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Le nebbie del lavoro docente. Una proposta

di Mila Spicola

20/03/2013
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La Tecnica della Scuola
Nel 2014 scade il contratto nazionale collettivo dei docenti.
In vista di tale scadenza vorrei in qualche modo attivare una riflessione sul tema, prima che si scateni la bufera, prima che arrivino le flotte dei “lavorate solo 18ore” e dall’altra “siamo degli eroi”. Entrambe foriere di nulla se non di guai. Noi non siamo eroi, siamo lavoratori dello Stato con diritti e doveri e come tale dobbiamo iniziare a ragionare, perchè è ovvio che fino ad oggi i “fregati” dalle due affermazioni di sopra, siamo stati sempre e solo noi. Con l’accusa del “lavorate solo 18 ore” in realtà, l’ “eroe stupido”, arriva a lavorare anche 40-50 ore alla settimana, dentro o fuori scuola, e nessuno mai ci dirà grazie. Senza tutele, senza riconoscimenti economici o di carriera e con un prestigio collettivo che decresce giorno dopo giorno. Non va.
Sappiamo bene che i pericoli a cui potevamo essere esposti, non discutendo in modo aperto e chiaro su tale equivoco, sono diventati realtà: condizioni di lavoro ormai insopportabili, silenzio totale sul burn out, malattia che soffriamo il 65% dei docenti, dequalificazione del lavoro per condizioni contestuali impossibili. Sì, certo, le buone pratiche, le isole felici, i “lì ci sono riusciti”…Un sistema complesso e strategico come la scuola non può fondarsi sulla discrezionalità e sul sacrificio. E se il fine ultimo del nostro lavoro è la qualità dell’istruzione fornita ai ragazzi dallo Stato, persino i colleghi più “nobilmente dediti con onore e merito al sacrificio per la Patria” dovranno ammettere che così non va. Non fa parte né di uno Stato moderno, né dell’etica del lavoro in generale, né del mandato particolarissimo del docente, trascurare, in buona come in cattiva fede, questi temi. Conosco perfettamente la profonda convinzione, perchè ce l’ho anche io, della definizione del nostro lavoro in senso qualitativo e non in senso qualitativo. So perfettamente che la nostra è una funzione h/24, almeno per la maggior parte di noi. Ma un contratto va scritto, un contratto statale poi, deve avere riconoscimento collettivo ed economico, anche come responsabilità e dovere di verifica sociale, oltre che tutela personale, del lavoro. E se il nostro riconoscimento collettivo pretendiamo di averlo da un contratto che viene continuamente preso in considerazione a “ore”, a cottimo, e non a valore e tempo complessivo reale della professione fornita, non ne usciamo. E’ un nodo complesso ma da qualche parte dobbiamo pur iniziare.
Quella che vi sottopongo è una proposta sul lavoro docente che era comparsa qualche tempo fa sulla Rivista Scuola Democratica. Vorrei condividerla con voi e ragionare nel merito delle questioni, cercando di sfuggire le astrazioni e la retorica che poi si risolvono nel nulla di fatto.
La proposta è integrabile, emendabile e soggetta a tutti i contributi. E’ una base di discussione e riflessione comune, una proposta appunto, da portare in giro e discutere, per farci trovare pronti, prima che la facciano altri e ci impongano soluzioni irricevibili come quella delle 24 ore senza rivedere l’impianto complessivo dell’organizzazione del lavoro e poi prenderci pure gli insulti dal paese intero come “nemici di ogni innovazione”. E allora, cerchiamo di proporre almeno una regolarizzazione di ciò che già si fa.
Vi chiediamo una mano a diffonderla e a renderla patrimonio comune di discussione in vista della scadenza del Ccnl del 2014. Miriamo a formulare una proposta compiuta e quanto più condivisa, da sottoporre all’ attenzione dei decisori istituzionali e delle parti sindacali? O quanto meno a farne base di confronto per attivare riflessioni?
