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«Le Regioni senza scuola? Ma i giovani per i governatori possono bere aperitivi al bar»

Intervista a Lucia Azzolina

10/01/2021
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Corriere della sera

Gianna Fregonara e Monica Guerzoni

ROMA Oggi è un anno che Lucia Azzolina siede alla scrivania di Benedetto Croce, domani ci saranno gli studenti e i genitori in piazza. La ministra dell’Istruzione si è scontrata anche con il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti, ma con la crisi di governo alle porte evita di inasprire la polemica con il Pd e attacca i presidenti delle Regioni.

Domani le scuole superiori non ripartono in presenza se non in tre regioni. Ci saranno proteste e sit-in: genitori e studenti ce l’hanno anche con lei, ministra.

«Rispetto alle superiori il governo ha fatto tutto quello che poteva e gli impegni li ha mantenuti grazie anche al lavoro importante dei prefetti e della comunità scolastica. Vorrei ricordare che il 23 dicembre è stata firmata all’unanimità l’intesa con le Regioni che prevedeva il rientro il 7 gennaio».

Perché avete cambiato idea?

«Per me gli accordi sono importanti, se si scrivono devono essere mantenuti. Invece molte Regioni si sono sfilate: sarebbe bene che le famiglie e gli studenti capissero perché. Si chiude prima la scuola perché socialmente è stata messa nel fondo dello sgabuzzino».

Socialmente o politicamente? Sulla scuola il governo è diviso e i presidenti di Regione sono contro la sua proposta, compreso il governatore del Lazio Nicola Zingaretti?

«Guardiamo le date, i governatori hanno deciso di prorogare prima ancora i vedere i risultati del monitoraggio sulle fasce di rischio».

Forse sapevano che la situazione stava peggiorando? Che si tema l’arrivo della terza ondata non è un segreto.

«Capisco le preoccupazioni sui rischi legati al periodi di Natale ma le Regioni hanno potere di operare anche altre restrizioni, perché si colpisce solo la scuola?»

Il rischio di aprire e poi richiudere c’è. Per esempio in Lombardia, il presidente Attilio Fontana teme di dover tornare in zona rossa.

«Ma perché nelle zone gialle e arancioni è quasi tutto aperto, tranne la scuola? Non è l’untrice del Paese, lo dicono studi del Bambin Gesù, dell’Istituto superiore di sanità e tanti altri. Le Regioni hanno preso un impegno scritto per garantire una corsia preferenziale nel tracciamento dedicato alle scuole».

Gli studenti dicono che fate lo scaricabarile tra governo e Regioni, è così?

«Non c’è nessuno scaricabarile. Il governo ha fatto la sua parte. Alcuni presidenti non si rendono conto che chiudendo le scuole producono un danno economico al Paese, che pagherà la mancanza di competenza dei suoi giovani. Ma è anche un danno umano e relazionale. Faccio i complimenti a Giani e Nardella perché la Toscana riapre e così Valle d’Aosta, Abruzzo, oltre al Trentino-Alto Adige dove è già aperta, che hanno lavorato meglio di altri».

Anche professori, presidi e studenti sono divisi sul ritorno a scuola. Messi di fronte agli allarmi e alla scelta con la didattica a distanza non sanno bene che cosa sia meglio.

L’impegno

C’era un accordo. Non si capisce perché quasi tutto il resto invece

può essere aperto

«Rivendico l’idea della Dad, ma non potrà mai sostituire la didattica in presenza. Ricevo lettere di studenti molto arrabbiati, apatici, delusi o che si sentono trattati da untori. Sapete quante famiglie chiamano le Asl per questi problemi? C’è un’indagine dell’ordine degli psicologi molto preoccupante sulla chiusura prolungata».

Lei se la sente, con il Covid che corre e la variante inglese che fa paura, di dire ai genitori che la scuola superiore può riaprire in sicurezza?

«Devono spiegarmi perché, dove è quasi tutto aperto, gli studenti al pomeriggio possono andare a prendere l’aperitivo, mentre non possono andare in classe con la mascherina, l’igienizzante e i banchi separati. Il punto è culturale, non sanitario».

Bonaccini definì surreale il suo piano scuola, Zaia l’ha invitata a rileggere don Sturzo e Zingaretti la accusa di far salire i contagi. Come risponde, per nome e cognome?

«Rispetto l’opinione di tutti ma non si può usare la scuola come terreno di scontro politico. Devono capire che la scuola è un’ancora di salvezza per famiglie disagiate, se condannano migliaia di studenti all’abbandono se ne assumeranno la responsabilità»».

Renzi vuole vaccinare i docenti. E lo chiedono anche i sindacati: non è che una buona intenzione rischia di diventare un alibi per non tornare in classe prima che i prof siano vaccinati?

«Sui vaccini il governo e il commissario Arcuri stanno facendo un ottimo lavoro. Il piano lo ha deciso la Salute e si prevede che in una prima fase si vaccinino i sanitari e i nostri nonni. Dopo ho chiesto e ottenuto che tocchi al personale scolastico».

È solo Renzi che indebolisce Conte, o anche il Pd?

«Siamo tutti abbastanza compatti nel dire quanto il premier abbia lavorato bene, non vedo il tentativo di indebolirlo. Se ci sono differenze, chiedo a tutti di essere responsabili. Se ci sono criticità, ci si siede a un tavolo finché si trova la sintesi. I cittadini hanno altri problemi, anche economici. La politica ha il dovere di essere responsabile e pensare a loro, prima che ai propri interessi».

La maggioranza cammina sul burrone della crisi. Come pensate di continuare a governare col Pd se non riuscite a mettervi d’accordo neppure sulla scuola?

«Nel governo, anche se con sensibilità diverse, le sintesi si trovano».

Si parla di totoministri, ma il suo nome non compare più in cima alla lista. Come mai, dopo tutte le contestazioni che ha ricevuto?

«Non leggo il totoministri, voglio stare concentrata sulla risoluzione dei problemi della scuola e il Movimento mi sta dando una grossa mano».


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