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Legge di stabilità: ecco il quadro dei tagli agli enti di ricerca e i provvedimenti per le università

di Paolo Valente

12/11/2015
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ROARS

La legge di stabilità, come già scritto nei giorni passati, è un provvedimento complesso e incide sulle singole amministrazioni pubbliche in modo diverso, attraverso diversi articoli e tabelle del provvedimento. Non è quindi facile dipanare per una singola amministrazione o per un settore, il quadro di sintesi delle conseguenze.

Focalizzandosi su enti di ricerca e università, si possono così riassumere i principali provvedimenti:

  • Il piano di assunzione di 500 professori universitari – art. 15 – prevede lo stanziamento ad hoc di 38 milioni per il 2016 e di 75 milioni per il 2017. Interessante che i criteri di ripartizione di queste risorse e la procedura di selezione (si menzionano commissioni di valutazione) e chiamata (si menziona un eventuale partecipazione dell’Università chiamante agli oneri), nonché il trattamento economico, saranno oggetto di un successivo provvedimento del Governo, in particolare un DPCM. Si precisa che il meccanismo sarà diverso da quello stabilito dalla legge Gelmini (abilitazione e chiamata).
  • Il piano di assunzione di 1000 ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B – art. 17 – vede uno stanziamento di 55 milioni per il 2016 e 60 milioni per il 2017. In questo caso al termine dei tre anni è previsto (dalla legge Gelmini) l’inquadramento come professori associati, qualora i candidati siano in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale. In questo caso la ripartizione tra Università verrà fatta con decreto ministeriale, sulla base dei risultati della VQR. Su quanto effettivamente andranno a pesare sui bilanci delle università si rimanda direttamente alla relazione tecnica qui estratta.

piano-rtdb

  • Lo svincolo dai vincoli del turnover (per l’anno 2016) dei ricercatori di tipo A (non tenured), a carico dei bilanci delle università.

Passando dalle università agli enti di ricerca, si passa dalle nuove assunzioni ai tagli.

  • Innanzi tutto va sottolineato come vengono del tutto esclusi dal piano straordinario di reclutamento.
  • Al contrario, vengono assoggettati, al pari di tutte le altre amministrazioni dello stato con dipendenti in regime privatistico, ad un’inasprimento della limitazione del turn over, dal 60% (che sarebbe poi diventato 80% e poi passato al 100%) al 25%. La relazione tecnica quantifica il risparmio per le casse dello Stato di un tale taglio per gli anni 2016, 2017 e 2018, e la conseguente riduzione del finanziamento. Gli enti di ricerca vengono tagliati di oltre 20 milioni di euro nel triennio. Da sottolineare il titolo beffardo dell’art. 16 in oggetto: “Merito e giovani eccellenze nella Pubblica Amministrazione“. Non è affatto chiaro l’impatto effettivo della deroga (evidentemente introdotta last minute, dal momento che non è contemplata nella relazione tecnica) per i ricercatori e tecnologi.

taglio-turnover

  • Minacciosa, anche se è difficile prevedere come verrà utilizzata, la previsione del comma 3 del medesimo art. 16 che prevede una ricognizione – l’ennesima – delle dotazioni organiche, anche per gli enti di ricerca. Una bella coerenza del Legislatore rispetto alla delega concessa al Governo per semplificare e rendere più autonomi gli enti di ricerca stessa (contenuta nella legge cosiddetta Madia sulla pubblica amministrazione). Staremo a vedere.
  • Continuando sulle dolenti note, l’art. 27 dispone che le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici (ovvero gli aumenti degli stipendi dei dipendenti, sostanzialmente per il recupero dell’inflazione, fermi dal 2010) andranno trovate nei bilanci dei singoli enti, senza aumentarne il finanziamento. Una conseguenza del fatto che i bilanci sono fermi (o peggio vengono tagliati) mentre la dinamica dei prezzi e (ora) degli stipendi invece continua.
  • L’art. 28 riguarda il rafforzamento del ricorso di Consip e del mercato elettronico per tutte le pubbliche amministrazioni, e mette in preventivo una serie di risparmi. A fronte di questa presunta riduzione dei costi per acquisti di bene e servizi, i bilanci delle amministrazioni vengono però immediatamente ridotti in modo proporzionale. La norma si traduce – di fatto – in un taglio lineare ai consumi intermedi delle amministrazioni. Per gli enti MIUR vengono freddamente riassunti dalla seguente tabella:

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Tabella invero poco leggibile ma che dice che il taglio al FOE degli enti di ricerca (1.7 miliardi) è di 14 milioni all’anno per il 2016, 2017 e 2018, mentre per il FFO delle università (7 miliardi circa) è in proporzione meno pesante e ammonta a 20 milioni all’anno.

  • Proseguiamo… il successivo art. 29 stabilisce che le amministrazioni pubbliche (tutte) programmino la propria “spesa informatica” per conseguire un risparmio del 50%.
  • Infine, l’art. 33 (e le tabelle allegate) dispone una serie di riduzioni di spese e conseguentemente di tagli ai bilanci dei ministeri.
  • L’allegato 1 stabilisce le autorizzazioni a finanziamenti “a legislazione vigente”, e qui scopriamo un ulteriore taglio, pari a 4 milioni all’anno, al FOE

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  • Per quanto riguarda la riduzione di spesa pari a 200 milioni sulla missione 33 – fondi da ripartire – del MIUR, non fanno riferimento alle missioni relative a università (missione 23) e enti di ricerca (missione 17)

In conclusione,  i tagli alla ricerca ci sono, e sono tagli lineari, e saranno di entità tale da mettere in seria difficoltà gli enti di ricerca, molti dei quali presumibilmente non riusciranno a pareggiare i conti, anche considerato lo scandaloso ritardo con cui viene distribuito il 7% del fondo, su base premiale. Certo non un buon viatico per la tanto sbandierata autonomia e rilancio del sistema della ricerca e dell’innovazione. Certo, il Parlamento può ancora mettere rimedio a questa situazione, restiamo in fiduciosa attesa di un’inversione di rotta da parte del Governo.


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