Le Regioni: così niente scuola Ma su distanze e bus si tratta
DeLuca: L'anno non parte Conte: Invece sì
La bomba viene sganciata nel tardo pomeriggio dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca: «Nelle condizioni attuali non è possibile aprire le scuole». La pensano naturalmente in modo opposto nel governo. Nonostante i problemi ancora aperti sul trasporto, la ministra Lucia Azzolina garantisce: «Il 14 settembre l'anno scolastico riparte». Tant'è, che oggi comincia la distribuzione dei banchi monoposto nei Comuni simbolo di Codogno, Alzano e Nembro che furono zone rosse ai tempi del lockdown. E ieri è stato firmato, fa sapere palazzo Chigi, il decreto per finanziare l'assunzione di 70 mila docenti e collaboratori scolastici. «Siamo il Paese europeo», celebra il premier Giuseppe Conte, «che assumerà il numero più consistente di personale scolastico. La Spagna, che viene subito dopo l'Italia, ha fatto 30mila assunzioni».
I NODILe Regioni ieri hanno dato un via libera iniziale al protocollo dell'Istituto superiore di sanità sulle cose da fare se c'è uno studente positivo in classe. E già questa è una notizia, viste le tensioni degli ultimi giorni con il governo. Ma a oggi non si è esaurito il braccio di ferro sul servizio di trasporto locale che rischia di andare in tilt con la riapertura delle scuole. Secondo le Regioni, con le disposizioni attuali - distanza di un metro e capienza ridotta - servirebbero il doppio di mezzi. E non ci sono.
Così ecco De Luca che attacca. E dall'Abruzzo l'assessore salviniano Piero Fioretti minaccia: «Non è escluso che apriremo le scuole il 24 settembre, dopo le elezioni, come vogliono fare altre Regioni». Dal Veneto il governatore Luca Zaia incalza: «Il governo è ostaggio del Comitato tecnico scientifico. Non ritiro l'ordinanza sulla capienza da omologazione dei bus, anche perché non sono ancora aperte le scuole, ma aspettiamo una risposta dal governo. Per noi l'80% è ancora poco. Ho l'allergia al plexiglas, assurdo metterlo nei bus o sui treni».
Il riferimento di Zaia al plexiglas chiama in causa il Comitato tecnico scientifico (Cts) che nella riunione dell'altra sera ha ribadito: c'è solo un modo per derogare al metro di distanza, installare dei separatori tra i sedili (tra l'altro non in plexiglas, ha specificato il comitato). Il problema è che si possono mettere sui bus a lunga percorrenza, ma su quelli urbani o sulla metro dove si viaggia soprattutto in piedi è complicato. Dice Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: «Un metro è un metro e quella distanza è necessaria per limitare i contagi. Se vogliono fare diventare un metro, cinquanta centimetri, lo facciano, ma se ne prendano la responsabilità».
OTTIMISMO DEL GOVERNOFonti del governo dicono che comunque l'intesa con le Regioni si troverà, ma serviranno ancora un paio di giorni. Nell'audizione alla Camera, Miozzo ha ricordato: «Ricevo migliaia di mail e insulti, conservo tutto». Ancora: «Vogliamo arrivare all'apertura della scuola, che produrrà un lieve aumento dei contagi, e al suo mantenimento anche se ci dobbiamo preparare a probabili chiusure. Se l'epidemia sale, ci saranno solo lockdwon locali: mai più nazionali». Sugli insegnanti che rifiutano di fare i test sul Covid: «Li avrei resi obbligatori». E sulle mascherine: «Da 0 a 6 anni non è necessario usarle, sopra i 6 anni sono obbligatorie solo quando ci si muove per la scuola (se tra i banchi c'è il distanziamento) e non quando si mangia o si fa attività fisica. Stiamo poi valutando anche mascherine trasparenti per i professori in modo da aiutare gli alunni non udenti».
IL SÌ AL PROTOCOLLOCome detto, durante una riunione dei governatori, è arrivato ieri il via libera all'intesa sul documento con le «Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell'infanzia», scritto dall'Istituto superiore di sanità assieme al ministero della Salute e all'Inail. Ma a una condizione, come ha spiegato Donato Toma, presidente del Molise: «Quando si parla di scuola 0-6 anni e di piccoli gruppi noi chiediamo si tolga la parola piccoli e si parli invece di didattica per gruppi in modo da lasciare più libertà nella definizione del gruppo idoneo». Inoltre le Regioni oggi al ministro Francesco Boccia chiederanno un «chiarimento» sulla didattica a distanza affinché «qualora fosse necessario attuarla, anche in corso d'anno, si possa fare per plessi e classi e non per istituti».
Nel corso della riunione è emersa anche l'esigenza dei governatori di stabilire l'obbligo per le famiglie di misurare la temperatura dei figli a casa. «Poi le scuole, se vorranno, potranno fare un ulteriore controllo all'ingresso del plesso scolastico». Questo per evitare contagi sugli scuolabus e nei mezzi di trasporto pubblici nel tragitto casa-scuola, «per responsabilizzare le famiglie e per motivi organizzativi visto che imporre un obbligo alle scuole di misurazione della temperatura potrebbe comportare difficoltà», come ha spiegato Cristina Grieco, coordinatrice della commissione istruzione della Conferenza delle Regioni.
Mauro Evangelisti
Alberto Gentili