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La Voce-Miti e realtà della scuola italiana

Miti e realtà della scuola italiana Andrea Prat 27-06-2005 La scuola italiana è in crisi. Lo dimostrano i risultati dei nostri studenti nelle indagini Pisa, peggiori in tutte le materie anche...

28/06/2005
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lavoce.info

Miti e realtà della scuola italiana
Andrea Prat
27-06-2005

La scuola italiana è in crisi. Lo dimostrano i risultati dei nostri studenti nelle indagini Pisa, peggiori in tutte le materie anche di quelli di paesi con un Pil pro capite più basso del nostro. Mentre non è vero che le risorse sono scarse o che tutte le colpe sono del ministro, abbiamo invece molti insegnanti e nessuna valutazione degli studenti e delle scuole. Sono mali che hanno radici profonde. E non esistono soluzioni facili o rapide. E' però l'ora di aprire un dibattito a tutto campo, senza escludere a priori alcuna alternativa. Come è successo in altri paesi.
In molti paesi sviluppati, dagli Stati Uniti alla Germania, è in corso un dibattito profondo sul futuro della scuola. In Italia, invece, si parla molto di alcune vicende specifiche, come i buoni per la scuola privata decisi da alcune Regioni, ma manca un dibattito a tutto campo su come vogliamo che l'istruzione evolva nei prossimi decenni. Anche lavoce.info ne ha parlato poco, ad eccezione di alcuni interventi molto interessanti di Solomon Gursky e Daniele Checchi.

I miti da sfatare

In questo intervento vorrei fare un confronto, molto rozzo, tra la scuola italiana e quella di altri paesi sviluppati e non. Cominciamo sfatando alcuni miti:
Tutto sommato, la scuola italiana non è male. Un confronto internazionale tra sistemi scolastici è svolto dal Programme for International Student Assessment dell'Ocse. Invito i lettori de lavoce.info a consultare i rapporti del 2000 e del 2003, disponibili sul sito Pisa. Tali rapporti, basati su test svolti da 4.500/10mila quindicenni per paese, indicano senza ombra di dubbio che gli italiani hanno risultati peggiori dei loro coetanei degli altri paesi dell'Europa occidentale (con la possibile eccezione, ma solo in alcuni casi, della Grecia e del Portogallo). Questo vale per tutte e tre le aree considerate: scienze, lettura e matematica. I nostri risultati sono peggiori anche di quelli di paesi con un Pil pro capite più basso del nostro, come Spagna, Corea del Sud e molti paesi dell'Europa dell'Est. (1)
Il problema è che mancano le risorse. Al contrario, l'Italia è uno dei paesi al mondo con la spesa per studente più alta (vedi Tabella 1). Solo l'Austria, la Svizzera e gli Stati Uniti spendono di più. Spendiamo il 50 per cento in più della Germania, che ci batte sistematicamente in tutte le materie. (2)

Tabella 1

Spesa cumulativa per studente (dai 6 ai 15 anni)

in dollari PPP adjusted
Australia
58 480
Austria
77 255
Belgio
63 571
Canada
59 810
R. Ceca
26 000
Danimarca
72 934
Finlandia
54 373
Francia
62 731
Germania
49 145
Grecia
32 990
Ungheria
25 631
Islanda
65 977
Irlanda
41 845
Italia
75 693
Giappone
60 004
Corea
41 802
Messico
15 312
Olanda
55 416
Norvegia
74 040
Polonia
23 387
Portogallo
48 811
Slovacchia
14 874
Spagna
46 774
Svezia
60 130
Svizzera
79 691
Stati Uniti
79 716

Il problema è la Moratti. Al di là dell'opinione che si può avere sull'operato di Letizia Moratti (la mia è molto negativa), la situazione era più o meno la stessa nel rapporto Pisa 2000.

I fatti

E adesso passiamo ai tre fatti.
In Italia ci sono tanti insegnanti. Secondo dati Ocse 2002, il numero di studenti per insegnante in Italia è ai minimi mondiali. La Tabella 2 riporta i dati per le quattro maggiori nazioni europee. Questo spiega perché in Italia la spesa per studente è così alta.

Tabella 2

Germania
Francia
GB
Italia
Primaria
18,9
19,4
19,9
10,6
Secondaria inferiore
15,7
13,7
17,6
9,9
Secondaria superiore
13,7
10,6
12,5
10,3

Manca un meccanismo di valutazione esterna degli studenti. Le commissioni esaminatrici ai vari livelli sono composte unicamente o in maggioranza da membri interni. Questa situazione è stata peggiorata dal ministro attuale, ma esisteva già prima. Nella maggior parte degli altri paesi europei esistono meccanismi di valutazione esterni, che cercano di offrire un giudizio imparziale e standardizzato. (3)
Manca un meccanismo di valutazione esterna degli insegnanti e delle scuole. La valutazione esterna degli studenti non serve solo per valutare gli studenti, ma permette anche di formare un'opinione, seppure imperfetta, sulla qualità dei singoli insegnanti e delle singole scuole. In Italia, ciò è impossibile. L'esperienza di altri paesi soprattutto della Gran Bretagna e degli Stati Uniti dimostra che quando ci si rende conto che un sistema scolastico non funziona non esistono soluzioni facili, e soprattutto non esistono soluzioni rapide. I sistemi di valutazione presentano problemi enormi e in alcuni casi possono essere controproducenti. (4)
Altre opzioni, come l'autonomia scolastica, gli incentivi per gli insegnanti o la libertà di scelta della scuola da parte dei genitori, sono controverse. Non esiste consenso su quale sia il sistema ideale. Però non possiamo continuare a nascondere la testa sotto la sabbia. La scuola italiana è in crisi. E non possiamo dire che non ci sono i soldi o che è tutta colpa di questo Governo. I mali della nostra scuola hanno radici profonde. È ora di aprire un dibattito a tutto campo, senza escludere a priori alcuna alternativa.

(1) Il rapporto Pisa mostra come, a parità di scuola, i risultati del singolo studente dipendano dalla situazione socio-economica della sua famiglia. Quindi gli studenti italiani potrebbero andare peggio di quelli tedeschi perché in media le famiglie italiane sono meno ricche ed istruite di quelle tedesche. Però, questo ragionamento non spiega perché gli studenti italiani vadano peggio di tutta una serie di paesi con condizioni socio-economiche meno avanzate. Su lavoce.info Salvatore Modica nell'articolo "L'educazione di Zu' Vice'" ha messo in evidenza un'importante differenza tra i risultati dei ragazzi del Nord e di quelli del Sud. Sarebbe interessante capire quanta parte di questo divario è dovuta all'eterogeneità delle condizioni socio-economiche piuttosto che a differenze nel sistema scolastico.

(2) Non è neanche vero che gli insegnanti italiani siano necessariamente sottopagati. È vero che alcuni paesi, come la Germania e la Svizzera offrono stipendi nettamente più alti. Però i dati Ocse (2002) mostrano che un insegnante di secondaria superiore italiano di prima nomina guadagna come il suo collega francese o inglese (circa 25mila dollari all'anno).

(3) Anche negli Stati Uniti manca, per tradizione, un sistema nazionale di valutazione. Per un'analisi del costo di introdurre tale sistema si veda Caroline Hoxby, The cost of accountability.

(4) Si veda ad esempio il lavoro di Jacob e Levitt, Catching Cheating Teachers: The Results of an Unusual Experiment in Implementing


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