Landini "I ritardi ci sono e non faremo il capro espiatorio Da Azzolina accuse inaccettabili"
Intervista al segretario della Cgil
Roberto Mania
ROMA — «Sono accuse inaccettabili e sbagliate», dice Maurizio Landini, segretario generale della Cgil mentre legge e rilegge l’intervista che la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha rilasciato a Repubblica nella quale parla di un sabotaggio in atto da parte dei sindacati per impedire la riapertura delle scuole.
Landini, ma voi volete che si riaprano le scuole o preferite la conferma della didattica a distanza, certamente più sicura per i professori e il personale scolastico?
«Guardi, è da aprile che, subito dopo la firma del protocollo sulla sicurezza nelle fabbriche, insieme a Cisl e Uil abbiamo chiesto al governo di definire le modalità per riaprire le scuole in presenza e in sicurezza.
Siamo da sempre per la riapertura senza se e senza ma».
E allora come spiega le accuse così gravi della Azzolina, che è la ministra dell’Istruzione, non una cittadina qualsiasi?
«Con sincerità non ne capisco il senso e neanche l’obiettivo. Il sabotaggio è un reato, se la ministra ha elementi per parlare di una cosa del genere faccia nomi e cognomi e indichi episodi concreti. Sono accuse del tutto generiche».
La ministra parla di "diffide, minacce di scioperi, richieste di aspettative". Se non è sabotaggio, poco di manca. Le risultano anche a lei?
«Insisto, quel che pensiamo lo diciamo alla luce del sole. Siamo abituati così: ad assumerci le nostre responsabilità, noi non siamo il sindacato dei ricorsi e delle diffide.
Tanto che a giugno le nostre categorie hanno scioperato proprio contro i ritardi nell’avvio della messa in sicurezza della scuole e nel processo di regolarizzazione del personale precario. E non a caso abbiamo appena firmato i protocolli sulla sicurezza per la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado»
Per il sindacato vengono prima gli interessi dei lavoratori della scuola, insegnanti compresi, o quelli degli studenti e delle loro famiglie?
«Questione mal posta. Noi rappresentiamo tutti o abbiamo l’ambizione di farlo: le persone che lavorano nella scuola, i lavoratori che mandano i propri figli a scuola e gli studenti. Sono interessi convergenti, non contrapposti perché il buon funzionamento del nostro sistema di istruzione è un interesse generale.
L’obiettivo comune è che la didattica riparta in presenza e in sicurezza per tutti».
Ma i giovani, non iscritti al sindacato, forse contano di meno per voi. O no?
«Assolutamente no. Questa volta noi non difendiamo l’esistente; questa volta pensiamo che vada colta un’occasione irripetibile per cambiare da cima a fondo, radicalmente, il nostro sistema di istruzione per garantire il diritto universale e pubblico alla conoscenza. Le risorse messe a disposizione dal Recovery Fund devono essere utilizzate anche per questo obiettivo. La scuola, il diritto all’istruzione e alla formazione permanente di tutti, giovani e meno giovani, devono essere al centro di quella che mi piace chiamare "la rinascita del Paese", non una mera "ricostruzione". La pandemia ha solo accentuato le gravi lacune del nostro sistema scolastico dovute anche ai tagli effettuati in questi anni.
Dobbiamo voltare pagina, investendo sull’intelligenza di chi lavora e sulla qualità delle relazioni sindacali».
Quali sono le cose da cambiare?
«C’è una grave situazione dell’edilizia scolastica: metà degli edifici sono stati costruiti prima degli anni Settanta, il 43 per cento si trova in zone ad elevato rischio sismico.
L’emergenza c’era già, la pandemia l’ha accentuata. Dobbiamo ripensare il sistema di istruzione con l’obbligo scolastico dai tre ai diciotto anni, raggiungere l’obiettivo europeo per gli asili nido, estendere il tempo pieno, riconoscere il diritto soggettivo alla formazione permanente per ridurre il rischio che parte del mondo del lavoro resti fuori dai processi di trasformazione tecnologica. Davvero, non credo che questo sia il momento delle polemiche ma quello in cui si risolvono i problemi. È inutile cercare capri espiatori».
Resta una situazione di forte incertezza per le famiglie. Di chi è la colpa?
«Il governo, non solo la ministra, dovrebbe riconoscere che, purtroppo, si è accumulata una serie di ritardi. E non per responsabilità del sindacato. Si deve recuperare».
Al di là dei grandi obiettivi, forse anche condivisi, lo scontro con il governo riguarda la stabilizzazione del personale precario. La ministra, però, ha detto che si faranno i concorsi.
«I concorsi devono avere cadenza regolare per dare certezza a tutti, anche ai giovani. Siamo contrari a una scuola che si è trasformata negli anni in una fabbrica di precariato. Ci sono ogni anno decine di migliaia di posti in organico di fatto che rimangono precari. Sono sempre più convinto che i nostri ritardi nella crescita dipendano in larga misura dall’abnorme precarietà nel mondo del lavoro. Ma così non ci sarà alcuna "rinascita"».