Le «perle» della Gelmini e i primi passi di Profumo
Se una Cinquecento con lo specchietto di una Ferrari non diventa un bolide.
Franco Labella
Se una Cinquecento con lo specchietto di una Ferrari non diventa un bolide.
I primi passi del nuovo ministro e dei suoi più stretti collaboratori sembrano presentare, come è normale, luci ed ombre ma anche qualche inattesa contraddizione. Ne è esempio illuminante la proposta, fatta e poi ritirata dal sottosegretario Rossi Doria, di ridurre il percorso scolastico di un anno facendo diplomare gli studenti italiani a 17 anziché a 18 anni.
L’esordio di Profumo era stato che, visti la natura del Governo ed i suoi orizzonti temporali, non ci sarebbero state ulteriori “riforme” ma la razionalizzazione dell’esistente. Come si concilii questo con l’idea di ridurre di un anno il percorso delle superiori senza metter mano a tutto quello che “riempie” il percorso stesso è un mistero.
E’ evidente, infatti, che il tema di mettere gli studenti italiani, nell’era della globalizzazione, in condizione di competere con i colleghi europei è un tema serio ma che non si può pensare di affrontare prendendo scorciatoie affrettate. Andrebbero avviate riflessioni ed analisi magari sul core curriculum, andrebbero fatte le verifiche, saltate a pie’ pari dall’ «Attila» Gelmini, sulle sperimentazioni fatte nel passato e, in particolare, su quelle sperimentazioni Brocca citate proprio da Profumo in uno dei suoi primi interventi.
Sulle «Brocca», negli anni scorsi e persino qualche giorno fa, abbiamo letto le amenità dell’ex ministro Meloni («le sperimentazioni residuo del sessantottismo») e del noto esperto Marco Bruschi, già consigliere della giovane scrittrice di favole, che le hanno liquidate nonostante siano state eradicate completamente dal riordino gelminiano senza alcuna verifica.
Per capirci con un esempio, con le Brocca la Gelmini si è comportata come una casa farmaceutica che, dopo aver speso per anni miliardi, abbandonasse la ricerca di un nuovo farmaco senza leggere nemmeno una riga dei rapporti relativi agli effetti e alle reazioni, positivi o negativi che fossero, dei pazienti sottoposti alla sperimentazione. Insomma, a volerne vedere, per benevolenza, solo un aspetto, un comportamento economicamente irrazionale.
Perché si butta via, eventualmente, quello che non serve, mica quello su cui hai investito ma che non sai manco cosa ha prodotto per più di 15 anni. Su questo, tempo fa e quando non ne aveva ancora la responsabilità, sembrava concordare anche l’altra sottosegretaria Ugolini.
Siamo ancora in tempo, anche riguardando gli esiti delle passate sperimentazioni, per evitare sciocchezze nel futuro delle scuole superori italiane. Le “perle” disseminate dalla giovane scrittrice di favole nel suo riordino di Licei, Tecnici e Professionali sono tantissime. Si va dallo studio del Latino limitato nei Licei alle prime tre declinazioni (non è una battuta, è scritto nero su bianco) agli ex-geometri che dovranno ignorare, non studiando più il Diritto, cosa sia un Piano regolatore o una licenza edilizia per non parlare, nel momento tragico della Costa Concordia arenata al Giglio, dei percorsi degli Istituti Nautici. O, per essere meno legati alle vicende tragiche di questi giorni, alle ore professionalizzanti tolte agli Alberghieri e di cui ha avuto contezza anche Profumo nella sua recente visita alle scuole napoletane. La fretta, insomma , come nel caso del ministro precedente, può essere controproducente. Ridurre di un anno senza intervenire sull’intero percorso e sui curricula è come pensare che, aggiungendo lo specchietto di una Ferrari, una Cinquecento diventa un bolide.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Visti i precedenti uno si immagina di non ritrovarsi nella situazione di proposte estemporanee, non discusse e poco valutate. Quindi mi sono sorpreso parecchio a sentir parlare ieri di abolizione del valore legale del titolo di studio come di una ipotesi a cui lavora il ministro.
E ma allora ci risiamo…
E’ pensabile di eliminare il valore legale del titolo di studio ex abrupto ed in un Paese caratterizzato, per scuola ed Università, da differenze e sperequazioni tali da rendere brutale l’applicazione di un provvedimento del genere?
Eppure in questi giorni il ministro gira molto, visita scuole ed Università soprattutto meridionali, non può non aver chiaro che “fabbricare” buoni studenti non è come produrre nuove automobili.
Insomma di Marchionne ce ne abbiamo uno, non ci piace e, in ogni caso, ci basta…..
E se per caso pensassimo che “liberalizzando” la scuola e l’università se ne migliorino miracolosamente gli esiti forse è il caso di tener presente che la scuola non è un tassì……
Perché (almeno a Napoli succede) spesso i tassisti i percorsi troppo corti o scomodi li rifiutano e prediligono i clienti che vanno a Posillipo e non quelli che vogliono andare magari a Secondigliano e non c’è bisogno, stavolta, di “tradurre” per i non napoletani.