La vicenda delle ore di lezione in più da imporre ai docenti è stata emblematica della confusione e degli equivoci creati da un contratto che fino ad oggi è stato poco chiaro, fumoso e, per taluni aspetti, scritto in malafede. Nel non distinguere innanzitutto tra ore di lezione e tempo scuola. E sappiamo com’ è andata e come va: mentre definite sono le ore di lezione, 18 ore, luogo dell’indefinito rimane il tempo scuola (che va spesso oltre le famigerate 40 ore funzionali all’ insegnamento, lo sappiamo benissimo) come indefinito è il numero di alunni. Il “tempo scuola indeterminato”, che costituisce realmente il nostro lavoro, è privo di regolamentazione, di riconoscimento sociale ed economico, come anche di tutela. Le ore dedicate al lavoro e a scuola sono già oggi in media 30 ore la settimana. Con punte di 40 ore.
Quella che segue è la bozza di una proposta di migliore definizione del lavoro di un insegnante elaborato dalla rivista Scuola Democratica. E’ una proposta, non la proposta. Non svegliamoci quando sarà tardi, quando tutti arrabbiati e sconcertati ci riuniremo in collegi dei docenti affrettati e urlanti. Il contratto scade il prossimo anno. Ci serva da canovaccio di discussione, adesso però. Va aggiornata, elaborata, condivisa e discussa. Vi chiediamo di farla girare e di venirla a commentare, a integrare e a discutere sulla pagina di Insieme per la Scuola, o di organizzare incontri e dibattiti coi colleghi in ogni scuola (la bozza di proposta è tratta da :https://scuolademocratica.blogspot.it/).
La proposta parte da presupposti da molti di noi ribaditi da anni e adesso, spero, patrimonio comune di molti:
  1. un miglior livello di istruzione medio è un fattore di sviluppo, innovazione e competitività economica per il paese;
  2. la strada più rapida per uscire da una crisi economica è potenziare cultura, conoscenza e formazione; è necessario invertire la rotta dei governi precedenti, che ha perseguito (consapevolmente o inconsapevolmente) la dequalificazione dell’istruzione pubblica e la svalutazione della professione dell’insegnamento;
  3. aumentare la considerazione dei docenti della scuola pubblica, assicurare loro prestigio sociale e riconoscimento, investire sulla loro formazione e qualificazione è il mezzo migliore per incentivare la qualità della scuola (come dimostrano le analisi recenti effettuate e mostrate nel Rapporto The Learning Curve);
Il primo passo dovrebbe essere il riconoscimento giuridico e la formalizzazione contrattuale di tale professione (completamente assente dal Ccnl vigente). Ciò significa innanzitutto pervenire ad un’adeguata quantificazione giuridicamente e contrattualmente definita della funzione e delle modalità organizzative in cui si esplica. Il secondo passo è quello di riscrivere il Contratto utilizzando la formula “Tempo scuola” comprendendo all’interno di questo le ”Ore di lezione“. Proponiamo un contratto con due inquadramenti:
1.Contratto a tempo pieno
Orario di servizio di 36 ore per i docenti che scelgono il tempo pieno (è in pratica il nostro attuale orario), così suddivise:
  • diciotto ore di didattica (che sono le sole attualmente retribuite, mentre il resto, fumosamente determinato sotto la voce giuridicamente discutibile “obblighi di servizio”, continua ad aumentare di anno in anno).
  • diciotto ore di altre attività istituzionali riconosciute e retribuite:
  • alcune di queste saranno da trascorrere a scuola la mattina e/o il pomeriggio in orari indicati dal docente o concordati con gli altri interessati (es: progettazione di percorsi formativi, programmazione collegiale, valutazioni quadrimestrali e finali, dialogo con le famiglie, uscite didattiche, recupero, integrazione, ecc.);
  • altre potranno essere svolte liberamente in altri luoghi (es: programmazione individuale, valutazione elaborati, ricerca, aggiornamento, ecc.).
