Le risposte che nella riforma non ci sono
Dall'alternanza scuola-lavoro alle nuove discipline da introdurre
di Arturo Marcello Allega
Quando si chiederà ad un dirigente scolastico cosa servirebbe alla scuola affinché essa possa funzionare, egli risponderà sempre allo stesso modo: finanziamenti, personale, e nuovi contenuti culturali. Non si può pensare che il modello culturale del ddl sia di tipo aziendale solamente perché uno dei suoi fuochi è l'alternanza scuola lavoro o perché la gestione è centralizzata su una sola persona. È più complesso.
L'Alternanza Scuola Lavoro.Il ddl Scuola prevede 100 mln di euro per il primo Piano Triennale di Alternanza scuola-lavoro (Asl), incluso le spese di assistenza e monitoraggio del Miur. Questa è una vera ed importante scelta di qualità del governo. Stimando un 20% il costo del Miur, alle Scuole resteranno 80 mln. Il finanziamento annuo è di 27 mln circa. Le scuole in Italia sono circa 8700. Gli Istituti Tecnici e Professionali sono circa 3000. Con una banale proporzione, si ottengono 9310 annue per scuola (tecnico-professionale). Limitandoci a una quarantina di studenti per scuola, si ha 233 per studente. In “Its, un modello non esportabile” Italia Oggi del 17.03.2015, tarato sul fatto che nelle scuole il 70% circa degli studenti coinvolti nell'Asl ha trovato lavoro, si mostra che uno studente costava 250. Il ddl torna al finanziamento di circa cinque anni fa, raddoppiando il numero di studenti coinvolti. Purtroppo, il punto di rottura della proposta è nelle 400 ore obbligatorie da svolgere sul triennio e, soprattutto, con tutti gli studenti della scuola: 400 ore sul triennio corrispondono a circa 130 ore l'anno, quel che si è sempre fatto. Se ci limitassimo agli studenti del quinto anno, circa 100, allora si avrebbe, 93 a studente, circa il 40% del finanziamento di cinque anni fa. Con questa somma si finanzia l'Asl a soli 100 studenti della scuola per sostenere la spesa di tutto l'indotto scuola-azienda. L'Asl non si potrebbe comunque rivolgere a tutti, ma solo ad alcuni.
Il Personale. Il sistema consentirà alla scuola (attraverso il suo dirigente) di assumere dagli albi territoriali delle persone. Ipotizziamo che queste nuove assunzioni siano 10 per l'Asl. I nuovi assunti si sommeranno ai posti, detti, comuni nel ddl (cioè quelli degli attuali titolari over cinquanta). Ricordiamo che circa l'80% degli attuali insegnanti ha un'età superiore ai 55 anni (Istat, 2015). In seguito si procederà alla graduatoria di merito. Se dovesse accadere (come presumibile) che in questa graduatoria di merito i dieci nuovi assunti conquistassero le posizioni più alte, conseguirebbe che 10 docenti titolari ultracinquantenni perderebbero la loro titolarità. Non perderebbero il posto, ma perderebbero la titolarità, cioè sarebbero costretti a cambiare scuola.
Il Piano Triennale. Sui contenuti non c'è alcuna certezza, se non quella che prolifereranno sempre di più. Dalla Moratti in poi, ogni governo ha tagliato sul personale ore di lezione riducendo le 36 ore settimanali a 32 per tecnici e professionali e a 30 per i licei (sul triennio). Il ddl introduce una infinità di contenuti trascurati dalle riforme del passato: l'arte, la musica, la legalità. Ora, le scuole, a modo loro, hanno sempre svolto attività di questo tipo. Cosa cambia, allora? Che le nuove attività devono essere inserite in un piano didattico da svolgere con nuovo personale: musicisti, pittori, esperti di lingua ? E quando? Durante o dopo le 32 ore? Si vuole una maggiore permanenza dei ragazzi, sfiancati dall'ordinario, nelle strutture scolastiche notoriamente fatiscenti? Con quale vantaggio? Si potrebbe pensare di risolvere questo problema, riducendo la cattedra obbligatoria ad alcune trame disciplinari essenziali. In questo modo un docente con 600 ore annue circa a disposizione potrebbe utilizzarne 200 per le trame disciplinari (con unità orarie di non oltre 50 minuti e sabato chiuso), lasciando 400 ore all'autonomia della scuola. E questo avrebbe comunque uno scoglio difficile da superare (variando, da scuola a scuola, la gestione delle 400 ore): l'esame di stato. Che andrebbe rivoluzionato