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Lettera aperta al Ministro Gelmini

Sofia Toselli

13/06/2008
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di Sofia Toselli

Gentile Ministro Gelmini,

i toni e i modi da lei usati nel presentare le linee del suo programma alla Camera dei deputati, invitano al dialogo e al confronto. E su molte questioni non si può che convenire.

Come rimanere insensibili al richiamo di uno scatto di orgoglio nazionale, di fronte all’Europa e al mondo, per riportare entro un ambito di dignità i livelli di apprendimento di tutti i nostri studenti.

Come non condividere la necessità di “lasciare lo scontro politico fuori dalla scuola” per considerare la scuola, nei fatti, una priorità a cui tutti siano chiamati a dare risposte, possibilmente condivise, in nome del comune interesse.

Come non gradire la politica della continuità, non del “punto a capo”, per mettere a sistema quanto di buono precedentemente è stato fatto nella scuola e per la scuola.

Come non essere d’accordo a sostenere un grande progetto sociale, dove la scuola diventi il perno della ricostruzione etica, civile e culturale del Paese.

Come non aderire al proposito che serva ricominciare dagli insegnanti, dando centralità alla loro funzione anche con stipendi europei, restituendo nuova considerazione sociale al ruolo che essi svolgono.

Come ricusare l’idea, coraggiosa e innovativa, di premiare il merito e l’eccellenza per garantire a tutti pari opportunità, equità e mobilità sociale.

Peccato, però, signor Ministro, che non si dica, in nessuna parte della lunga relazione, se uno degli strumenti che garantisce pari opportunità, equità e mobilità sociale, ovvero l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, rimanga nel programma di governo o piuttosto scompaia per lasciare il posto alla necessità di assicurare a ogni ragazzo, secondo interessi e capacità, “il suo personale percorso di studio”, foss’anche nella formazione professionale.

Peccato che si taccia sulla generalizzazione della scuola dell’infanzia statale e comunale e di un efficace sistema di educazione per gli adulti, condizioni entrambe necessarie per garantire pari opportunità e per combattere
dispersione e abbandoni.

Peccato che, richiamati i principi espressi dall’art. 117 della Costituzione e il nuovo ruolo delle Regioni sancito dal Titolo V, si confermi la compiuta attuazione della legge 53 (legge Moratti), si rafforzi l’autonomia scolastica attraverso l’efficientismo e la managerialità del dirigente scolastico, si dichiari che il quadro istituzionale entro cui saranno affrontati tutti i problemi della scuola dovrà essere: “una sorta di federalismo all’insegna della sussidiarietà”, dove la scuola - probabilmente devoluta alle Regioni - sarà un servizio a domanda delle famiglie. Un servizio che fonda, su una discutibile interpretazione del principio di sussidiarietà, “forme di pluralismo educativo” secondo l’idea che alla famiglia spettino scelte educative che riguardano invece la scuola e che il pluralismo si debba intendere tra scuole e non dentro la scuola. Mettendo a rischio così l’unitarietà del sistema scolastico nazionale, le sue finalità istituzionali, la funzione pubblica del lavoro dei docenti.

Infine, a proposito della centralità degli insegnanti e della necessità di rivalutarne lo status professionale, peccato si dica che “gli insegnanti sono troppi e poco pagati” e che si intenda riconoscerne il merito secondo improbabili parametri di produttività: attraverso cioè “una misurazione che deve riguardare, scuola per scuola, il risultato dell’azione educativa sul singolo ragazzo quanto a valore aggiunto di cognizioni e crescita rispetto all’ingresso.”

Mi permetto di ricordare che i Paesi che hanno tentato questa strada stanno tornando velocemente indietro per gli effetti negativi che tale modalità di valutazione crea. Sarei comunque contenta di sbagliarmi, per il bene del Paese e per il diritto all’apprendimento di ogni ragazzo.

Nel dichiarare a Lei, Ministro della Pubblica Istruzione, la disponibilità al confronto e al dialogo dell’Associazione che rappresento, le invio le più vive cordialità.

Sofia Toselli
Presidente nazionale del Cidi


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