Dato che sull’argomento c’è molta confusione (orario di lezione confuso con l’orario di lavoro), occorre precisare con molta chiarezza che:
  • buona parte dei docenti già svolgono di fatto il tempo pieno, anche se questo evidente dato (del resto, richiesto a chiare lettere dal Ccnl) non è per nulla riconosciuto e quantificato giuridicamente né tanto meno economicamente retribuito;
  • non solo, essi sono i protagonisti principali, con la loro dedizione, di tutte le innovazioni che hanno in questi ultimi anni modificato profondamente il sistema formativo pubblico italiano, elevandolo già ora ad un notevole livello qualitativo;
  • ancora, negli ultimi anni gli impegni connessi allo svolgimento della funzione docente sono esponenzialmente aumentati;
  • rimandiamo su tali argomenti (orario effettivo di lavoro in costante aumento e rapporto inversamente proporzionale con la retribuzione) ad un intervento fondamentale in materia, non certo di parte: l’articolo “Tutte le voci che compongono la busta paga dell’insegnante” di Domenico Cucchetti, pubblicato sul supplemento “L’esperto risponde” n. 94 de Il Sole – 24 ore del 1993 (dati ripresi in seguito da molte altre pubblicazioni);
  • rimandiamo anche (sull’esigenza improrogabile di aumentare le retribuzioni degli insegnanti in ragione di quanto sopra) all’intervento dell’allora ministro della Pubblica Istruzione, Giancarlo Lombardi, apparso il 28 dicembre 1995 sul Corriere della sera con il titolo “Salari più alti ai docenti – la scuola rischia l’agonia” (tema ripreso e sviluppato da molti altri studiosi dei sistemi formativi);
  • le attività su elencate non sono da introdurre; esse sono già svolte, come conferma anche il profilo professionale contrattualmente richiesto dalla normativa contrattuale vigente;
  • ciò che invece il contratto dovrebbe formalmente riconoscere è il fatto che l’orario di servizio del docente è di 36 ore (si tratta di una formale media al ribasso: molti di noi fanno anche 40-50 ore a settimana) e che la retribuzione deve essere comparata a tale orario effettivo di servizio.
2. Contratto a tempo parziale (part time)
Proponiamo inoltre l’istituzione di un orario a tempo parziale (part time) che si configuri sulla base della specificità della professione e per chi volesse sceglierlo e potrebbe essere organizzato in questo modo:
  • nove ore di didattica;
  • nove ore di altre attività istituzionali riconosciute e retribuite:
  • alcune di queste saranno da trascorrere a scuola la mattina e/o il pomeriggio in orari indicati dal docente o concordati con gli altri interessati (es: progettazione di percorsi formativi, programmazione collegiale, valutazioni quadrimestrali e finali, dialogo con le famiglie, uscite didattiche, recupero, integrazione, ecc.);
  • altre potranno essere svolte liberamente in altri luoghi (es: programmazione individuale, valutazione elaborati, ricerca, aggiornamento, ecc.).
Naturalmente, tale orario di servizio dovrebbe essere reso obbligatorio per chi svolge la libera professione per rispondere alla duplice esigenza di non privarsi, da un lato, del prezioso apporto di tali professionisti e di non creare, d’altro canto, una sottocategoria di docenti impegnati a mezzo servizio che per evidenti motivi non possono dedicare il loro tempo a tutte le attività connesse e funzionali all’insegnamento (e altrettanto irrinunciabili) di una cattedra a tempo pieno.
3. Riconoscimento economico della professione
Occorre procedere ad un normale e dovuto adeguamento agli standard europei del lavoro docente, questo comporta una maggiorazione retributiva generalizzata per tutti i docenti con contratto a tempo indeterminato di 36 ore, che abbiano superato il periodo di prova e scelgano l’orario di servizio a tempo pieno. In base alle tabelle di confronto che inserisco alla fine di questo articolo, tendenzialmente tale retribuzione dovrà essere pari circa al 30% in più rispetto a quella attuale per tutte le posizioni stipendiali, al fine di adeguare la retribuzione degli insegnanti italiani agli standard europei.
