiedendo di arrivare «al 75 per cento» da domani mattina e di mantenerlo fino al 24 novembre. Ogni preside, però, viaggia in modalità propria. «Oggi vado in classe ed elaboro l’orario», dice Mario Rusconi, dirigente del paritario Pio XI di Roma, «penso che chiederò agli studenti di venire a scuola un giorno ogni quattro-cinque». L’Istituto di istruzione superiore "Via Silvestri 301" ha trasformato l’indicazione in un personale 66 per cento chiedendo di restare in presenza alle matricole delle prime e ai prossimi maturati delle quinte: seconde, terze e quarte a casa. Il Newton oggi è ancora al 50 per cento. Per il classico Tasso, che aveva predisposto una revisione degli spazi, la prossima settimana sarà Dad per tutti. A Bari l’istituto tecnico Guglielmo Marconi ha già scritto sul sito che da oggi prime e seconde entrano alle 9, visto che il governo ha chiesto anche scaglionamenti e utilizzo del pomeriggio per fare lezione.

L’Alberghiero di Taormina applicherà da subito "tutti in remoto", attenendosi all’ordinanza della Regione Sicilia. Così la Lombardia, dove nello stesso istituto, tuttavia, i ragazzi del tecnico Maxwell restano subito a casa mentre il professionale Settembrini, con molti ragazzi disabili e ore di laboratorio, avrà tutti in presenza. Tra l’altro, l’Ufficio scolastico regionale sostiene che vale il decreto di governo (75 per cento), la Regione che resta invece valida la sua vecchia ordinanza (100 per cento). L’Emilia Romagna è l’ultimo difensore dello "zero Dad", ma potrebbe capitolare a ore: «La nota di Bruschi ci obbliga a salire al 75 per cento, ma il decreto non è così perentorio», dice l’assessora Paola Salomoni.

Molti banchi non sono ancora arrivati e il commissario Arcuri adesso ha un altro mese per provare a portare a compimento il mandato. La ministra Azzolina insiste a portare in tv i suoi numeri fuori controllo che sottendono conclusioni ascientifiche — «la scuola non ha inciso nell’aumento dei contagi» — , mentre il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, comunica concetti contrari altrettanto discutibili: «Il mondo della scuola è uno dei vettori più grandi di contagio tra le famiglie ».

Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, sostiene che il Dpcm va contro l’autonomia scolastica: «Non si può imporre l’organizzazione dell’orario alle scuole. Nelle regioni e nelle province i bisogni delle famiglie e degli studenti sono diversi».


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