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Le scuole riaprono per due ore “Torno a prendermi lo zaino”
Molti ragazzi ieri sono potuti rientrare in classe per recuperare le loro cose
02/06/2012
La Stampa
MARCO ALFIERI
INVIATO A MEDOLLA (Mo)
Ho recuperato lo zainetto, gli occhiali da sole e soprattutto il mio cappellino degli Yankees…» Appena esce dall’aula Dahmi Zakaria se lo pigia in testa togliendosi il caschetto rosso che gli hanno dato i ragazzi della Protezione Civile. Fuori lo attende il campo tende dove dorme con la sua famiglia, la Conad di via Genova che prova a riaprire e il viavai degli aiuti: casse di acqua, conserve di pomodoro, pacchi di pasta, tonno e biscotti offerti da cittadini, associazioni, aziende e artigiani come Weiber Morandi, che arriva da Vignola con il suo furgoncino per scaricare pane fresco e pannoloni.
La scuola media di Medolla, il comune epicentro del secondo sisma, da mercoledì è un magazzino merci per le tendopoli. Ma ieri, per due ore, dalle 11 alle 13, in tutta la zona del sisma ragazzi, genitori e insegnanti delle scuole non pericolanti sono potuti entrare in aula a riprendersi le cose abbandonate nel fuggi fuggi. «Non c’è stata una fiumana», ammettono dall’ufficio scolastico di Modena. Rientrare anche un attimo è uno choc. Alcuni ragazzi sono partiti per il mare in anticipo, altri mandano i genitori, per altri ancora è semplicemente troppo presto. «Qui a Medolla saranno venuti non più di una decina», confermano i volontari mentre riempiono di viveri l’ingresso dell’edificio. «Quasi tutti timorosi». Non Dahmi Zakaria, fisico robusto e olivastro, che frequenta la 3C. È figlio di genitori marocchini ma parla con la calata tipica emiliana. All’inizio non vorrebbe farsi fotografare, poi non la finisce più di raccontare l’incubo di martedì. «Ci siamo buttati sotto il banco», racconta concitato. «Ballava tutto, non riuscivo a tenermelo sopra la testa. Ma ora sono contento, ho recuperato il mio cappellino. Ciao giornalista…»
Poco prima erano entrate Giorgia Pansa e Irene Goldoni. Si sono fatte forza e lo hanno fatto senza genitori. Giorgia è in classe con Dahmi, Irene invece in 3A. «Avevamo lasciato in aula zaini, chiavi di casa, occhiali, il cellulare fortuna no».
I 171 ragazzi delle scuole medie di Medolla erano tornate in classe appena il giorno prima del secondo botto, dopo il terremoto del 20 maggio. «Stavamo iniziando l’ora di tecnica ed è arrivata la scossa», ricorda Giorgia. Irene stava facendo una verifica di matematica. «All’improvviso tutti hanno cominciato a urlare». Adesso le due amiche dormono insieme in tenda nel giardino della casa della zia di Irene. I genitori di Giorgia lavorano entrambi nel biomedicale in panne: la mamma alla Gambro, il papà alla Covidien. La mamma di Irene invece fa l’infermiera all’ospedale di Mirandola, «adesso è distaccata nelle tendopoli a dare una mano».
Nel pratone dietro le medie, i bambini più piccoli stanno giocando con lenzuolo e pennarelli. Dopo averlo colorato ce lo fanno vedere. C’è scritto «la terra trema, i bimbi giocano». La vita va avanti, specie a quella età. Alcuni adulti della tendopoli vanno a firmarlo mentre un trenino umano lo porta in giro come fosse un aquilone.
Le scuole dei paesi del cratere ormai riapriranno a settembre. Ma ci sono gli esami da fare e gli scrutini. Un bel problema organizzarli. Per esempio a Mirandola alla «Dante Alighieri» è crollato il tetto, mentre quelle agibili come la media «Montanari» sono diventate sedi istituzionali d’emergenza. Lo spiazzo davanti è pieno di gazebo del Comune: l’anagrafe, il centro anziani, l’ufficio pratiche stranieri e il punto scuola. In fila ci sono genitori con ragazzi italiani e stranieri perché il terremoto è multietnico. «Saranno garantiti gli scrutini in tutte le scuole, gli esami di licenza media e di qualifica professionale e gli esami di stato», spiega un prof sotto la tenda. «Probabilmente si adotterà il modello l’Aquila: esame di maturità per i 400 ragazzi di Mirandola solo con la prova orale», anticipa l’assessore all’istruzione, Carla Farina. Per i 200 di terza media si deve ancora decidere: esame o validazione dell’anno? Dahmi, Giorgia e Irene vorrebbero saperlo.
Nel frattempo giri l’angolo e nel cortile dell’Itis «Galileo Galilei» i professori hanno montato un tavolino per appoggiare registri, pc, effetti personali. In aula entrano solo i pompieri che escono con piccole casse di libri e documenti. «Dentro la scuola sembra bombardata. Solo che dobbiamo recuperare i registri per chiudere l’anno», spiega il vice preside interrotto da un capannello di genitori e studenti in bermuda come Stefano e il suo amico Carlo, che vogliono capirne di più. «I ragazzi che devono fare gli esami hanno solo i libri nello zaino. A casa non li fanno rientrare. E poi come ci si può preparare così?» Carlo e Stefano sorridono. «Per una volta, il prof ci sta dando ragione».