Secondo un rapporto della Ue il lavoro dei docenti nei decenni passati era sottopagato perchè fatto da donne e considerato socialmente un lavoro di cura, piuttosto che un lavoro professionale. In Italia è ancora così. E svolto essenzialmente da donne (97% delle maestri e 87% delle insegnanti superiori, volutamente uso il femminile plurale), è scarsamente remunerato e viene considerato socialmente, specie per la scuola primaria e secondaria di primo grado più un lavoro di cura che una professione che ha il compito specifico di fornire istruzione. Prova ne è l’assenza totale di altri ordini di lavoro compresi tra il docente e il dirigente,il cosiddetto middle management o le funzioni di assistenza e tutoraggio alla classe e ai ragazzi (passaggio da un’ora all’altra, ingresso e uscita da scuola, ricreazione, mensa,..) svolto da altro personale, durante i momenti che non sono lezioni, presenti negli altri paesi, funzioni che svolgono gratis e con enormi responsabilità non dovute, i docenti: è come chiedere a un medico di fare anche l’infermiere perchè non sono previsti nell’ordinamento del sistema sanitario. Ma tant’è. Siamo donne. Percentuali di presenza donne e rapporto remunerativo che si ribaltano nel caso degli insegnamento accademici e universitari: maggiore presenza di uomini e stipendi molto più alti.
Negli ultimi 30 anni gli altri paesi hanno fatto enormi passai avanti, sul piano della promozione della scuola e sul piano della promozione della dignità e della professionalità del lavoro docente, (altissima specializzazione e selezioni molto dure per accedere al lavoro docente) anche attraverso il riconoscimento economico dei docenti. Noi no. A noi, semplicemente non converrebbe come Paese. Eppure nessuno riconosce questo Gap, nemmeno i governi, che trascurano sempre di sottolinearlo. Nemmeno i sindacati: per un tacito accordo al ribasso:uno scarso stipendio per uno scarso lavoro, “solo 18 ore”, sulla carta però, perchè non è più così da decenni.
E per un’arretratezza generale di politiche di genere, da cui la scuola non è rimasta immune: le donne, tradizionalmente, sono le meno portate a contrattare sulle remunerazioni. Non è il solo motivo, ma concorre. La malafede dei governi (un contratto ambiguo giustifica richieste ambigue e retribuzioni basse, a fronte di un lavoro professionale e di professionisti) e una società inconsapevole fanno il resto.
  • tale maggiorazione retributiva realisticamente potrebbe andare a regime entro la scadenza del prossimo Ccnl;
  • contestualmente, entro la stessa data si dovrà provvedere alla graduale estinzione di quelli che eufemisticamente sono definiti compensi delle attività aggiuntive, la cui soppressione è auspicabile poiché si configura come un vero monstrum giuridico offensivo per la categoria: evidentemente ciò di cui auspichiamo la soppressione è il cosiddetto “Fondo dell’istituzione scolastica”, dietro cui si nasconde un profilo di illegittimità: si tratta molto semplicemente di pagamento a cottimo, a prezzo da manodopera a bassissimo costo e dequalificata, di attività che il docente già svolge (anche perché fanno parte del suo profilo professionale), ma che non sono adeguatamente retribuite, non configurano progressione economica, non sono pensionabili, ecc.; beh! il nostro modesto parere è che qui ci troviamo in un campo molto delicato, di violazione dei diritti dei lavoratori, di violazione degli stessi diritti umani, con il consenso (questo è davvero sconcertante) degli stessi rappresentanti sindacali, che di quei diritti dovrebbero essere i difensori; ad onor del vero va detto che il “Fondo di incentivazione” fu introdotto come strumento transitorio per arrivare all’istituzionalizzazione contrattuale di un compenso accessorio per i docenti, che avrebbe dovuto avere ben altre caratteristiche di quelle che ora possiede il “Fondo”; ma si trattò di promesse che non hanno mai avuto attuazione;altrettanto realisticamente a decorrere dal periodo di validità del prossimo contratto di categoria (da rinnovare subito) dovrebbe essere possibile reperire le risorse per destinare ai succitati docenti (con contratto a tempo indeterminato che abbiano superato il periodo di prova e scelgano l’orario di servizio a tempo pieno) una maggiorazione retributiva pari a circa un terzo dell’adeguamento agli standard europei (cioè il 10% in più dell’attuale retribuzione):
  • nella fase transitoria potrebbero essere soppressi i “lauti” compensi relativi alle attività funzionali all’insegnamento; tali attività infatti devono essere retribuite in modo giuridicamente più corretto, con la maggiorazione retributiva da noi proposta;
  • dovrebbero invece essere mantenuti nella stessa fase, finché le nuove retribuzioni non siano a regime, i compensi relativi alle attività aggiuntive di insegnamento (corsi di recupero, ecc.);
  • tutti gli insegnanti che scelgono il tempo parziale potrebbero godere dell’attuale retribuzione con orario e tempo-cattedra dimezzati;
  • per i docenti nell’anno di prova e per i docenti con contratto a tempo determinato si potrebbe studiare una maggiorazione retributiva più contenuta, o in alternativa mantenere in vigore tutti i compensi per le attività aggiuntive di qualsiasi tipo.
Obiettare che c’è la crisi, che non ci sono risorse, che altre categorie stanno peggio è del tutto fuori luogo. Le risorse ci sono, il fatto è che vengono sistematicamente occultate o sprecate, con l’evasione e l’elusione fiscale, con la corruzione e con la criminalità organizzata.
Inoltre, proprio nel settore pubblico vi sono retribuzioni (in primis, tra i funzionari pubblici, gli amministratori, i politici, ecc.) che creano notevoli diseguaglianze e intaccano l’essenza stessa della democrazia e dello stato di diritto. Il nesso tra democrazia ed equità delle retribuzioni è evidente a tutti senza bisogno di andarlo a spiegare.
Infine, “la nostra proposta servirà precisamente a risolvere la crisi con misure davvero efficaci, innescando un circolo virtuoso (“Niente cultura, niente sviluppo” ha giustamente scritto qualche tempo fa Il Sole /24 Ore, ribadendo il concetto in altri interessanti articoli), che non si può certo ottenere con politiche recessive che inseguono la crisi e non ne raggiungono mai la fine, come Achille con la tartaruga nel paradosso di Zenone.”(da Scuola Democratica)
Io raccolgo questa proposta e vela giro, aggiungendo un’altra voce:
Diritto/dovere alla formazione in servizio (da svolgere all’interno delle 36 ore o delle 18 ore)
Fa parte della funzione docente il diritto/dovere alla formazione in servizio, come strumento necessario di qualificazione professionale, come anche di armonizzazione delle pratiche, del lessico e di base di sperimentazione. Il lavoro del docente deve affrontare oggi problemi educativi e relazionali, oltre che didattici, deve attrezzarsi in una sfida costante alla modernità e ai nuovi linguaggi per governarli e condividerli in modo sano. Non è un lavoro che si acquisisce semplicemente con la formazione iniziale (tra l’altro, oggi, assolutamente inadeguata e insufficiente), e nemmeno più con l’esperienza. Ha bisogno di formazione e aggiornamento continuo. Formazione in servizio somministrata su base nazionale, obbligatoria, programmata, continua, qualificata e svolta in collaborazione con gli istituti riconosciuti di ricerca educativa nazionale e internazionale. Senza una fortissima e sostanziosa qualificazione professionale dei docenti non si può agire sui sistemi d’istruzione.
La proposta di sopra è integrabile, emendabile e soggetta a tutti i contributi. E’ una base di discussione e riflessione comune, prima che la facciano altri e ci impongano soluzioni irricevibili come quella delle 24 ore, calate dall’ alto e assolutamente ignare delle reali condizioni attuali della professione docente. Vi chiediamo una mano a diffonderla e a renderla patrimonio comune di discussione in vista della scadenza del Ccnl del 2014, condividendola sulle vostre bacheche e facendola girare.
Miriamo a formulare una proposta compiuta e condivisa da sottoporre all’attenzione dei decisori istituzionali e delle parti sindacali. O quanto meno a farne base di confronto per attivare riflessioni? Ogni proposta, integrazione, critica è adesso sacrosanta.
Se volete partecipare all’elaborazione, con commenti, organizzazione di incontri dibattito o altro, potete farlo sulla pagina di InsiemexlaScuola, dove lasceremo in evidenza la proposta:
Una piattaforma in rete, libera e condivisa, di discussione e costruzione di temi che riguardano la scuola. Una sorta di WikiScuola.
Chiunque può favorire la crescita e il miglioramento della Scuola Statale Italiana. Ricordatevelo.

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